Invito a Lesbia Cidonia ed altre poesie/A Diodoro Delfico
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Perchè a voi s’intitoli questo Libretto,
Credo che l’ senta ogni gentil persona
Primieramente ove s’oda parlar di Sciolti, Voi correte tosto al pensiero, come al mentovar che si faccia Epopeia, ecco alla mente Virgilio. Natural cosa era dunque che cercasse di volgersi a Voi quello che con uno de’ tanti vostri titoli letterari tien parentela. Dolce e pellegrina lusinga vi andrà ver l’animo, raffigurando qui entro que’ germi, i quali deboli un giorno e mal sicuri, mercè la cultura vostra principalmente divennero gagliardi e fecondi; e che se già produssero presso tanti sol vane foglie, ora siccome poche altre volte è avvenuto, tornano a rivestirsi di frutte, vie più che di fiori. Aggiungete che modesto oltra misura l’Autore, soavissimo amico mio, non credea punto bello questo suo Poemetto, il quale fa così nobil fede che la buona poesia sostiensi in Italia anche per opera di coloro che non la professano. L’ho indotto io a darlo in luce; e volendogli dimostrare ad evidenza, che il Poemetto è bellissimo, non avrei potuto, meglio farlo, che scrivendovi in fronte: Diodoro. È poi diretto a quella sì illustre Lesbia, che Voi poc’anzi vi pigliaste in giudice e fautrice di Lettere e di Epigrammi, da’ quali nessuno saprà raccogliere la natural pigrezza dell’età, di cui voi fate cenno; e donde deriva un sottile epigramma in lode vostra, senza che alcuno ve ne possa tacciar d’orgoglio. Or io tengo per fermo che questo Invito riuscirà ancor più caro, offerendo subito all’occhio alcunché di vostro. Quanto non crescon elle di pregio certe significazioni de’ nostri sentimenti, dove così abbraccino e stringano gli altrui, che parecchi compariscano un solo! E fra questi sentimenti sembranmi mescersi ancora quelli de’ due comuni amici, chiarissimi uomini, l’un de’ quali intitolò già a Lesbia una sua tragedia tutta greche fattezze, l’Ulisse; e l’altro poesie ben degne di tali auspici, non che del cedro, le Rime del Tartarotti: chè certo amendue reggendo oggi che versi da noi si mandano colà dove pur eglino ne mandarono, e che noi alle alte loro affezioni e perfetti giudici conformiamo i nostri a tal segno, n’esulteran molto, e a maraviglia terran tenore a quest’Invito e a questa mia lettera. Or mirate quale specie di esquisita armonia d’ingegni, di affetti, di voleri, di omaggi! Se non che duolmi che tutti si accorgeranno come venga in parte turbata, mio malgrado, da me che l’ho cerca.
- Pavia, 29 aprile 1793.
A intelligenza dei nomi arcadici.
Lesbia Cidonia. — La signora contessa Paolina Secco Suardo Grismondi di Bergamo.
Diodoro Delfico. — Il signor abate Bettinelli.
Ticofilo Cimerio. — Il signor abate Bertola.
Dafni Orobiano. — Il signor abate Mascheroni.
Note
- ↑ I due letterali che si accennano in questa pagina, e che dedicarono libri poetici a Lesbia, sono il signor cav. Pindemonte, e il signor cav. Vannetti.