Il marito amante della moglie/Atto secondo/Scena quarta
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Gino - Beatrice.
- Gino
- (fra sè)
- Conte Ottavio, coraggio.
- Beatrice
- (fra sè)
- Gli ha detto una parola
- Sommessa, ed ha voluto che rimanessi sola!
- (forte)
- Per un puro riguardo non ho fatto, in presenza
- Del suo amico, palese la nostra conoscenza;
- Ma lei vorrà chiarirmi sinceramente, spero,
- Perchè le sia piaciuto avvolger di mistero
- Il nostro incontro al ballo.
- Gino
- È difficile assai.
- Beatrice
- La verità, se onesta, non è difficil mai.
- Gino
- Scelgo parerle ardito anzichè simulato.
- Beatrice
- Aspetto.
- Gino
- La ringrazio di avere rispettato
- L'innocente menzogna, e la prego di molta
- Indulgenza, se ardisco, per la seconda volta
- Che la vedo, parlarle come un amico vero.
- Beatrice
- Parli liberamente, purchè parli sincero.
- Gino
- Un casuale evento mi fece aver contezza
- Di una sua... mi perdoni, di una sua debolezza.
- Beatrice
- Signore!
- Gino
- La scongiuro di essermi sofferente.
- La parola è scortese, ma l'idea riverente.
- Quel ventaglio non cadde a caso; qualcheduno,
- Fortunato, doveva raccoglierlo; e quest'uno
- Era il conte Maurizio. Me lo ha detto egli stesso.
- Il riguardo dovuto al suo nome, al suo sesso.
- Ed alla ricompensa che ne avevo ottenuta,
- Non dovevano forse impormi un'assoluta
- Discrezïone e farmi un debito d'onore
- Di evitarle il pericolo del più lieve rossore?
- Beatrice
- Cosicchè, mio discreto signore, ella mi dà
- Un amante, e mi vende la sua complicità
- In cambio delle poche grazïose parole
- Che le dissi ier sera?
- Gino
- No.
- Beatrice
- È chiaro come il sole.
- Gino
- Dacchè mi attribuisce tal pensiero, non vedo
- Altra risposta tranne il prendere congedo.
- Beatrice
- No, rimanga. Non posso negarlo, il suo linguaggio,
- Temerità in un altro, mi pare in lei coraggio;
- E per quanto mi sforzi di trovarlo incivile,
- Non so dissimularmene la lealtà virile.
- Che ha pensato di me?
- Gino
- Ma...
- Beatrice
- Non muti sistema.
- Gino
- Ho pensato che... vedova...
- Beatrice
- Badi, badi, mi scema
- La fiducia. Lei sa che io vedova non sono.
- Gino
- (fra sè)
- Che mi avesse tradito!
- (forte)
- Le domando perdono...
- Beatrice
- Non si è fatto campione ieri di mio marito?
- Gino
- (fra sè)
- Mi crede un emissario di me stesso... ho capito.
- (forte)
- Rammenta il conte Ottavio?
- Beatrice
- Potrebb'essere lei,
- E sono sicurissima che nol ravviserei.
- Gino
- Oh!
- Beatrice
- Ci siamo lasciati in sì strana maniera!
- L'ho visto una sol volta, pochi istanti, di sera,
- E passaron dieci anni. Com'è fatto?
- Gino
- Così,
- Così...
- Beatrice
- Alto?
- Gino
- Abbastanza.
- Beatrice
- Capelli scuri...?
- Gino
- Sì.
- Beatrice
- È un bell'uomo?
- Gino
- Sa, gli uomini non sono competenti.
- Ha una fronte, due occhi, una bocca, dei denti
- Come me.
- Beatrice
- Bell'aspetto... come lei?
- Gino
- Pressapoco.
- Beatrice
- Creda che lo domando solamente per gioco;
- Sia Vulcano od Apollo.
- Gino
- Del primo ha un requisito.
- Beatrice
- Zoppo?
- Gino
- Marito a Venere.
- Beatrice
- Oh Venere!... il marito!
- C'era Marte..
- Gino
- Maurizio.
- Beatrice
- Conte! Sarei curiosa
- Di conoscerlo. Ha amanti? Non ne sono gelosa,
- Glie lo giuro.
- Gino
- È probabile.
- Beatrice
- Un'ultima domanda.
- Non è lui che lo manda?
- Gino
- Giuro che non mi manda.
- Beatrice
- Davvero? Preferisco crederlo.
- Gino
- E le confesso
- Che, quando avessi avuto qualche incarico espresso,
- Di qualunque natura fosse, presso di lei,
- Ora che l'ho veduta...
- Beatrice
- Ebben?
- Gino
- Mi scioglierei.
- (fra sè)
- Vediam...
- Beatrice
- Perchè?
- Gino
- Se il dico, le potrebbe accadere
- Di trovarsi costretta a impormi di tacere.
- Beatrice
- Se lo dirà con garbo, non mi vedrò costretta
- Che a non prestarle fede.
- Gino
- (fra sè)
- Andiamo, è una civetta.
- (forte)
- Dunque Marte-Maurizio...
- Beatrice
- O il perchè, dov'è andato?
- Gino
- Ma quando le avrò detto che sono innamorato
- Di lei, che i suoi begli occhi irradiano faville,
- E che il mio amico Ottavio è un famoso imbecille...
- Beatrice
- Quando me lo avrà detto e con sì lusinghiera
- Forma, per farle onore lo crederò.
- Gino
- (fra sè)
- È una vera
- Civetta!
- Beatrice
- Ma ad un tempo rimpiangerò il concetto
- Alto in cui la tenevo, siccome di perfetto
- Cavaliero, ed a scanso di somiglianti sbagli
- La metterò cogli altri...
- Gino
- A raccoglier ventagli?
- Beatrice
- No. Il ventaglio non cade che per un preferito.
- Gino
- E osate confessarmelo? È un coraggio inaudito!
- Beatrice
- Signor conte! Davvero che non so con qual nome
- Chiamare il suo contegno. Con qual diritto...?
- Gino
- Come!...
- Perdoni. È dunque vero: Maurizio è il prediletto?
- Beatrice
- Non voglio...
- Gino
- Mi risponda.
- Beatrice
- Ma...
- Gino
- Risponda!
- Beatrice
- Le ho detto
- Di sì.
- Gino
- Ah!
- Beatrice
- (fra sè)
- Impallidisce!
- Gino
- (col cappello in mano)
- Prediletto... davvero?
- Beatrice
- Ma!
- Gino
- Signora contessa...
- (s'avvia per uscire)
- Beatrice
- (quando Gino è al fondo)
- No, conte, non è vero.
- Non è vero. Le giuro che non è vero...
- Gino
- Allora
- Qual pensiero mi devo far di lei, mia signora,
- Quando nel breve spazio di un minuto l'ascolto,
- Io che le sono estraneo, prima conceder molto,
- Poi negar tutto, e conscia di sua beltà che alletta...
- Beatrice
- Mi dica apertamente che sono una civetta...
- (pausa)
- Perchè non me n'ho a male, perchè l'ho trattenuto,
- Perchè ora mi giustifico? Perchè non ho voluto
- Che lei, ch'io non conosco quasi, partisse prima
- Di avermi resa tutta intera la sua stima?
- Sento che con un altro non parlerei così.
- Come avviene?... Mi crede sincera adesso?
- Gino
- Sì.
- Beatrice
- Non lo nego: mi spiacque dal suo labbro il linguaggio
- Cortigiano, mi offese da lei come un oltraggio
- La solita, ridicola, profferta di un amore
- Impossibile, sciocco.
- Gino
- (fra sè)
- È una donna di cuore.
- (forte)
- È vero, mi perdoni.
- Beatrice
- Lei giunge in un momento
- Grave della mia vita. Faccia del mio ardimento
- Quel conto che le pare, ma l'ho incontrato ieri,
- E mi parve perfetto gentiluomo: i sinceri
- Discorsi che mi tenne oggi, appena arrivato,
- Mi hanno fatto stupire di lei: il caso, il fato
- Le ha posto fra le mani un secreto... innocente,
- Ma un secreto del quale assai difficilmente
- Una dama perdona la conoscenza e, via,
- Se la perdona, è segno di qualche simpatia.
- Gino
- (fra sè)
- Povero conte Ottavio... Gino ti ruba il pane!
- Beatrice
- Non mi veggo dattorno fuorchè amicizie vane
- O interessate. Tutti mi chiaman bella, e niuno
- Ha il supremo buon gusto di tacerlo. Se alcuno
- Mi si mostra cortese, non lo fa che ad effetto
- Di vanità, sperando svegliar qualche sospetto
- Sul conto mio. Mi parlano un linguaggio melato,
- Che avvilisce... In dieci anni non avevo incontrato
- Ancora un uom capace di dirmi apertamente
- Un mio difetto, a rischio di parer...
- Gino
- Sconveniente?
- Beatrice
- No. Noi donne, noi dame, noi, cresciute alle liete
- E vane appariscenze, abbiamo una tal sete
- Di verità, e l'inganno così spesso par tale
- Che ci riman credibile solo il vero...
- Gino
- Brutale?
- Beatrice
- Quello almen di cui l'impeto mostra il cor donde è nato.
- Dicono: chi batte ama. Direi: chi batte...
- Gino
- È amato?
- (fra sè)
- Oh come corre!
- Beatrice
- Amato! amato! Che vuol dire
- Questa parola Amore? perchè tanto desire
- Di udirla? Esprime forse quell'intima, secreta
- Sicurezza che l'anima dubitante acquïeta,
- Calma come una notte estiva, e fiduciosa
- Perchè forte in se stessa? Ma allor perchè non si osa
- Nominarla? qual danno ne consegue? chi offende,
- Se a me più vera e agli altri più benigna mi rende?
- O esprime il blando affetto che mi lega a mio zio?
- O la lunga abitudine che mi fa caro il mio
- Paese, la mia stanza, la veste, il quotidiano
- Visitator che viene a baciarmi la mano
- E si parte impettito della vittoria immensa?
- E perchè dall'età quando prima si pensa
- Alle cose e alla vita fino a questa in cui sento
- Come il tempo precipiti, benchè a me sembri lento,
- Non mi avvenne di udire quella grande parola
- E di provarne un solo turbamento, una sola
- Delle acerbe paure onde il mondo ne teme,
- E dolor ne ricava e compiacenza insieme?
- Gino
- (fra sè)
- Che m'ingannassi!
- (forte)
- Parli, mi è così dolce quello
- Che mi dice!
- Beatrice
- Davvero? Rammento uno stornello
- Che non ho mai compreso, che mi ha sempre commossa:
- «Amor vien dalle stelle, amor vien dalla fossa».
- Altro non mi ricordo. Quale idea singolare!
- Nell'ore mie più tristi mi metto a solfeggiare
- Quei versi, e non li intendo, e ne piango. Perchè?
- C'è qualche cosa dunque che li comprende in me?
- Gino
- (fra sè)
- Com'è bella!
- Beatrice
- Perchè mi guardate a quel modo?
- Gino
- Perchè vi trovo bella, e perchè, mentre vi odo
- Parlarmi così dolce, così eletto linguaggio,
- Mi par che dentro l'anima mi ridiscenda il raggio
- Della prima ignoranza e della prima fede;
- Perchè nel vostro sguardo onesto è la mercede
- Delle mie sofferenze, e insiem la punizione
- Delle mie colpe...
- Beatrice
- Colpe?
- Gino
- Perchè la mia ragione
- S'illumina dal core, e perchè il cor misura
- Dalla sua gioia immensa la sua immensa sventura;
- Perchè il vostro pudore, che del mio amor s'offende,
- Più ingiusto, più infelice, e più amante mi rende.
- Beatrice
- Che dite?... io non comprendo...
- Gino
- Oh, non m'interrogate,
- Ve ne prego. Lasciatemi contemplarvi, lasciate...
- Beatrice
- Conte, questo linguaggio...
- Gino
- Oh Beatrice...
- Beatrice
- Conte!
- Gino
- Vi giuro che potete sentirmi colla fronte
- Alta. Non mi crediate vanitoso o leggiero...
- La sofferenza è grande, dunque l'affetto è vero.
- Lasciate che un momento s'apra l'anima chiusa.
- Se l'amor mio vi offende, il mio dolor mi scusa.
- Beatrice
- Compiango ad un dolore che certo io non cagiono,
- Nè chi merita biasimo può ricusar perdono.
- Veggo bene che ho errato stimandolo migliore
- Degli altri, e lei s'affretta a togliermi d'errore.
- Eccomene pentita. Ma non comprendo quale
- Potè di mie parole servir d'esca ad un tale
- Incendio, e non mi sento abbastanza curiosa
- Per studiare il secreto della sua calorosa
- Dimestichezza. Forse le fui troppo sincera,
- E il vero di un momento non è sempre la vera
- Verità... Ma scommetto che oggi è scirocco, e che
- La mia polvere sa di muschio, cosicchè
- Me ne vado a rifarmi su Lisetta... una stolta,
- E a dirle che mi acconci all'ambra un'altra volta.
- È un profumo più calmo che fa i pensier men vani.
- Signor conte...
- (s'inchina, s'avvia, poi)
- Domani...
- Gino
- Che?
- Beatrice
- Tornerà? A domani.
- (esce)