Filosofia

Canto II
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XIII.

Mira Corrado attonita, ed » oh, come,
» Dice, securo fia ch’ei così dorma,
» Mentre per sua trista cagion tant’occhi
» Ora veglian nel pianto, e senza posa
» Qui s’aggirano i miei? Deh! quale incanto
» A me il rende sì caro! I giorni miei
» Egli serbava, e le dolci compagne
» Allor da morte, e da dolor più crudo
» Forse di morte.... Ed or, che val?.... ma rotto
» De l’infelice è il sonno.... udiam.... sospira....
» Scuotesi.... è desto!....»
Erge colui la fronte,
E pel’ baglior che d’improvviso il fere,
Mal sa se veglj, e vegga. Ambo le mani
Solleva, e l’aspro suon di sue catene

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Gli dice, ahi troppo! ch’ei si sveglia a vita.
» Oh, tu chi sei? Se non de l’aere spirto,
» Chi mai, chi fe’ de’ miei custodi i volti
» Belli così? — »
» Non conosciuta, I’ vegno,
» Pirata, è ver, ma pur tal sonmi grata
» Di generoso oprar, ch’usanza certo
» D’uom tuo pari non fu; mirami, e vedi,
» E rammenta colei, che la tua mano
» Da le fiamme salvava, e da’ più feri
» Compagni tuoi; qual me consiglio or guidi,
» Fra quest’ombre, non so.... So che nemica
» Io non ti son, nè posso, oh dio! vederti
» Così perir!» —
» Se dolce tanto sei,
» Donna gentil, oh! tu sei pur fra tanti
» Unica, cui la barbara speranza
» Lieta non rende.... Ma fu lor ventura,
» Dritto han ben di gioirne;.... e anch’io son grato
» Al pietoso desìo di chi, non sommi,
» Te quì m’invia, consolatrice, amica.»
Strano pur sembri, ma ad estremo affanno
Anco il piacer si lega, onde conforto
Il cuor non n’ha, (che male il duol s’inganna )
Ma ne sorride fra le angoscie ancora.

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Dei condannati saggi ai lieti accenti,
Un dì fêr eco i palchi insanguinati;
Ma quella gioja al petto altrui non corse,
Ove nacque spirò; così sfavilla
Or l’occhio di Corrado, e la sua fronte
A feroce allegrìa così s’increspa,
E i suoi detti così suono han di gioja,
Ch’ultima in terra par che scender debba;
Inusitata inver, chè de la vita
Nel volger breve, fra il mistero, e il sangue
I foschi giorni suoi tutti ei divise.