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Inno a Roma
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NOTE1
Pag. 3 - Lupa di bronzo capitolina. Era sino dal X secolo innanzi al Palazzo del Laterano, donde fu trasferita nel Campidoglio nel 1471. Si crede da alcuni opera dell’arte ionica, da altri dell’arte etrusca (fine del sec. VI av. Cr. o principio del V). I gemelli furono aggiunti modernamente.


Pag. 3, 38, 48 - Roma aveva tre nomi; Amor nei misteri, Flora in cielo, Roma in terra. Così dicono Fozio e Solino. Secondo alcuni (Reinach, Orpheus, pag. 146), il nome segreto rimase segreto.


Pag. 3, v. 7 sg. - Cfr. Sofocle, Antigone, 781, 785.


Pag. 4 - Biremi romane: da un bassorilievo della colonna traiana.


Pag. 5, 7, 45 - Vedute del Palatino
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Pag. 6 - Urna cineraria in forma di capanna: da una tomba del sepolcreto primitivo scoperto nel Foro Romano (sec. IX-VIII av. Cr.).


Pag. 9 - Bifolco che reca sulle spalle un aratro e spinge avanti due bovi: dalle rappresentazioni della situla di bronzo scoperta in una tomba etrusca alla Certosa di Bologna (sec. V av. Cr.) e conservata nel Museo Civico.


Pag. 9 - Asse trientale romano colla prora di nave.


Pag. 11 - Aquila, attribuita a Michelangelo, scolpita in una finestra del palazzo pubblico di Bologna.


Pag. 12 - Corso del Tevere, a Ostia.


Pag. 13 - Foce del Tevere.


Pag. 14 - La dea Roma: pittura murale dell’età d’Adriano che si conserva nel palazzo Barberini a Roma. Tiene lo scettro con la sinistra poggiata al globo e nella destra la Vittoria, significando il suo vittorioso imperio sul mondo. Due altre piccole Vittorie poggiano sulle sue spalle.


Pag. 15 - Ascia sepolcrale romana. Da uno studio (Mura urbane in Nuova Antologia, 16 aprile 1911, pag. 21) dell’esimio Giacomo Boni. Alla cui ispirazione sono dovuti i versi sull’ascia. Ecco alcune parole di lui, bastevoli a chiarire il suo ammirabile concetto. — La scure, emblema e strumento di giustizia, abbatteva gli alberi; l’ascia squadrava le pietre ed i legnami già recisi. L’uso di tali strumenti richiedeva una purificazione... Ci appar naturale l’espiazione dell’ascia nel votare alla Terra le pietre ed i metalli adoperati dall’uomo... Vibra la voce di nostra
[p. 107 modifica]razza nell’eco lontana di un inno dell’Atharva-Veda: «Ciò ch’io ti prendo, o Terra, riacquisterai presto; possa io, o pura, non ferire alcuna tua parte vitale, non il cuor tuo » —

G. P.


Pag. 16 - Arco d’Augusto a Rimini eretto l’a. 27 d. Cr.


Pag. 17 - Ponte romano sul Marecchia (Ariminus) a Rimini, costruito da Augusto e compiuto da Tiberio.


Pag. 19 - Cippo sepolcrale di un soldato romano che reca l’insegna della legione (aquilifer), trovato presso Magonza (sec. I d. Cr.).


Pag. 20 - Bassorilievo rappresentante il tempio di Vesta, conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Conferisce alla restituzione della forma del celebre tempio di cui fu rimessa in luce la sostruzione negli scavi recenti del Foro.


Pag. 22 e 23 - Le statue colossali dei Dioscuri in piazza del Quirinale, falsamente attribuite da due tarde iscrizioni romane a Fidia e a Prassitele. Sono da credere piuttosto riproduzioni di originali in bronzo dell’età di Lisippo.


Pag. 24 - Avanzo del tempio dei Castori (Dioscuri) al Foro Romano. Le tre colonne corintie con la trabeazione rimasero ritte anche dopo che il Foro fu colmato e disertato. Negli scavi recenti furono dissepolte le fondazioni col basamento dell’edificio. La parte architettonica spetta ai ristauri dell’età di Traiano e d’Adriano.


Pag. 25, V. 8 - Pilumnoe poploe (ha Festo, pag. 244 Th.) sono detti nel Carme Saliare i Romani come quelli che usavano il pilum.
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Pag. 26 - Statua d’una sacerdotessa di Vesta rimessa in luce fra le rovine dell’atrium Vestae. Rappresenta una Vestale Massima.


Pag. 27 - Cippo miliare di grandiosa mole trovato nel Reno presso Bologna, che ricorda avere l’imperatore Augusto munita (specialmente di ponti) la via Emilia da Rimini al fiume Trebbia. Appartiene all’anno 2 av. Cr. Si conserva al Museo Civico di Bologna.


Pag. 28 - Statua equestre di bronzo di Marco Aurelio sulla piazza del Campidoglio.


Pag. 29 - Statua di Papa Bonifacio VIII, in lamine di bronzo battuto, opera di Manno orefice bolognese (1301) di duro e rigido stile; già collocata sulla fronte della torre del palazzo pubblico di Bologna ed ora nel Museo Civico.
  — Quando gli ambasciatori di Alberto d’Austria vennero a Roma per chiedere a Bonifazio di riconoscere il loro signore, come successore di Carlo Magno, e perciò come imperatore, papa Bonifazio li ricevette con in testa la corona imperiale e la spada al fianco, seduto in trono; e negandosi alla lor domanda, aggiunse, mettendo la mano al pomo della spada: Non posso io guardare i diritti dell’impero? Cesare son io! Così Benvenuto da Imola, nel commento alla Divina Commedia, tomo III, pag. 182: Purg. Cap. VI. — Da una nota di Albano Sorbelli.


Pag. 30, V. 4 - Frameati è parola coniata su framea, come verutus su veru. Fràmea era l’asta germanica, angusto et brevi ferro. Tac. Germ. 6.


Pag. 32 - Cripta di S. Cornelio martire nelle catacombe di Callisto sulla via Appia.
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Pag. 33 - Simbolo dell’ancora che è pur croce. Da Le Catacombe romane di Orazio Marucchi, pag. 442.


Pag. 33, v. 12 - Favisae (ha Festo, pag. 62 Th.) è un luogo intorno ai templi, con acqua. V’è chi crede che nel Campidoglio fossero favisae simili a celle e cisterne, dove si solevano riporre gli oggetti del tempio, che per la gran vecchiaia non servivano più.


Pag. 35 - Testa di Cristo nel battistero del Cimitero di S. Ponziano (VI o VII secolo). Dalla riproduzione a colore di G. Wilpert, Le pitture delle Catacombe romane, Roma, 1903, II, tav. 257. Cfr. T. Roller, Le Catacombes de Rome, II, 341-45.


Pag. 36 - Su questa condanna di Roma pronunziata da Totila, vedi Gregorovius, Roma nel M. E., I, pag. 306, e sue fonti pag. 309.


Pag. 39 - Statua del Museo Capitolino scoperta nel 1743 nella villa Adriana di Tivoli. Si crede comunemente che rappresenti Flora, ma senza sicuro fondamento scientifico. È una leggiadrissima figura panneggiata derivante da un originale di età prassitelica.


Pag. 41 - Bassorilievo rappresentante la dea Tellus fra due divinità, dell’aria e dell’acqua. Ricorda la preghiera del Carmen saeculare (v. 29 sgg.): «La Tellus abbondevole di frutti e bestiame dia corone di spighe a Cerere. Nutriscano i suoi parti l’acqua salubre e l’aria divina (Iovis aurae)». Il bassorilievo ornava il muro di cinta dell’ara Pacis Augustae votata dal Senato romano l’a. 13 av. Cr., dopo la pacificazione della Siria, della Spagna e della Gallia, e dedicata quattro anni dopo. Si conserva ora nella Galleria degli Uffizi a Firenze.
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Pag. 42 - Lucerna di bronzo scoperta l’a. 1903 in una tomba romana (sec. II-I av. Cr.) a Penne in provincia di Teramo e conservata nel Museo Civico di Bologna.


Pag. 44 - Questa favola, o meglio diremmo mito, della lampada inestinguibile, è narrata da Guglielmo de Malmesbury (de gestis regum anglorum, II, 13).


Pag. 51 - Statua del Tevere nel Museo del Louvre: dai Brunn-Brückmann, Antike Denkmäler.



Avvertimento — Quest’inno è sempre quello che l’autore presentò nel febbraio scorso come omaggio a Roma, ma col divario che quello era di cento e questo di quattrocento e più esametri. Da questo dunque non si può giudicar quello.

G. P.

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Finito di stampare
il dì XXIV giugno MXMXI
nella tipografia di Paolo Neri
in Bologna

Note

  1. Queste note sono dovute quasi tutte al gentile amico e collega Ghirardini, archeologo principe, il quale ringrazio cordialmente. Nè dimenticherò i valentissimi cooperatori di lui Augusto Negrioli e Pericle Ducati, giovani professori e scienziati di sicuro avvenire. Quanto ad Albano Sorbelli, che pur mi ha aiutato, credo ormai inutile significare i benefizi suoi e la mia riconoscenza: tanto, almeno i primi, sono sottintesi. G.P.