Il feudatario/Lettera di dedica
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Carlo Goldoni - Il feudatario (1752)
Lettera di dedica
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A SUA ECCELLENZA
IL SIGNOR
FRANCESCO CANAL
PATRIZIO VENETO1.
Q
UANTUNQUE non abbia io attual servitù con V. E., posso però compromettermi ch’Ella si degnerà di accogliere, di aggradire e proteggere questa Commedia mia, che all’altissima di Lei protezione umilmente io raccomando. Fondata è la mia speranza sulla fama della di Lei generosa bontà, che tutti cerca di proteggere e favorire, e sulla certezza che le Opere mie sono dall’E. V. con benignità compatite, e con predilezione sofferte. Di ciò mi ha assicurato la di Lei voce medesima, consolandomi e dandomi animo a proseguire nell’intrapreso malagevole impiego; e da più parti mi è giunto fortunatamente all’orecchio, che l’E. V. non cessa di accreditare le Opere mie colla sua approvazione, e di difendere il mio nome dagl’insulti degli emoli e de’ maldicenti. Grandissima gloria è per me 2, che un Cavaliere sì grande per nascita, per antichità e per dottrina, mostrisi delle Opere mie in qualche maniera contento; un Cavaliere innamorato delle bellissime Arti Liberali, da lui conosciute, amate ed illustrate; un talento felice, che le cose penetra nel midollo, e sa discernere di tutto i pregj, ed in tutto sa rilevare i difetti, potrebbe farmi dell’approvazione sua insuperbire; ma un raggio di lume ragionevole, distruggitore dell’amor proprio, mi suggerisce che appunto quelli che molto sanno, che tutto intendono, sogliono più compatire i difetti altrui, perchè conoscono la difficoltà di sfuggirli, e si contentano del mediocre, misurando l’opera coll’Autore, e lodando quella a misura del concetto che di questo hanno formato; cosicchè nell’opera di uno che molto stimano, non compatiranno un errore, ed in quella di un altro che meno merita, non saranno sì rigorosi. Questa è la ragione, per cui si vedono applaudite sovente delle produzioni di spirito assai cattivo; molte volte dipende dal poco credito dell’Autore. Il Mondo prevenuto di dover essere disgustato, si appaga di ogni poco di bene, ancorchè apparente, non fa l’esame del merito della cosa; alcuni dicono: non vi è male, ed altri sostengono che vi sia del buono. Cotali avvenimenti sono frequentissimi, non dirò già in favore di Tizio e di Sempronio, ma parlo di me solamente, che più degli altri ho bisogno di compatimento. Questo però non l’esigo da tutti; bastami averlo dalle persone, che colla intelligenza loro possano render ragione di ciò che vedono, e di ciò che approvano; bastami averlo dall’E. V., cavaliere illuminato e dotto, di ottimo discernimento e di perfettissimo gusto. Questa perfezione di gusto in tutte le di Lei azioni si ammira. Rammenta ancora la città di Bergamo il di Lei felicissimo Reggimento, in cui l’E. V. ha fatto non solo spiccare la sua generosità, ma di questa con ordine ed intelligenza ha fatto a tutti gustare il pregio; e colla sua illibata giustizia, e colla sua ammirabile provvidenza, ha saputo ugualmente correggere, consolare, punire, beneficare. La fiducia grande che ho nella benignità singolarissima dell’E. V., mi anima dunque a presentarle un’umile offerta dell’ossequio mio nella presente Commedia, che io dedico all’eccelso suo Nome, perchè da questo sieno le Opere mie onorate e protette. Son certo che Ella si degnerà di aggradire l’offerta, qualunque ella sia, come un tributo del mio dovere, e mi accorderà il di Lei patrocinio, come un effetto della di Lei benignità e gentilezza, con che mi fo coraggio di protestarmi con profondissima umiliazione
Di V. E.
Vostro Devotiss. Obbligatiss. Servitore |