Il giornalino di Gian Burrasca/26 febbraio

26 febbraio

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25 febbraio 27 febbraio


26 febbraio.

È appena giorno e io sono ancora qui a contare i miei duecento biglietti da cinque lire che mi si parano davanti come duecento punti interrogativi:

- Che ne farò? -

Il fatto è che da quando ho tutti questi quattrini non sono più io: ho la testa piena di pensieri, di preoccupazioni, di paure. Stanotte non m’è riuscito di chiuder occhio: ogni tantino mi svegliavo di soprassalto perché mi pareva sempre che venissero i ladri a rubarmi le mie mille lire, o il babbo a domandarmi di dove provenivano, ciò che per me, in fondo, rappresentava lo stesso pericolo di perderle.

In ogni modo bisogna che le assicuri meglio perché ci potrebbe essere in casa un’altra chiave che apra il cassetto del mio tavolino e nulla di più facile che la mamma e Ada vengano a frugarci dentro...

La prima spesa che bisogna che faccia è quella di una buona cassaforte, piccola in modo che possa nasconderla in fondo all’armadio dove tengo miei balocchi di quando ero più piccino.

In quanto all’impiego che farò dell’eredità, fra i tanti sogni che ho fatto due specialmente mi stanno fissi alla mente: comperare un automobile, o aprire un negozio di pasticceria come quello del babbo di Gigino Balestra...

Vedremo! Intanto prendo venti biglietti da cinque lire in tasca e vo a cercare la cassaforte...

Ed eccomi di nuovo solo in camera mia mentre tutti dormono: solo col mio tesoro che è qui, finalmente sicuro nel mio armadio...

Che bella soddisfazione avere una cassaforte con mille lire dentro!... Un momento: ora non sono più mille lire, ma settecentotrentuno perché oggi ho speso la somma non indifferente di lire duecentosessantanove!

Ma tutte spese giustificate e tutte regolarmente registrate qui nel libro d’entrata e uscita che costa una lira e dal quale risulta il seguente stato di cassa a tutt’oggi.

ENTRATA USCITA
Ereditato dal povero signor Venanzio 1000,00
Libro d’entrata e uscita 1,00
Elemosine 15,00
Cassaforte 250,00
Pasticcini 3,00


Nel registro che ho comperato c’è anche una colonna per le Osservazioni, ma lì non ho scritto niente, perché l’unica osservazione che potevo metterci era questa: che i quattrini peggio spesi sono stati quelli delle elemosine.

Infatti stamani appena sono uscito di casa ho trovato sugli scalini della chiesa di San Gaetano un povero cieco che chiedeva l’elemosina, e io messa subito mano a tasca ho tirato fuori un biglietto da cinque lire e gliel’ho lasciato cadere dentro il cappello che egli teneva sulle ginocchia.

Egli ha fatto un gesto di meraviglia e, agguantato con moto fulmineo il biglietto, lo ha messo contro la luce guardandolo attentamente; poi mi ha chiesto:

- Ma... non è mica falso, eh, signorino? -

Immediatamente un altro povero cieco che era dall’altra parte della scalinata è venuto a esaminare il biglietto e ha detto:

- Ma non vedi che è buonissimo? E a me, signorino? Non me ne dà uno anche a me? -

Io per non fare ingiustizie ne ho dato uno anche a lui: e siccome in quel momento uno zoppo che chiedeva l’elemosina sulla porta della chiesa è corso precipitosamente a me per godere dello stesso trattamento dei suoi due colleghi ho dato cinque lire anche a lui.

Ma il bello della scena è stato questo: che io infatuato come ero in quel momento della mia munificenza, mentre mi davo una grande aria di importanza nel levar di tasca i miei biglietti di banca, non ho neanche menomamente pensato al fatto stranissimo di quei due ciechi che vedevano e di quello zoppo che correva.

Ci ho ripensato dopo...

Allora ho capito che la carità è una gran bella cosa, ma bisogna saperla fare... e lì per lì ho provato tanta stizza di essere stato ingannato così sfacciatamente che, per un legittimo sentimento di reazione, sono andato al negozio Balestra e mi son mangiato tre lire di pasticcini!

Forse ne ho mangiati troppi, e senza dubbio ho abusato di canditi che mi piacciono di molto e per l’appunto, fra i dolci sono i più indigesti di tutti.

Ma insomma questa è stata una spesa fatta bene e non me ne pento.

Un’altra spesa molto complicata è stata quella della cassaforte. Pare impossibile che sia così difficile a un ragazzo che si presenta in una bottega coi suoi bravi quattrini di comperare quel che più gli pare e piace!

Eppure al primo negozio ove mi sono presentato a chiedere una cassaforte si son messi a ridere e siccome io insistevo mi hanno detto:

- Bambino, levati di qui che abbiamo altro da fare che badare alle tue burlette! -

In un altro negozio siccome si disponevano a farmi la stessa accoglienza, mi son risentito e ho detto:

- Che credono perché sono un ragazzo che io non abbia i quattrini? -

E ho levato di tasca una manciata di biglietti.

Allora il commesso del negozio ha cambiato subito maniere e mi ha dato del lei. Però non mi ha voluto dar la cassaforte, scusandosi che lui non poteva vendere ai minorenni e che perciò bisognava che ci andassi col mio babbo.

Già: non ci mancherebbe altro!

Per fortuna in quel momento sulla bottega ci era un giovanotto che mi guardava mentre tiravo fuori i quattrini e che appena sono uscito mi ha detto:

- Ma come son buffi! Per comprar la roba da ora in avanti ci vorrà la fede di nascita... -

Naturalmente io ho acconsentito a questa giusta critica, e allora questo bravo giovanotto mi ha domandato:

- Ma lei che voleva comprar qualcosa?

- Sì: una cassaforte, - ho risposto - ma una cassaforte piccola...

- Quanto vorrebbe spendere?

- Ma... non saprei. Voglio una cassaforte che sia forte davvero, capisce? -

Il giovanotto ha pensato un poco, e poi ha detto guardandomi fisso:

- Trecento lire?...

- Eh! È un po’ cara.

- Cara? No davvero! Non sa che le casseforti costano delle migliaia di lire? Ma lei deve prendere una cassaforte d’occasione... se ne trovano facilmente: le costa meno e le fa lo stesso servizio.

- E dove si trovano?

- Lei deve venir con me. Ho diversi negozianti amici, tutte brave persone che vendono roba garantita e senza far tante storie come fanno nei negozi di lusso... -

E mi ha accompagnato in diverse botteghe dove vendevano tutta roba usata e di tutte le specie. Da principio pareva difficile trovare una cassaforte: nessuno ce l’aveva. Abbiamo girato parecchio prima di trovare finalmente quel che si cercava. Quel giovanotto era proprio servizievole e non è stato contento finché finalmente non è riuscito a procurarmi quel che mi occorreva. Egli entrava via via nelle botteghe di questi negozianti suoi amici coi quali si tratteneva a parlare mentre io aspettavo sulla porta: e all’ultima bottega dove ci siamo fermati è ritornato fuori col padrone mostrandomi una cassaforte che per la misura era proprio quel che ci voleva sebbene fosse un poco arrugginita. Io naturalmente ho tirato nel prezzo, e dài, picchia e mena me l’ha rilasciata per duecentocinquanta lire. Gli ho dati tutti i quattrini che avevo in tasca e me la son fatta portare a casa per le cinque, perché sapevo che a quell’ora il babbo non c’era e la mamma e l’Ada erano a fare una visita.

Difatti ho avuto la cassaforte e ho dato il resto, cioè centosessantotto lire oltre le ottantadue che avevo già date.

Ma ora son contento perché il mio capitale è al sicuro e non c’è più paura!