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di cennino cennini. 137

fermandolo in mezzo tra la carne e ’l cerchio, acciò che il cerchio rimanga di fuori dalla benda, tanto che dalla benda al viso intorno intorno abbia di spazio due dita, o poco meno, sì come vuoi che la impronta della pasta vegna grossa. Dirotti, che quivi l’hai a buttare.


Capitolo CLXXXIII.

Per qual modo si procura il respirare alla persona, della quale s’impronta la faccia.


El t’è di bisogno far lavorare a un orafo due cannelle d’ottone o ver d’ariento, le quali sieno tonde di sopra, e più aperte che di sotto, sì come sta la tromba; e sieno di lunghezza squasi una spanna per ciascuna, e grosse un dito, lavorate le più leggieri che puoi. Dall’altro capo di sotto vogliono essere frabicate in quella forma, sì come stanno i busi del naso; e tanto minori, ch’entrino a pelo a pelo ne’ detti busi, senza che il detto naso si abbi a aprire di niente. E fa’ che sieno spesso forate dal mezzo in su con busetti piccoli, e legate insieme; ma da piè, dov’entrano nel naso, artificialmente siano tanto dispartite l’una dall’altra, quant’è quello spazio della carne, ch’è dall’uno buso del naso all’altro.


Capitolo CLXXXIV.

Come si getta di gesso sul vivo la impronta, e come si leva e si conserva e si butta di metallo.


Fatto questo, l’uomo o la donna fa’ che stia rivescio: e mettasi queste cannelle in ne’ busi del naso, e lui medesimo se le tegna con mano. Abbi apparecchiato


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