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192 il flauto nel bosco

poveri, di gente antica che, per quanto la vecchia affermi, è misera anche d’estate: tutto vi è fermo, scuro, consumato; le pietre, le aperture, le persone: anche le ragazze hanno un viso fino, consunto, come divorato da mal sottile.

Ritrovo la mia vecchia in un cortile lungo che sembra un vicolo sul quale si aprono le porticine di abitazioni preistoriche; quella di lei è la più pulita, col suo camino, il lettuccio coperto da uno di quei drappi che si vedono nelle barche dei pescatori e sembrano tappeti: c’è anche un tavolinetto e una sedia ch’ella si affretta a spolverare per offrirmela. Del resto non sembra molto turbata per la mia visita, e quando svolgo e le porgo la mia giacca la guarda bene da una parte e dall’altra quasi si tratti di comprarla e non di accettarla per elemosina; infine l’attacca ad un chiodo assieme con altri stracci e volge il viso sorridente.

— Signora mia, la ringrazio. Ed io cosa devo darle?

— Raccontatemi qualche storia.

Ella mi guarda diffidente, rabbuiandosi in viso, quasi capisca che si tratta di una speculazione bella e buona; poi si raccoglie, si piega ancora di più sul suo bastone, sotto il gomitolo della sua gobba: pare