Istoria delle guerre gottiche/Libro secondo/Capo XV

../Capo XIV

../Capo XVI IncludiIntestazione 17 giugno 2022 100% Da definire

Libro secondo - Capo XIV Libro secondo - Capo XVI


[p. 200 modifica]

CAPO XV.

Parte degli Eruli viaggia a Tule. Posizione di quest’isola, ove nella state il sole per quaranta dì non tramonta, e nel verno per altri cotanti non leva; il ritorno di esso vien celebrato con grandissima festività. — Costumanze degli Scritifini. Religione de’ Tuliti. — Parte degli Eruli si procaccia un re di Tule, ed abbandona l’imperatore Giustiniano.

I. Gli Eruli vinti in campo dai Longobardi partironsi della patria, come ho detto, ed una parte fermò [p. 201 modifica]stanza nell’Illirio; il rimanente disdegnando valicare il fiume Istro andò a stabilirsi nelle ultime terre del mondo. Questi comandati da molti di regale schiatta ottengono dagli Sclabeni il transito pe’ loro confini; camminata quindi una vasta solitudine giungono ai Varni; trascorrono poscia la Dania senza incontrare opposizione da quelle genti. Di là fattisi all’Oceano ed impresane la navigazione, afferrano a Tule1 e vi fermano lor dimora. Tule è isola amplissima, dieci volte maggiore della Britannia, dalla quale a lei corre gran tratto di mare, e ne guarda la plaga aquilonare. Il più delle sue terre è incolto, e dove esse forniscono l’uomo de’ bisogni della vita hannovi tredici numerose popolazioni sotto cotanti regi. Quivi ogni anno avviene singolarissimo portento, ed è che il sole verso l’estivo solstizio non vi tramonta per quaranta giorni, rimirandosi ognora durante siffatto periodo illuminarne la superficie. In cambio, dopo non meno di sei mesi ed all’avvicinarsi del vernile solstizio, va l’isola priva per altri quaranta giorni della presenza di lui, ed è avvolta in profonda notte: laonde i suoi abitatori trascorrono tutto questo intervallo di tempo in grandissimo cordoglio più non potendo accudire al commercio ed alle cotidiane loro faccende. A me non di meno, avvegnachè molto il bramassi, non fu dato mai di visitare quell’isola per [p. 202 modifica]essere spettatore delle riferte altrui. Ed a coloro che di là giunsero a noi tali furono le mie interrogazioni: Cosa mi narrate intorno alle fissate epoche del levare e tramontare del sole che producono il giorno? E quelli mi risposero candidamente: Che pe’ mentovati giorni quaranta il sole non vi tramonta mandando ora da oriente, ora da occidente sua luce agli abitatori, e quando, rivolto il corso e piegato verso l’orizzonte, fa ritorno là dove surgendo apparve computano lo spazio trascorso eguale ad un giorno ed una notte. Giunto che sia poi il tempo di continue tenebre, osservando attentamente i corsi della luna calcolano il numero de’ giorni, ed allorchè quella lunga mancanza di luce ebbene durato trentacinque sogliono taluni ascendere alla cima de’ monti, e da quivi al presentarsi comunque agli sguardi loro il sole tosto ne danno avviso ai compagni rimasi giù dall’erta, annunziando che tra dì cinque l’astro benefico tornerà ad illuminarli; e sì felice annunzio vien celebrato con pubblica festa, maggiore d’ogni altra presso di loro. E per verità quantunque ogni anno e’ veggano lo stesso fenomeno, pure sembrami che paventino fortemente non il sole voglia abbandonarli per sempre.

II. Fra le genti di Tule una popolazione (appellata Scritifini) ha consuetudini onninamente ferine. Costoro non usano vesti, camminano scalzi, non gustan vino, nè colgono dalla terra alcuno de’ cibi, i maschi non dandosi all’agricoltura, nè le femmine al lanificio; ma uomini e donne accudiscono alla caccia, que’ monti e quelle vastissime foreste somministrando gran copia di [p. 203 modifica]fiere, e di altri animali. Nutronsi adunque delle carni di essi e vestonne le pelli; sendo poi affatto privi di lino o di altro che idoneo al cucire, vi suppliscono co’ nervi per congiungere le pelli, ed in queste avvolgono tutto il corpo. Nè alimentano la prole alla foggia delle altre nazioni, venendo essa cresciuta non già col latte materno, vietatole fin di toccare le poppe della genitrice, ma colle sole midolle degli animali uccisi. La femmina subito dopo il parto sospende il bambino rinvolto entro una pelle ad un albero, ed introdottagli nella bocca poca midolla tosto lo abbandona per irne alla caccia, esercizio comune ad ambo i sessi. Tale si vivono costoro; ma pressochè tutto il rimanente de’ Tuliti poco differiscono dalle altre nazioni. V’ha culto tra essi di molte Deità e Genii, parte celesti, parte aerei, chi terrestri, alcuni marini, ed a simile di varie minori divinità a stanza, secondo il volgo, nell’acqua delle fonti e de’ fiumi. Sono diligenti nel sagrificare a questi loro Numi, adoperando ogni maniera di vittime, ma di preferenza l’uomo, ed in ispecie il primo fatto prigioniero in guerra, immolandolo a Marte, venerato come il massimo degli Dei. E nel compiere il sagrificio anzichè dare pronta morte alla vittima sospendonla ad un legno o gittanla nelle spine, o trascelgono all’uopo altra miserandissima uccisione comunque. Con queste consuetudini vivono i Tuliti, del quale numero sono i Gauti ospiti in allora degli Eruli forestieri.

III. Ora quelli di essi a stanza presso de’ Romani, spento il proprio re inviarono alcuni ottimati loro nell’isola Tule all’uopo d’indagare se fossevi taluno di [p. 204 modifica]regio sangue, e rinvenutolo procacciassero di condurlo seco. Questi afferrati all’isola vi trovano molti della bramata parentela, e sceltone il tenuto più idoneo fannosi indietro con esso, il quale già carico d’anni colpito da forte malattia uscì di vita lungo il cammino. Tornano adunque gli stessi ottimati nell’isola ed altro ne menan seco per nome Todasio, che venne accompagnato dal fratello Aordo con dugento de’ giovani più atanti della persona tra gli Eruli di Tule. Ma consumato gran tempo in siffatti andivieni destossi il pensiero a quelli di essi ricoverati all’intorno di Singidone2 che male avrebbero provveduto alle cose loro eleggendosi un re, chiamato a bella posta da Tule, senza il consentimento di Giustiniano. Laonde si fa partire altra ambasceria alla volta di Bizanzio per chiedere all’imperatore un monarca qualunque ei voglia. Questi di subito crea re un Suartua erulo e da lunga pezza stabilito nella metropoli; ed al venir suo gli Eruli di buon grado lo accolsero, adoraronlo, e ne fecero i comandamenti intorno alle consuete faccende. Se non che trascorsi pochi dì ecco arrivare un messo colla nuova che sarebbero per giugnere in brev’ ora le genti di ritorno dall’isola Tule. Suartua udito l’annunzio ordinò che si andassero ad incontrare per ucciderle, e gli Eruli approvato il divisamento manifestaronsi pronti a compierlo. Ma quando non aveavi più che un giorno di cammino per arrivarli, tutti nella notte, abbandonato Suartua, disertarono ai venienti. Il re [p. 205 modifica]vedutosi affatto solo tornò fuggendo in Bizanzio, dove ebbe promessa dall’imperatore che ad ogni costo verrebbegli ricuperato il regno. Gli Eruli adunque timorosi della romana potenza ripararono tra’ Gepidi, ed a tale cagione vuolsi ascrivere l’allontanamento loro.

Note

  1. Ora Islanda, isola del mare di Germania, e l’ultima conosciuta dai Romani nell’Oceano settentrionale. Le presenti geografiche cognizioni correggono quanto può avervi di favoloso in questa descrizione.
  2. Ora Belgrado, città nella Mesia superiore in Europa.