Filosofia

Canto II
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III.

A lento passo, cauto, reverente,
Entra lo schiavo, cui vegliar commesso
È su l’ultima soglia, e la già curva
Fronte più china, e pria che il labbro esponga
L’affidata novella, il suol con ambo
Le man saluta, e poi,» fra queste mura
» Giunto, dice, è un Dervìs, già prigioniero
» Nel covil dei pirati, ora fuggiasco;
» Narrarne il resto chiede ei stesso.» Tace,
E dallo sguardo di Seidde un segno
Propizio invola, e il silenzioso e pio
Gli adduce innanzi. Su la verde-bruna
Veste le braccia ei tien conserte, il piede
A stento move, basso ha il ciglio, e carco
D’affanni più, che d’età sembra, e il volto
Da lungo sofferir, più che da tema,
Pallido fatto; nero ha il crine, e il serba
Sacro quasi al suo Nume, e lo sovrasta
Un leggiero cappuccio; ogn’altra forma
Lunga e discinta tunica ravvolge,

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E un seno asconde solo al Ciel devolo.
Dimesso sì, ma pur di sè securo,
Ogn’occhio ei sfida ch’ansïoso il guata,
Quasi del suo venir contezza brami,
Pria che il Pascià di favellar conceda.