Interviste dal libro "TUTUCH (Uccello tuono)"/Intervista a Kanatakta
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1.Per la sua tradizione culturale la vita è un dono o una punizione?
È di certo un dono, non riesco a vedere la vita come una punizione. Non credo che il Creatore ci abbia voluto punire, ma ci ha messo in un giardino perché ce ne prendiamo cura. Siamo i Suoi guardiani! Non so se sia un maschio o una femmina, non voglio discutere del sesso del Creatore. Non lo chiamo Grande Spirito, ma solo Creatore. Lo chiamo così quando brucio tabacco. Sa, il tabacco è un dono del Creatore per permetterci di inviarGli dei messaggi: bisogna bruciare del tabacco se si vuole parlare con Lui. Bruciando tabacco parliamo alle fiamme ed il fumo porta le parole fino a Lui.
Sono sicuro che ha già ascoltato la nostra storia della creazione. È una lunga storia: c’era un mondo celeste ed una donna incinta, che fu mandata fuori in cerca di erbe mediche. Raggiunse una buca nel terreno, guardò attraverso la buca e vide l’oceano sottostante: c’era acqua dappertutto. Mentre guardava, cadde dal cielo nel vuoto. Gli uccelli la videro e convocarono una riunione per decidere cosa fare: dovevano aiutarla. Perciò, si raccolsero insieme per sostenerla. Nell’oceano c’era una tartaruga, che essi chiamarono in aiuto. Adagiarono la donna sul suo dorso, ma decisero di prendere della terra e la posero sul dorso della tartaruga. Tutti gli animali provarono ad andare sul fondo dell’oceano per prendere della terra, ma il più fortunato fu il ratto muschiato. La donna prese la terra, la collocò al centro del dorso della tartaruga, e cominciò a cantare e danzare in circolo intorno ad essa, e questa cominciò a crescere fino a diventare enorme: ecco perché abbiamo l’”Isola della Tartaruga”(l’America del nord).
2.Perché siamo qui: per lottarci o per aiutarci?
Siamo qui per aver cura del resto del mondo e condividere quello che il Creatore ci ha dato. Quando il primo essere della nostra gente fu creato, il fratello gemello che lo fece prese un po’ della sua mente, un po’ del suo sangue, un po’ della sua vista e lo infuse in lui; poi con il suo soffio vitale gli dette la vita. A quel tempo ci furono impartite le istruzioni originarie: penso che tutti i popoli della terra abbiano le loro istruzioni originarie per capire perché sono qui. Le nostre – per dirla semplicemente – sono di aver cura delle cose create. Perciò, dovremmo rispettarci e vivere in armonia con la natura e con ogni altra persona.
3.Che significa per lei la parola “capo”?
È una parola che gli Inglesi ci imposero! Per me “capo” è colui che spiana la via ai seguaci. È colui che ha l’abilità di ascoltare le persone; il leader è una persona cui il popolo consente di guidare. Tuttavia, le donne, le matrone dei clan, sono una componente molto importante nell’organizzazione sociale, perché esse scelgono il leader. Questi è la voce del suo clan, egli parla sempre a nome del clan e deve sapere come correlarsi agli altri leader: ogni clan nella nostra comunità ha tre leader e dal momento che abbiamo tre clan, vi sono nove leader.
4.Quali sono le sue responsabilità?
Deve ascolare la gente. Deve fondamentalmente difendere la Costituzione, che è alla base del nostro sistema politico, ed il ruolo del capo è di assicurarsi che la legge sia rispettata. Deve accertarsi che il calendario spirituale venga seguito, e che tutte le nostre cerimonie abbiano luogo.
5.Che tipo di organizzazione sociale avete?
Le donne guidano i clan. Noi siamo matrilineari: io ricevo il nome da mia madre e non da mio padre. Perciò, se la donna è del clan dell’orso, tutti i figli saranno del clan dell’orso. Le donne sono coloro che scelgono gli uomini del consiglio. Questo funziona in base al sistema del clan: il clan è una famiglia estesa costituita da molte altre famiglie e sottolineo che riceviamo l’appartenenza al clan da nostra madre. Nella società Mohawk abbiamo tre clan: l’orso, il lupo, e la tartaruga.
La donna aveva in passato le stesse possibilità dell’uomo: veniva nominata da altre donne del clan a ricoprire la seconda posizione chiave con un certo numero di responsabilità. È sempre coinvolta nelle dispute tra i membri della sua famiglia; discute con le donne della stessa posizione in un altro clan, se troppi membri di differenti clan hanno dei problemi; esse conservano traccia dei nostri nomi: noi usiamo un solo nome, che è importante perché solo una persona vivente può usare quel nome. I nomi appartengono alla famiglia, e si possono usare solo quando la persona muore. Abbiamo una cerimonia per l’attribuzione dei nomi al clan, avviene due volte l’anno in occasioni particolari. Le matrone del clan li annunziano agli altri clan, per cui tutti sono a conoscenza dei nomi. Oggi, non tutti si conformano a questa regola, perché non tutti seguono le tradizioni, ma così era in passato.
Le donne hanno anche il compito di nominare il capo. Sono le più adatte perché seguono la crescita dei giovani, vedono se un ragazzo è rispettato dai suoi pari, se si prende cura degli altri, perciò lo nominano. Le due posizioni (la matrona e il capo) durano per tutta la vita. Ognuno vede i comportamenti e dice: <<È una buona scelta!>>, e sosterrà la decisione della matrona del clan perché si mostra una donna molto saggia. In consiglio, per prendere le decisioni bisogna esser certi che la donna sieda dietro al capo: non parlerà in consiglio, ma in qualsiasi momento dirà a lui di sostenere questo o quel punto. Se crede che egli non stia facendo un buon lavoro, lo redarguisce, e se egli non ascolta lo può destituire. Egli, dunque, non deve preoccuparsi di vincere le elezioni ogni due anni, non deve concedere favori a chicchessia, ma è un lavoro duro e spesso egli chiede di essere rimosso. Prima delle riunioni del consiglio, ci sarà una riunione del clan, nella quale chiediamo qual è l’argomento da valutare e confrontiamo le nostre idee a riguardo. Quando lavoriamo per raggiungere una stessa opinione, possiamo essere tutti d’accordo, perché nel nostro sistema di governo non abbiamo l’opposizione, questo è il concetto di governo occidentale. Noi non l’abbiamo. Nelle nostre riunioni tutti possono partecipare, non abbiamo riunioni segrete. Ma finché il capo fa un buon lavoro, può restare al suo posto per il resto dei suoi giorni. E dal momento che le donne crescono i figli, sanno chi ha la migliore personalità per essere capo, perciò nominano il capo, che sarà accettato da tutti: non lo selezionano, ma lo nominano.
6.Qual è il ruolo della donna nella vita del gruppo? Chi si occupa dell’educazione dei figli?
La struttura portante della nostra organizzazione sociale è il clan: il legame di parentela che ci unisce alla famiglia lo riceviamo dal clan; quando sediamo in consiglio per decidere, sediamo col nostro clan; quando è tempo delle cerimonie nella casa lunga, sediamo con il clan su un lato della casa e l’altro clan siede sull’altro lato. Tutto si svolge intorno al clan.
In passato spesso ci lottavamo perché non davamo più importanza ai messaggi che ci furono consegnati dai messaggeri divini. Li avevamo dimenticati, perciò un altro messaggero venne a portarci un messaggio di pace e a spiegare come avremmo potuto vivere bene insieme: egli ci insegnò che siamo tutti fratelli e sorelle in tutti i clan. Oggi, se viaggio da una comunità all’altra per scopi legati alla mia tradizione culturale, per riunioni sociali, spirituali o politiche, dopo la riunione, a sera, le persone diranno: <<Chiunque sia del mio clan, venga con me questa notte>>! E so che è molto bello, qualcuno ti porta a casa, ti ciba, ti cura.
Il messaggero di pace è una persona, ma certamente con speciali attributi, speciali – potremmo dire – poteri, perché le storie che si raccontano su di lui, dicono della visione che sua nonna ebbe quando nacque. Avevano cercato di ucciderlo, avevano scavato una buca nel ghiaccio e ve l’avevano gettato dentro, ma ritornati al villaggio lo ritrovarono lì seduto. Così dissero: <<Questo è una persona speciale!>>. Ma egli non era dei Mohawk, proveniva dagli Uroni. Egli, infatti, cercò di portare il messaggio di pace al suo popolo, ma non lo ascoltarono. Così costruì una canoa di pietra ed attraversò il lago Ontario per venire da noi. Ma nemmeno noi gli credemmo, e lo sfidammo dicendo: <<È potente, per cui se gli chiediamo di salire su un albero egli lo farà, e noi taglieremo l’albero, in modo da farlo cadere al di sopra delle cascate>>. Questa storia è molto interessante per capire quali erano le nostre abitudini di vita. Se, per esempio, delle persone si avvicinavano troppo al villaggio dovevano informarci del loro arrivo secondo il nostro modo di vivere: c’erano delle regole da rispettare. Normalmente, si fermavano ed accendevano un fuoco, così gli altri sapevano che c’erano. E inizialmente fu in questo modo che seppero della presenza del messaggero. Quando poi abbatterono l’albero, egli cadde nelle acque portato via dalle rapide e scomparve; perciò, essi non si aspettavano di rivederlo, ma la mattina successiva il fumo usciva ancora dalla sua dimora. Andarono a controllare e lui era là seduto, così pensarono che avesse qualcosa da dir loro. E, infatti, disse loro di vivere insieme e di smettere di lottarsi.
Nella nostra tradizione donne e uomini si prendono cura dell’educazione dei figli: le donne sono maggiormente coinvolte quando sono più piccoli; quando i maschi avranno l’età giusta, gli uomini si prenderanno cura di loro, mentre le donne continueranno a prendersi cura dell’educazione delle ragazze. Tuttavia, ad una certa età i ragazzi verranno educati dagli zii, i fratellli delle madri, i quali sono dello stesso clan: non sono i fratelli del padre. Essi parlano loro della nostra tradizione, di come ci comportiamo, di come affrontiamo la vita, della nostra filosofia: questa è educazione informale. Per l’educazione formale abbiamo il sistema scolastico. Allora ricapitoliamo: in base alla tradizione, sono le donne che, fino ad una certa età, si prendono cura dei figli, poi i ragazzi vanno a lavorare con gli zii, i fratelli della madre. Noi diamo un serio significato ai nomi, perché sono importanti. Molte persone danno un nome appena il bambino è nato, perché magari si verifica uno speciale evento, che influenzerà la scelta del nome. Ma abbiamo perso le tradizioni! Ho quattro nomi, ma uso soltanto quello indiano.
7.Cosa può dirmi circa la proprietà? Mi spiego: come venivano distribuiti i beni tra i membri del gruppo?
Non avevamo il concetto di proprietà privata della terra. Oggi, abbiamo due tipi di terra nella nostra comunità: la terra comune, che è di tutti, e la privata, che è stata introdotta nella comunità nel 1890. Prima di allora la terra era di tutti, le persone venivano invitate ad usarla, e finché la coltivavano erano considerati responsabili per quel pezzo di terra: ciò significa che non dovevano usarla a scapito degli altri. Col sistema tradizionale la terra era di tutti. Eravamo agricoltori, perciò eravamo responsabili per vaste aree. Ci spostavamo, ma ci spostavamo solo ogni dieci o venti anni: eravamo contadini e abbiamo sviluppato villaggi, avevamo comunità di circa un migliaio di persone prima che gli Europei venissero in contatto con noi, con le loro case semi permanenti, che chiamammo palizzate. Ci spostavamo per due motivi: mancanza di legna da ardere, perché in dieci anni si brucia molto legna; e mancanza di raccolto, perché la terra dopo tanti anni non produceva abbastanza.
8.Qual è il suo massimo dovere?
Per me è quello stesso delle istruzioni ricevute sin dalle origini: prendersi cura di tutto il resto del creato. È molto semplice, ma diventa molto complesso se esaminiamo il suo significato profondo.
9.Come punite i colpevoli?
Penso che abbiamo differenti sistemi di amministrazione della giustizia. Il punto non è punire il colpevole, ma avere cura della vittima. Spesso quello che accade è responsabilità della persona che commette il crimine, per cui deve ricompensare la vittima: il clan vorrà discutere del come ci prendiamo cura della vittima, questo prima di ogni altra considerazione. Ma il sistema vigente al di fuori della nostra comunità è quello di non curarsi della vittima.
L’esilio è la massima punizione, ed è per un crimine davvero grave. Se una persona uccide un padre di famiglia, la sua punizione è quella di prendere il suo posto, sempre che la famiglia offesa lo accetti. L’esilio è l’ultimo rimedio.
10.L’essere umano è superiore agli animali e alla natura?
Non siamo superiori al resto del creato, e questo risulta chiaro dalla storia della creazione. Ci fu insegnato allora di aver cura di tutto il creato, perché siamo parte di esso.
11.Qual è l’essenza dell’essere umano? È una creatura speciale con una missione speciale?
Siamo differenti, ma non tanto quanto viene sottolineato dalla filosofia occidentale. Una delle cose che mi sono state tramandate è che nelle cerimonie, nel raccogliere le erbe mediche, in tutto ciò che facciamo dobbiamo sempre rendere grazie. Dobbiamo ringraziare anche le piante che producono le medicine che ci necessitano oggi.