Il pastor fido e il Compendio della poesia tragicomica/Appendice/II. Altri intermezzi

II. Altri intermezzi

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Appendice - I. Intermezzi per una rappresentazione del Pastor fido Appendice - III. Avvertenza dell'editore Ciotti

[p. 295 modifica] II ALTRI INTERMEZZI Il prologo. Imeneo, giovane bello, vestito di panni bianchi fregiati d’oro, con coturni rossi fregiati d’oro, capillatura bionda e crespa, nella sinistra mano una facella accesa; a traverso, cioè dalla spalla si- nistra al fianco destro, una banda di zendado cremisino fregiato d’oro, larga un palmo e lunga tre braccia; in capo una ghirlanda di fiori. Questi sará portato da una nuvola fin al pian della scena, e, quivi posatolo, tornerá essa al cielo, e egli, finito il prologo, partirá, entrando per una delle vie destinate per gli istrioni. Primo intramezzo. Sorgerá da una parte del cielo il carro del sole cinto di raggi, guidato da Fetonte, co’cavalli sfrenati, e, quando sará comparso tutto, si scuoterá la terra e n’uscirá una donna ignuda e arsiccia, ma di lei non si vegga se non dal petto in su, con una corona torreggiata in capo, la quale donna dica alcuni pochi versi: Se pur è tuo voler, Giove, e mia colpa ch’incenerisca ed arda, perché a ferirmi la tua fiamma è tarda? se di me non ti cale, movati il proprio male: ecco, giá fuma il tuo celeste seggio e, se piú tardi, i’ veggio arso il cielo e la terra e ’l mar profondo, tornar confusa e cieca mole il mondo. [p. 296 modifica] E non aspetti a dirgli che sia uscita, ma in un medesimo tempo esca e prorompi nelle parole. Al fin delle quali spunti dall’altra parte del cielo una nuvola oscura e tutta pregna di lampi e di tuoni, ond’esca finalmente un fulmine, che percuota Fetonte, il quale col suo carro sará giá pervenuto alla sommitá del cielo, donde egli fulminato avrá a cadere in mezzo al pian della scena, la quale aperta abbia di sotto un gran vaso d’acqua, acciocché ’ si senta e veggia ancora il moto dell’acqua percossa. E se potrá fingersi il fiume Po, fará la vista tanto piú bella. I cavalli saranno gialli e rossi ; Fetonte ignudo. Secondo intramezzo. Usciranno da cinque piante, disposte con intervalli convenienti intorno l’estremo margine della scena, cinque ninfe, vestite tutte di verde, in bel concerto e bene ornate, le quali si stringeranno in cerchio ferme, cantando un madrigale di pochi versi : Sorgi, o Fetonte, ornai, sorgi del Sole o fulminata prole: ecco ’l ciel che ti chiama. Se doloroso scempio per lui soffristi, or con eterna fama ti ricompensa, essempio di magnanimo ardire, cui diletto è ’l penar, gloria il morire. Il quale finito, sorgerá in mezzo a loro subito il medesimo Fetonte, che cadde fulminato, e nello stesso tempo scenderá dal cielo una nuvola, che lui, giá sorto, abbracciando, porterá al cielo. E, mentre salirá la nuvola, canteranno le ninfe concertate con la musica in- teriore. La qual fornita, torneran esse nelle loro cortecce, ond’eran uscite. Terzo intramezzo. Sorgerá nel mezzo della scena un monte, ch’avrá nella sommitá sua due gioghi, sopra l’uno dei quali sará il Pegaseo e una fonte appresso, che scaturisca da un sasso e l’acqua si vegga uscire. Intorno al monte siano disposte le muse con gli stromenti loro e faccian veduta di sonare, e la musica interiore sia quella che [p. 297 modifica] faccia l’armonia. La quale finita, torni la machina al luogo suo e chiudasi la scena. Le muse vestite come si suole, e siano fan- ciulli piccioli, per occupare minor luogo che sia possibile, e basta che si vegga la faccia sola di verso gli spettatori piena di muse, percioché l’altra non importa, se ben l’altra non ce n’avrá. E però se ne potran mettere tanto meno nella parte visibile, accioc- ché si gravi meno la machina ed ella non riesca si grande. Quarto intramezzo. S’aprirá il cielo nella piú alta parte, e quivi appariranno quelle deitá, che furono dagli antichi nominati «pianeti», eccetto Saturno, in luogo del quale si ponga Pallade. A piè di quelli sia un vaso grande e ben fatto, nel quale ciascheduno delli detti iddíi mostri di porre alcuna cosa con la man destra. Il che fatto, sia cinto il vaso d’una nuvola, che scenda soavemente, e intanto si chiuda il cielo. Giunta a piè della scena, s’apra di subito e n’esca una donna di bellissimo aspetto e abito, e la nuvola torni al cielo, e nel medesimo tempo escano dalle solite vie della scena sei ninfe, le quali, cantando, la circondino e conducano dentro, dove la musica interiore sempre risponda e faccia un concerto di voci e di strumenti pienissimo. Gli iddíi vanno vestiti secondo il solito, e questo è noto ad ognuno. La donna con quell’abito che si vuole, purché sia bello e ricco: le ninfe anch’esse come si vòle, purché siano benissimo ornate. Vieni, gloria del Tebro, anzi del cielo, e di beltá celeste piena non pur la fronte e gli occhi e ’l petto, ma quel che copre la terrena veste, angelico intelletto; gradisci il nostro affetto, chè, ’nvece di Minerva e Citerea, sarai la nostra dea. [p. 298 modifica]