Istoria della città di Benevento dalla sua origine fino al 1894/Parte I/Note alla prima parte

Note alla prima parte

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Parte I - Capitolo XVIII

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NOTE ALLA PRIMA PARTE



I.


Benevento denominata Sannio


In questa istoria nell’indicare le varie opinioni degli scrittori intorno alla origine di Benevento si accennò essersi da taluni ritenuto che da Sannio Sabino suo fondatore prese il nome di Sannio, e che una tale opinione fu accolta anche dai longobardi; giacché nei loro più antichi diplomi si legge Samnium, hodie Beneventum. E siccome ciò è contradetto da quanto si è scritto dai moderni archeologi sulla primitiva denominazione di Benevento, e dalla più comune opinione, cosi si rende necessario riferire tutto ciò che dai cronisti di Benevento si scrisse in questa materia, e che fu compendiato da Giordano Nicastro.

«Pietro Piperno, con l’autorità di Festo, afferma che Sannio Sabino fu il primo che edificò la nostra patria, e questo anche ritrovo in un moderno manoscritto, il quale mi ha grandemente aiutato ad unire queste memorie, e si suppone da me opera di Vincenzo Bilotta e di Decio Memmoli, amendue i quali per la loro gran letteratura, insinuatisi nella grazia di Paolo V Pontefice di gloriosa memoria, meritarono di esser contati tra i di lui famigliari, e in alcune fatiche di Niccolò Villani, mio zio eruditissimo, anche ritrovo che egli fosse dello stesso parere, e supponesi che questo Sannio Sabino, di professione pastore, sortisse i natali nella Sabina, paese dell’Italia tanto dagli scrittori mentovalo. Questi vogliono che raccogliesse molti uomini, dei quali parte dovettero con lui venire, e parte abitavano sparsi per questa provincia senza certa stanza, come usarono gli antichi prima che s’unissero a menar vita civile nelle città. Cominciò Sannio ad abitare il Colle delle Guardie, il quale si vede nella parte orientale di Benevento, cinquecento passi lungi dalla città, e panni che con avvedutezza maggiore eleggesse il sito della città questo pastore, che non lece appresso Diomede re dell’Etolia, poiché questo colle gode ottima aria, e tale che ancora oggi i beneventani reputano sciocchi coloro, i quali ritrovata la città collocata in sito così buono, la trasportarono in luogo più basso e fra due fiumi. Questo Sannio Sabino credesi avesse edificata la città rozzamente, con le case di legname, basse, e quali convenissero alla povertà pastorale; e fu il colle chiamato delle Guardie, perché essendo in quei primi tempi le abitazioni delle città rare o deboli, nè circondate da muraglia, costumavano in tempo di notte tenervi le sentinelle. Non s’assegna il tempo di questa edificazione, mentre appena si ha [p. 164 modifica]notizia del nome del fondatore, e di altre cose, poiché dei fatti dei pastori nelle antiche istorie non si precisa il tempo. Dicesi che questo Sannio, parendogli con ottima riuscita di aver assicurati gli affari della sua famiglia, e posti in esecuzione i suoi pensieri, adorasse un simulacro del Dio Benevento, della quale sciocchezza si favellerà in un luogo stimato più proprio. La città fu chiamata Sannio prendendo il nome dal sondatore, e dalla figura di essa, la quale essendo posta su la schiena di un colle, veniva ad essere angusta, e lunga di sito. Ma perchè viene da alcuni scrittori negato che la città di Benevento sia stata nei tempi antichi chiamata Sannio, e il Cluverio in particolare lo niega, io stimo che contro ogni ragione ciò negassero, se pure non vi fossero stati indotti dal non trovarlo registrato nelle antiche scritture. Di ciò in Benevento è ancor fresca la fama anche presso la plebe, e anzi si trova in bocca di tutti gli abitanti di questa provincia, e nell’antico archivio di S. Sosia vi sono molte scritture che ne fanno menzione, e nei frammenti dell’antichissimo archivio del monastero di S. Maria all’01 i vola, il quale è antico di più di mille e cento anni, se n’ha memoria, e io mi sono abbattuto a vedere alcune lezioni, quali anticamente usò la chiesa beneventana nella festività della traslazione dei Santi dodici fratelli Martiri, e nella duodecima lezione chiaramente viene chiamato Benevento Sannia gloriosa, E pure sono queste lezioni d’ottocento anni addietro, nel qual tempo era meno antiquata la fama di somiglianti notizie di quello che era nei tempi nei quali scrisse il Cluverio. E Paolo Diacono, illustre scrittore delle Istorie Longobarde, il quale visse nell’ottavo secolo, anche dice Benevento aver avuto anticamente questo nome di Sannia. E anzi lo stesso fiume Sabato che scorre presso Benevento, fu a parere di Leonardo Alberti detto Sannio dagli antichi.

Affermano pure gli scrittori che Sannio Sabino, il quale prima d’altri abitò queste contrade, pazzamente adorasse un simulacro del Dio Benevento, adorando il buon evento o successo, poiché non conoscendo che un solo Dio, e prima causa del lutto, giudicò ragionevol cosa adorare il prospero successo che sortito aveano gli affari di sua famiglia, e fu tal nume per lungo tempo in Benevento adorato, anzi i beneventani, allora chiamati Sanniti, procurarono ampliarne a lor potere il culto. Così son vaghi gli uomini delle loro impressioni, che, sebben pazze, procurano di trarre in esse anche gli altri, ed essendo stato chiamato Libore, cittadino beneventano, da Romolo ad esercitare nell’allora bambina Roma la carica di Pretore, edificò in Roma un tempio a Benevento, il quale fu d’allora in poi anche dai Romani adorato. E sino ai nostri giorni sono andate per le mani di molti l’antiche monete dei beneventani scolpite allora che fiorivano le cose dei Sanniti, nelle quali vedevasi Benevento scolpito con giovanile e ridente volto, e Plinio all’ottavo capo del trentesimo quarto libro dell’Istoria naturale lasciò scritto che il simulacro di Benevento scolpivasi con nella destra una tazza, e nella sinistra una spiga, e un papavero, le quali cose ottimamente esprimono la felicità, poiché per la spiga e la tazza denotar vollero l’abbondanza, condizione indispensabile d’un prospero stato. Ma più nobilmente l’espressero col papavero, simbolo del sonno, intendendo con esso dimostrare che potessi [p. 165 modifica]tranquillamente dormire con la sicurezza di fausto successo. Di questo Dio Benevento fa menzione un’iscrizione che mezzo guasta si vede in un arco del Ponte di Calore. E rovinata poi, come a suo luogo è detto, l’antichissima città denominata Sannio, e riedificata col nome di Meletia da Diomede re d’Etolia, non tolse questi il culto di tal nome, essendoché stimò che più fausta sorte avesse lui ottenuto degli altri capitani greci che espugnarono Troia, per aver superati tanti pericoli per mare e per terra, e ritrovato luoghi felici da signoreggiare.»



Del cinghiale ritenuto per l’antico stemma di Benevento


Che cosa intendessero gli antichi per Lare o Termine si comprende dalla scrofa, scolpita in diversi bassorilievi, poiché nelle feste terminali s‘ immolava la Porca, e cadevano queste feste nel giorno ventuno del mese di febbraio; come scrive Ovidio nel 2° dei Fasti;

«Spargitur et caesa comunis Terminus agna,
Nec queritur, lactens cum sibi porca datur.

Tibullo nel 4° libro all’Elegia X così si esprime:

«Sed patrii servate lares, aluistis, et iidem
Cursarem vestros cum tener ante pedes.
Atque aliquis voti compos liba ipse ferebat
Postque comes purum fìlia parva favum,
At nobis aerata lares depellite tela,
Hostiaque e plena mystica porcus hara.

Infine Orazio (Epod. II.) scriveva:

«Vel agna festis coesa Terminalibus:
Vel haedus ereptus lupo.

Da ciò si desume che allorquando venia fatto agli antichi di veder pago qualche lor desiderio immolavano la Porca o Lare, e nell’ultimo verso dell’addotta iscrizione si scorge V. S. il che significa voto suscepto, ovvero per conseguire di rimanere illesi dalle armi nemiche, essendoché nell’addotta iscrizione si legge Herculi Servatori, o per rinvenire dei tesori, o perchè fecero stima che Ercole avesse [p. 166 modifica]avuto il potere di trarre in luce i nascosti tesori, onde Orazio nel 2° libro sat. 6. poetava:

«O si urnam argenti sors quae mihi monstret! ut illi,
«Thesauro invento, qui mercenarius agrum
«Illum ipsum mercatus aravit, dives amico
«Hercule. . . . .

Che più? Gli stessi Greci avean costume, in talune solenni occasioni, d’immolare un cinghiale, a propiziarsi il favore dei numi, e ce ne fa fede Omero ne’ seguenti versi dell’Iliade:

«E Taltibio mi cerchi e m’apparecchi
«Un cinghial da svenarsi a Giove e al Sole»;


E poco appresso:

«E Taltibio di voce a un Dio simile
«Irto cinghial gli appresentò. Fuor trasse
«Il sospeso del brando alla vagina
«Trafier l’Alride, e della belva i primi
«Peli recisi, alzò le palme, e a Giove
«Pregò. Sedeansi tutti in riverente
«Giusto silenzio per udirlo, ed egli
«Guardando al cielo e supplicando disse:
«Il sommo ottimo Dio, la Terra, il Sole
«E l’Erinni laggiù castigatrici
«Degli spergiuri, testimon mi sieno
«Che per desio lascivo unqua io non posi
«Sopra la figlia di Brisèo le mani,
«E che la tenni nelle tende intatta.
«Mi mandino s’io mento ogni castigo
«Serbato al falso giurator gli Dei
«Disse, e l’ostia scannò; poscia no’ vasti
«Gorghi marini la scagliò l’araldo,
«Pasto de’ pesci.

E da ciò s’inferisce che anche coloro i quali opinano che i Greci siano stati i primi abitatori di Benevento, non possono in altra guisa interpetrare il basso rilievo ritraente un cinghiale precinto della stola del sacrifizio, che si mira anche ai nostri giorni in uno dei lati del campanile della nostra cattedrale.