Il corsaro/Canto II/II
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II
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II.
Col capo avvolto
Di fastoso turbante, in ampia sala
Fra i barbati suoi duci, alteramente
Giace Seidde; condottiero ei stesso
Fia dall’impresa. L’ultimo Pilào
Colle mense sparìo; liquor vietato
(Narra fama così) con empio labbro
Si tracanna il Pascià, mentre, com’uso
È di Moslem severo, ai circostanti
Di più sobrio caffè mescon gli schiavi
L’amaro succo. Spandesi d’intorno,
Il nembo lieve che dai lunghi sorge
Odorosi Chibucchi,1 e le vezzose
Almas,2 sciolgono al suono di bizzarra
Barbarica armonìa vaghe carole,
All’alba sol mover si dee, chè infido
Spesso è tra l’ombre il mar, e per chi l’ore
Spense in orgie festanti, più tranquillo,
Che sul fremente Oceano, posarse
È su morbido letto. A suo talento
S’allegri ognun, non è di pugne or tempo;
Ne l’arte men, che nel Coràn si fidi,
Ancor che tante quì raccolte genti
Rassecurin ben più, che la minaccia
Orgoglïosa del Pascià nol possa.