Onesto

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Amicizia Il nostro giardino
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Onesto.

Sul nero di pece delle barche ferme accanto alla banchina del molo, le vele gialle dormono attortigliate come vesti ai loro picchi rossi, mentre le reti rugginose continuano a dondolarsi per aria, da un albero all’altro, pescando le conchiglie e i pesci rossi del tramonto.

È un tramonto insolitamente calmo in questo paese di vento dove tutti gli elementi e le anime sono di continuo in moto: nell’acqua azzurra del canale le barche da pesca si riflettono nitide, coi loro colori caldi di farfalle estive; e lungo la linea della banchina opposta si vedono coppie d’innamorati passeggiare tranquillamente sopra e sotto acqua, in uno sfondo irreale come i loro sogni.

Da questa parte il braccio del molo è più deserto, anzi è deserto del tutto: non c’è che una figurina nera in fondo, e un pescatore in una barca, un bell’uomo anziano, bruno e sanguigno, vestito di quel costume caratteristico fra di marinaio e di vagabondo [p. 188 modifica]scalzo che distingue i lavoratori del mare. È piegato a dar da mangiare a un cagnolino bianco più piccolo del suo piede, e gli parla sottovoce, e il cagnolino deve capire le parole forse tenere di lui perchè ogni tanto solleva gli occhietti rossi e smette di leccare il piatto per leccare la mano che lo accarezza.

— Quanti giorni ha? — domando io dall’alto della banchina.

L’uomo si leva il berretto e risponde, lusingato per l’attenzione che desta il suo minuscolo compagno.

— Cinquanta.

— Già tanto ed è così piccolo. Crescerà.

— No, signora, non crescerà.

— Abbaia?

— No, signora, non abbaia.

— E allora cosa lo tenete a fare?

Egli non sa dirlo.

— Per bellezza, vero?

Allora egli ride: ride di vero piacere. Per bellezza! È il termine giusto, ed egli è felice di sapere finalmente perchè tiene il cagnolino.

*

Intanto la figurina nera s’è avvicinata, e ingrandita: ha preso, staccandosi dallo sfondo abbagliante del mare, la forma di [p. 189 modifica]una vecchietta gobba col bastone: è coperta di stracci, ma tutta pulita, con un velo di capelli bianchi sulla cute rosea della testa tremolante e due bellissimi occhi azzurri sotto una fronte così spaziosa e rugosa che ricorda la spiaggia al ritirarsi dell’onda.

Anche lei si ferma e mi saluta, poi sorride al cagnolino che le restituisce il saluto scodinzolando.

— Signora — ella dice dopo un momento di esitazione: — lei forse non ricorda la promessa.

Io non la ricordo davvero; ma la ricorda bene lei, che ha una memoria più ferma della mia. Sette anni or sono, vale a dire in un tempo lontano come quello delle fate, laggiù nel lido battuto dal vento di autunno, pare che io l’abbia incontrata mentre raccoglieva fuscelli fra le alghe, e le abbia promesso il mio vestito di lana allora nuovo nuovo.

— Avete ragione. Il mio vestito di lana di quell’anno se n’è da molto andato, però: la primavera lo ha tosato come tosa le vesti delle pecore; ma non dubitate; disgraziatamente per me io uso tenere le promesse, e vi troverò qualche altra cosa.

— Di lana, mi raccomando. D’estate non abbiamo bisogno di nulla; siamo tutti ricchi e vestiti dal buon Dio; ma l’inverno [p. 190 modifica]è lungo, qui, signora mia; il freddo si tocca, e il vento pizzica come i ragni di mare. Allora si è davvero tutti poveri e nudi, e non ci possiamo aiutare. Non è vero, Onesto?

L’uomo pareva non ascoltare; anzi aveva abbassato il testone coperto da una spazzola di capelli neri e si guardava fra le mani la pianta di un piede come ci avesse una spina; nel sentirsi interpellato sollevò il viso e rispose pronto:

— Verissimo.

Ma la vecchia mi guardava in modo ambiguo come si beffasse di lui.

— Hai fatto buona pesca, oggi, Onesto?

— Così, così. Troppa calma.

— Non ti è rimasto nulla, in barca?

Egli sembrava molto confuso. Senza alzarsi sollevò il lembo di una stuoia e scoprì un cestino di pesciolini rigidi e brillanti come lamette di acciaio: pareva disposto a darne, ma senza scomodarsi. Allora lei attaccò un fazzoletto alla punta del suo bastone e lo calò come una rete, piegandosi fino all’orlo della banchina; e quando ebbe tirato su la sua pesca me ne offrì la metà; io naturalmente dovetti rifiutare. [p. 191 modifica]

*

Ho tenuto la promessa: ho portato io stessa alla vecchia la mia usatissima giacca di lana a maglia.

I bei giorni del cuore dell’estate se ne sono andati, e questo vasto cuore comincia a raffreddarsi come quello di un amante sazio; a giorni soffia il garbino, il più potente e odioso dei venti, che per le nuvole di sabbia che solleva dà alla spiaggia solitaria l’illusione del deserto, e fa tremare e retrocedere anche le onde più cattive.

Da qualche giorno non vedo più la vecchia e temo sia malata. So dove abita, e vado dunque a portarle la mia giacca.

Anche il paese è quasi deserto, con le lunghe file di casette che sembrano tanti torroncini; casette nuove di pescatori arricchiti: attraverso le finestre si vedono, sui cassettoni monumentali, servizi per liquori, conchiglie e colombi di marmo; e gli attaccapanni di ferro simili ad alberi che i primi freddi hanno spogliato degli innumerevoli stracci dei bagnanti.

Dopo il paese nuovo che corre al mare, il paese vecchio si raccoglie in sè con una certa fierezza; eppure è un vero nido di [p. 192 modifica]poveri, di gente antica che, per quanto la vecchia affermi, è misera anche d’estate: tutto vi è fermo, scuro, consumato; le pietre, le aperture, le persone: anche le ragazze hanno un viso fino, consunto, come divorato da mal sottile.

Ritrovo la mia vecchia in un cortile lungo che sembra un vicolo sul quale si aprono le porticine di abitazioni preistoriche; quella di lei è la più pulita, col suo camino, il lettuccio coperto da uno di quei drappi che si vedono nelle barche dei pescatori e sembrano tappeti: c’è anche un tavolinetto e una sedia ch’ella si affretta a spolverare per offrirmela. Del resto non sembra molto turbata per la mia visita, e quando svolgo e le porgo la mia giacca la guarda bene da una parte e dall’altra quasi si tratti di comprarla e non di accettarla per elemosina; infine l’attacca ad un chiodo assieme con altri stracci e volge il viso sorridente.

— Signora mia, la ringrazio. Ed io cosa devo darle?

— Raccontatemi qualche storia.

Ella mi guarda diffidente, rabbuiandosi in viso, quasi capisca che si tratta di una speculazione bella e buona; poi si raccoglie, si piega ancora di più sul suo bastone, sotto il gomitolo della sua gobba: pare [p. 193 modifica]peschi nella sua memoria come quel giorno nella barca di Onesto, e ne trae qualche cosa che mi offre appunto come quel giorno i pesciolini.

— Ricorda, signora, — dice sollevando la fronte sulla quale s’è alquanto spianata l’impronta delle onde innumerevoli dei giorni vissuti, — ricorda com’era confuso per la sua presenza il povero Onesto? Povero per modo di dire, perchè è ricco, veh! Ha due barche nuove e tre ville tutte affittate: e pesca per cento e duecento lire di pesce al giorno. Ebbene, era confuso, per la sua presenza, signora, l’ha notato? Perchè è un bravo uomo, le dico: a cercarmi non viene, ma se ho bisogno e glielo mando a dire mi soccorre subito, perchè, signora, io da ragazza sono stata in casa sua, del suo nonno voglio dire, perchè lui non era nato ancora. Il suo babbo era un ragazzo, poco più vecchio di me, e mi diede promessa di matrimonio: così si fece assieme un bambino, ma poi lui non mantenne la promessa. E Onesto si vergogna di questo.