Il libro dell'arte/Capitolo CLXXXIV
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Capitolo CLXXXIV.
Come si getta di gesso sul vivo la impronta, e come si leva e si conserva e si butta di metallo.
Fatto questo, l’uomo o la donna fa’ che stia rivescio: e mettasi queste cannelle in ne’ busi del naso, e lui medesimo se le tegna con mano. Abbi apparecchiato gesso bolognese, e vuoi volterrano, fatto e cotto, fresco e ben tamigiato. Abbi appresso di te acqua tiepida in un catino, e prestamente vi metti in su quest’acqua di questo gesso. Fa’ presto, chè rappiglia tosto; e fallo corsivo nè troppo nè poco. Abbi un bicchiere. Piglia di questa confezione e mettine e empine intorno al viso. Quando hai pieno gualivamente, riserba gli occhi a coprire dirieto a tutto il viso. Fagli tenere la bocca e gli occhi serrati; non isforzatamente, chè non bisogna; ma sì come dormissi; e quando è pieno il tuo vacuo di sopra al naso un dito, lascialo riposare un poco, tanto sia appreso. E tieni a mente che se questo cotale che impronti fosse di gran fatto sì come signori, re, papa, imperadori, intridi questo gesso pur con acqua rosa e tiepida: e ad altre persone, d’ogni acqua di fontana o di pozzo o di fiume, tiepida, basta. Asciutto e risecco la tua confezione, togli gentilmente, con temperatoio o coltellino o forbici, e sdruci intorno intorno la benda che hai cucita: tiragli fuori le cannelle dal naso, bellamente: fallo levare a sedere, o in piè, e tenendosi tralle mani la confezione, che ha al viso, adattandosi col viso gentilmente a trarlo fuori di questa maschera o ver forma. Ripolla, e conservala diligentemente. Fatta tale opera, abbi una fascia da putti, e circonda intorno intorno questa tale forma, in modo che la fascia duo dita avanzi l’orlo della forma. Abbi un pennello di vaio grosso; e, con quell’olio tu vuoi, ugni il vacuo della forma con gran diligenza, acciò che non ti venisse per disavventura guasto niente. E per lo sopraddetto modo intridi del sopraddetto gesso. E se volessi mescolare dentro polvere di mattone pesto, ne sarà di meglio assai. E col bicchiere o con iscodella piglia di questo gesso, e metti sopra della detta forma; e tiella sopra una panca, acciò che quando metti su la confezione, che con l’altra mano tu isbatti sopra la panca gentilmente, acciò che ’l gesso ugualmente abbi cagione di rientrare in ogni luogo, sì come fae la cera nel suggello, e che non faccia nè vesciche nè gallozze. Fatta e ripiena la detta forma, lasciala riposare mezzo dì, o il più, un dì. Abbi un martellino, e con bel modo va’ tastando e rompendo la scorza di fuori, cioè quella della prima forma, con sì fatto modo che non si rompa nè naso nè cosa alcuna. E sì, per trovare la detta forma più fiebole a rompere, innanzi che l’empia, abbi un pezzo di sega, e segala in più luoghi dal lato di fuori; non che passasse dentro, chè sarebbe troppo male. Interverratti che quando sarà piena, in piccola botta di martellino la spezzerai destramente. Per questo modo arai la effigia, o ver la filosomia, o vero impronta di ciascun gran signore. E sappi che poi di questa tal forma, poichè hai la prima, tu puoi fare buttare la detta impronta di rame, di metallo, di bronzo, d’oro, d’ariento, di piombo, e generalmente di qual metallo tu vuoi. Abbi pure maestri sofficienti, che del fondere e del buttare s’intendano.