Il fiore di maggio/Franchezza

Franchezza

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Harriet Beecher Stowe - Il fiore di maggio (1843)
Traduzione dall'inglese di Anonimo (1853)
Franchezza
Il giorno del Signore (schizzi cavati dal portafoglio d'un vecchio gentiluomo) - Quarto schizzo Il Battello del canale

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FRANCHEZZA.




Esiste una specie di franchezza che è il risultato di una perfetta confidenza in sè, e che suppone una grande ignoranza del mondo e della vita. Questa franchezza merita la nostra generosità e la nostra simpatia. Un’altra franchezza è quella d’un cuor puro e d’un carattere fermo riuniti ad una mente intelligente, che per esperienza conosce uomini e cose, e comprende di leggere le distinzioni e varietà che esistono in tutte le circostanze; quella franchezza ispira stima e rispetto. La prima sembra derivare semplicemente dall’ispirazione, la seconda dalla ispirazione e dalla riflessione riunite. La prima è in qualche maniera il risultato dell’ignoranza, la seconda della scienza. Quella nasce da una confidenza illimitata negli altri: questa da una confidenza in sè medesimo, confidenza ben fondata, perchè basata sulla vita.

Dicevano di Alice H.... che aveva intelligenza d’un uomo, il cuore d’una donna, e l’aspetto d’un angelo; unione rara ed avventurosa di sublime qualità.

Nessuna donna non somigliò meno alla maggior parte [p. 208 modifica]delle donne alla moda quanto Alice. Ella aveva nelle sue parole e ne’ suoi atti un’estrema indipendenza, che non ebbe altri inconvenienti che di renderla popolare. I suoi pensieri anche i più intimi, pigliavan slancio da sè medesimo, od alla prima scintilla altrui. Incontrava il genio di tutti.

Diceva mille cose che ognuno avrebbe tenuto nascosto e le diceva con così nobile franchezza che ognuno la trovava naturale. Ma questo umore espansivo era egli l’indizio d’un spirito debole, ovvero il proposito di far la guerra alle forme stabilite dalla società? Era piuttosto una carezzevole intelligenza, bene ispirata, che si era tracciati dei limiti fissi nel circolo delle sociali consuetudini, che di rado si rassegnava a tacere, e quando parlava diceva tutta intiera la verità.

Osservatori superficiali, colpiti da questa, straordinaria franchezza, presero a credere temerariamente d’aver penetrato il suo carattere reale: ma questo carattere loro sfuggiva come il profondo de’ laghi si vela, malgrado ogni trasparenza, agli sguardi sagaci di un’avida curiosità. Pure, più si vedeva Alice e più le varietà del suo carattere si disegnavano con uniformità su questo fondo solido della franchezza che poneva ogni verità in rilievo. Ma venite voi stessi a far una visita questa sera ad Alice, e voi la giudicherete. Eccola seduta su di un sofà, cucendo un pajo di maniche di merletti ad una veste di seta. Per il momento la lasceremo compiere il vago lavoro e ci accontenteremo di tracciare il ritratto della persona che le sta a lato.

Mirate quella vaga e gentil persona, dagli occhi brillanti, dalla statura svelta e slanciata, dal picciol piede [p. 209 modifica]vagamente calzato, dalle aristocratiche mani, e le dita rosee e sottili? è una bella creatura: il suo carattere le sta scritto in volto, brilla nel suo sguardo, trapela dal suo sorriso, e si manifesta apertamente da tutta la persona. È un miscuglio di egoismo e vanità. Ma, aspettate: ecco Alice che si alza, si pone rimpetto allo specchio, assesta con infinito gusto le lunghe treccie dalla sua magnifica capigliatura bionda. La piccola compagna spia tutti quei moti con una attenzione tanto comica, come quella d’un piccol gatto che sta fisso osservando un gomitolo di cotone.

Voi lo neghereste invano, Alice, oggi vi sta realmente a cuore di comparir bella, disse la compagna.

— Sì certo! rispose Alice con gravità.

— E contate di sedurre il signor A. ed il signor B., chiese quel demonietto femminino.

— Sì certo! rispose Alice mentre colle dita intrecciava un ammirabile ciocca di capegli.

— Ecco ciò ch’io non direi, Alice, se altri mi facesse simile inchiesta.

— Allora perchè me la fate voi?

— Io dichiaro, Alice!...

— Che cosa dichiarate?

— Che non mi fu dato mai di vedere una persona che s’assomigli a voi.

— Facilissimo, disse Alice abbassandosi a raccogliere uno spillo.

— Dal canto mio, io non mi prenderei tanta cura per piacere ad alcuno, e soprattutto ad un’uomo.

— Per me, disse Alice, tenterei di farlo se non potessi piacere altrimenti. [p. 210 modifica]

— Ma, Alice, io non ho mai creduto che tanto vi compiaceste d’essere ammirata.

— Io amo assai d’essere ammirata, disse Alice ritornando a sedere sul sofà, e credo che tutti sieno dell’opinion mia.

— A me poco importa l’esser corteggiata, e m’è indifferente tanto a non piacere agli altri, come a piacere.

— Allora, cugina, io stimo che sia gran peccato che voi abbiate a piacere a noi tutti, disse Alice sorridendo.„

Se Alice aveva dell’acutezza, ben chiaro si scorge che non se ne serviva per mostrarsi severa o mordace.

“Ma in realtà, cugina, disse l’altra, io non sapeva che una giovane come voi avesse tanto gusto per la toeletta, per l’ammirazione degli altri e cose di simil natura.

— Ignoro quale opinione possiate avere di me, nè in quale categoria vogliate collocarmi, disse Alice, ma per me pretendo semplicemente essere come la comune degli uomini, e non arrossisco dei sentimenti che come tale io provo. Se Dio ci ha creati per amare ed essere ammirati, perchè nol confesseremo noi altamente? Io amo la seduzione, — voi pure l’amate — tutto il mondo vuol essere corteggiato, e perchè mo’ non tutti vogliono confessare la verità?

— Ebbene, sì, io credo che tutti in generale amino d’essere ammirati; io voglio pur convenirne.

Ma voi non volete convenire d’avere voi stessa questa inclinazione, disse Alice; non è questa la vostra conclusione? É ben così che va la cosa. Ciascuno riconosce di provar desiderio, in generale, d’ispirare agli [p. 211 modifica]altri una buona opinione di sè medesimi; ma la metà degli uomini si vergogna di ciò quando trattasi d’un caso pratico. Ora io credo che se una cosa è buona in generale, è buona in particolare; ed io non sto in dubbio nel modo di regolarmi su queste due proposizioni.

— Ma ciò sembra in alcun modo meschino, disse la compagna.

— È meschino vivere per soddisfare la propria vanità, per lasciarsi intieramente preoccupare dalla medesima; ma non è meschino di goderne quando ci capita, od anche d’irne in traccia, quando, ciò facendo, non negligentiamo cose di maggiore importanza. Tutto ciò che Dio ci fa provare è elevato e puro, a meno che noi non lo convertiamo in male.

— Ma, Alice! Non mi fu mai dato intendere alcuno esprimersi con tanta franchezza come voi. Si può dire tutto ciò che è innocente e naturale; e quanto a ciò che non è nè l’uno nè l’altro, non si può neppure pensare.

— Ma si può dire tutto ciò che si pensa? disse la cugina ridendo.

— No. Abbiamo in noi un’istinto che c’insegna a tacerci talvolta; ma per poco che noi parliamo avvi mestieri di tutta la semplicità e la sincerità.

— Ora un’esempio, Alice, disse la signora; è innocentissimo e naturale, dite voi, di pensare questo o quest’altro, ed ogni sorta di cose lusinghiere per sè medesimi, specialmente quando tutti si accordano a confermarci in questa opinione: ma esporrete voi nuda la verità, quando alcuno ve la chiedesse? [p. 212 modifica]

— Se fosse alcuno che avesse il diritto di farmi tale inchiesta, in tempo e luogo conveniente, io risponderei tutta intiera la verità, disse Alice.

— Ebbene, Alice, io vi chiedo (permettendolo ora le convenienze di tempo e di luogo): credete voi d’esser bella?

— Voi pensate, rispose Alice, ch’io voglia fare una riverenza a tutte le sedie di questa stanza prima di rispondervi ma voglio risparmiare questa cerimonia, e con tutta sincerità vi rispondo: credo d’esser bella.

— Vi estimate voi buona?


— Non del tutto, disse Alice.

— Credete dunque di valere qualche cosa di più degli altri?

— To credo soltanto poter dire che valgo certo più di taluni; ma per fermo, cugina, io non mi fido gran fatto al mio proprio giudizio su questo punto, disse Alice.

— Ebbene, Alice, ancora una domanda. Quale di noi due, credete voi che James Martyrs prediliga?

— Non lo so, disse Alice.

— Io non vi ho chiesto ciò che ne sapete, ma ciò che ne pensate: voi avrete bene dovuto pensar qualche cosa in proposito.

— Su via! adunque, stimo d’essere io, che gli abbia fatta maggiore impressione, disse Alice.„

Nell’istante medesimo la porta si aprì, e James Martyrs in persona entrò nella sala. Alice arrossi componendosi involontariamente ad un’aspetto assai comico, e ripigliando il lavoro. La sua cugina disse: [p. 213 modifica]

“Invero, signor James, io avrei desiderato che voi foste venuto un’istante più presto, per ascoltare la confessione d’Alice.

— Che cosa ha ella confessato? disse James.

— Che ella è più bella, e più buona di tante persone.

— Oh non è duopo arrossire di ciò, soggiunse James.

— Ma non è qui tutto: ella vuol esser vagheggiata ed ammirata, e...

— Oh! la riconosco in questo tratto, disse James lanciando uno sguardo ad Alice.

— Inoltre, seguì essa, ha fatto un sermone in favore della vanità e dell’amor proprio.

— E la prima volta ch’io predicherò ancora, disse Alice, vi inviterò a prendere le necessarie note, perchè la memoria non vi serve.

— Voi vedete, James, disse la signora, che ad Alice sta molto a cuore il dire tutta la verità quando ella parla, ed io ho tentato di imbarazzarla colle mie questioni; vi prego che voi pure ne facciate alcune, per vedere ciò che vi risponderà. Ma, perdono, ecco lo zio C... che viene a prendermi per una cavalcata, è necessario ch’io mi salvi.„

E come un piccolo reattino, scomparve dalla sala, lasciando James ed Alice a quattr’occhi.

“Avvi realmente una inchiesta.... disse James tossendo leggermente.„

Alice lo riguardò.

“Avvi infatti un’inchiesta, Alice, a cui desidero che vi piaccia di rispondere„. [p. 214 modifica]

Alice non chiese a James qual fosse l’inchiesta; ma assunse un’aria solenne, ed incontanente chiuse la porta in modo che non seppi mai in qual modo fosse stata risolta da Alice la domanda di James.