Il giornalino di Gian Burrasca/10 dicembre
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Evviva gli sposi! Evviva Giannino!... E abbasso le minestre di capellini!
Finalmente la pace è tornata in famiglia e tutto per merito mio.
Stamattina dunque, come mi ero ripromesso, io stavo all’erta; e quando ho sentito un po’ di rumore in casa, zitto zitto mi sono alzato, mi son vestito e sono stato ad aspettare gli eventi.
Nessuno pensava a me.
Ho sentito il babbo, la mamma, Ada e Virginia che sono scesi giù dalle loro camere; poi è venuto l’avvocato Maralli, e in ultimo ha suonato il campanello il vetturino e tutti sono usciti.
Allora io che stavo pronto, lesto come una saetta, sono sbucato dalla mia camera, sono uscito di casa, e via a corsa precipitosa dietro la carrozza che si era appena mossa.
L’ho raggiunta poco distante da casa, ho agguantato la traversa di legno che è in fondo, dietro il mantice, e mi son ficcato lì a sedere, come fanno i ragazzi di strada, pensando fra me:
«Ecco che ora non potrete più nascondermi dove andate!...».
Il più bello poi è questo: che stando lì, udivo tutti i discorsi che facevano dentro la carrozza...
E tra l’altro ho sentito il Maralli che diceva:
- Per carità, badate che quel tremoto di Gian Burrasca non sappia niente di questa nostra gita... altrimenti lo ridice a mezzo mondo!
Cammina cammina, dopo molto tempo la carrozza s’è fermata e tutti sono scesi. Ho aspettato un poco e poi sono sceso anch’ io.
Oh maraviglia!
Si era davanti a una chiesetta di campagna, nella quale erano entrati i miei genitori, le mie sorelle e il Maralli.
- Che chiesa è questa? - ho domandato a un contadino che era lì fuori.
- È la chiesa di San Francesco al Monte.
Sono entrato anch’io, e ho visto dinanzi all’altar maggiore inginocchiati davanti al prete l’avvocato Maralli e Virginia, e più indietro Ada, il babbo e la mamma.
Io strisciando lungo la parete della chiesa mi sono avvicinato all’altare senza che nessuno si accorgesse di me, e così ho potuto assistere a tutto lo sposalizio, e quando il prete ha domandato a Virginia e al Maralli se erano contenti di sposarsi e che loro hanno risposto di sì, allora sono uscito a un tratto fuori dell’ombra e ho detto:
- Sono contento anch’io; e allora perché non mi avete detto niente, brutti cattivi?
Non so perché, ma in quel momento m’è venuto da piangere, perché quell’azione mi era dispiaciuta davvero, e tutti sono rimasti così meravigliati della mia apparizione, che nessuno ha fiatato.
Ma subito la mamma si è messa a singhiozzare e mi ha preso tra le braccia e mi ha baciato, domandandomi con voce tremante:
- Giannino mio, Giannino mio, ma come hai fatto a venir fin qui?
Il babbo ha borbottato:
- Una delle solite!
Anche Virginia, dopo lo sposalizio, piangeva e mi ha abbracciato e baciato, ma il Maralli m’è parso molto malcontento, e presomi per un braccio mi ha detto:
- Bada bene, Giannino, che non ti scappi detto a nessuno, in città, quello che hai visto... Hai inteso?
- E perché?
- Non ti impicciare del perché. Non son cose che possono capire i ragazzi, queste. Sta’ zitto e basta.
Ecco dunque un’altra delle tante solite cose che i ragazzi non possono capire! Ed è possibile - domando io - che delle persone grandi credano sul serio che una ragione simile possa soddisfare un ragazzo?
Basta. L’interessante per me è che ora tutti mi vogliono bene; siamo tornati a casa, e nel ritorno sono stato a cassetta col vetturino, e ho guidato quasi sempre io; e, quel che più conta, ora non mangerò più minestre di capellini per un pezzo.