Il marito amante della moglie/Atto secondo/Scena seconda
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Maurizio e Beatrice.
- Maurizio
- Contessa Beatrice, son vostro servitore.
- Beatrice
- Buon dì, conte Maurizio.
- Maurizio
- Vengo, pien di rossore,
- A domandarvi scusa.
- Beatrice
- Di che?
- Maurizio
- Di essere stato
- Ier sera il più infelice, il più perseguitato
- Dei vostri adoratori.
- Beatrice
- Ohimè!
- Maurizio
- Avevo già fatto
- Il giro delle stanze per trovarvi. Ad un tratto
- Vi scorgo nella sala da ballo: mi vedete,
- Vi avviate al salotto, mi arridean le più liete
- Speranze, vi seguivo a due passi, e alla porta
- Una dama, una maschera, che si era forse accorta
- Dell'armeggio, mi afferra pei panni, mi trattiene.
- Cerco divincolarmi, non ci rïesco...
- Beatrice
- Ebbene,
- Caro conte, credetelo, chi perde un'occasione:
- Ha sempre un grave torto, anche quando ha ragione.
- Perdeste assai ier sera, e irremissibilmente.
- O fosse il vostro spirito, o fosse il prepotente
- Amor che vantavate, o fosse perchè io stessa
- Da più giorni ero triste, inquieta, perplessa,
- Quasi inferma, ier sera ero pressochè in via
- Di commettere qualche mezza... corbelleria.
- Dico mezza per modo di dir, ma in verità
- Vi consiglio d'intendere metà della metà.
- Era forse capriccio, in mancanza d'amore,
- Ma insomma col ventaglio cadeva un po' di cuore.
- Non l'avete raccolto, e avete fatto male
- Per voi, perchè stamane mi sento così eguale,
- Così calma, così gaia, così padrona
- Di me, che la mia stessa vanità vi perdona.
- Maurizio
- Accetto rassegnato la mia immensa sventura.
- Beatrice
- Vi rassegnate presto.
- Maurizio
- Contessa, avrei paura
- Di offendervi.
- Beatrice
- Badate, non è civetteria
- Ma il rispetto può stare colla galanteria.
- La grazia che or vi tolgo ve l'avea consentita,
- È cortesia dolersi dell'averla smarrita.
- Maurizio
- Se me ne dolga e quanto, lo sa il mio cor, contessa!
- Ma se non me lo aveste sentenziato voi stessa,
- Sarei venuto a chiedervi io stesso il mio congedo.
- Beatrice
- Mi siete alquanto in collera, e lo mostrate, credo.
- Maurizio
- Al contrario. Ed in prova vi prego caldamente
- Di accordarmi una grazia.
- Beatrice
- Dite. Sono clemente.
- Maurizio
- Un mio diletto amico ambisce l'alto onore
- Di essere ammesso al vostro cospetto.
- Beatrice
- Di gran cuore.
- Maurizio
- Si chiama...
- Beatrice
- Mi direte il nome in sua presenza.
- Vi è amico, e basta.
- Maurizio
- Grazie di tanta confidenza.
- Beatrice
- Quando vorrete...
- Maurizio
- Subito... È dissotto che aspetta..
- Beatrice
- Ehi di là! Lo vedete, non bado all'etichetta.
- (al servo )
- Scendete e troverete dabbasso un cavaliere:
- Pregatelo che salga
- (il servo s'inchina ed esce)
- Maurizio
- Ma...
- Beatrice
- Conte, mio dovere.
- Maurizio
- Lasciate che vi dica di lui...
- Beatrice
- Non vi ho concesso
- Quanto chiedeste?
- Maurizio
- È vero: ma il mio amico è lo stesso
- Che ieri vi raccolse il ventaglio.
- Beatrice
- Che! E siete
- Voi che me lo portate in casa?
- Maurizio
- Oh, non temete,
- Egli non vi conosce.
- Beatrice
- No?
- Maurizio
- Non ha penetrato
- Il velo della maschera.
- Beatrice
- No?
- Maurizio
- Me l'ha assicurato
- Egli stesso.
- Beatrice
- Così ne siete certo?
- Maurizio
- Certo.
- Beatrice
- Oh allora...
- (fra sè)
- Strano!
- (forte)
- E ditemi un po', come ha scoperto
- Che io sono al mondo?
- Maurizio
- Tutti della più bella dama
- Di una città conoscono nome e beltà per fama.
- Ei pur di vostre grazie cadrà tosto invaghito.
- Beatrice
- Voi me lo dite?
- Servo
- (annunziando)
- Il conte Gino di Monfiorito.