Il continente misterioso/23. I marinai alla riscossa
Questo testo è completo. |
◄ | 22. Il prigioniero bianco | 24. L'incendio dei boschi | ► |
23.
I MARINAI ALLA RISCOSSA
Mentre nell'accampamento di Niro-Warranga si svolgevano queste scene, Diego e Cardozo non perdevano tempo.
I due bravi marinai, decisi a tutto, pronti ad esporre la loro vita pur di liberare il dottore e di punire i due traditori, si avanzavano a marce forzate lungo le sponde del lago.
L'australiano e la sua famiglia, che avevano già subito scoperte le tracce dei rapitori, li guidavano, senza smarrirle un solo istante. Quei selvaggi pare che abbiano l'olfatto sottile quanto le migliori razze di cani cacciatori e possono dare dei punti, perfino alle pellirosse dell'America settentrionale. Un semplice filo d'erba piegato, un sassolino spostato, un ramicello spezzato, bastano per guidarli e senza tema di sbagliarsi.
Tenendosi sempre nascosti in mezzo ai boschi, dormendo di giorno e marciando solamente di notte per non farsi sorprendere o vedere, i due marinai e i loro nuovi amici, giungevano due giorni dopo, ai primi albori, sulle rive del Fergusson, quasi presso la sua foce.
L'australiano, dopo di aver esaminato accuratamente il terreno e di essersi arrampicato su di un grand'albero della gomma, fece a loro comprendere che si trovava a breve distanza dal villaggio dei rapitori.
— Finalmente! — esclamò il mastro. — Per mille boccaporti!... Ora faremo danzare quelle brutte scimmie!...
— Consigliamoci, marinaio — disse Cardozo.
— Non domando di meglio. L'affare sarà un po' difficile, ma io sono deciso a tutto, anche ad irrompere in mezzo al villaggio, dovessi farmi fracassare il capo da venti boomerangs.
— Hai qualche progetto?
— Sì, Cardozo. Noi attenderemo la notte, daremo fuoco ai boschi che circondano il campo dei selvaggi, ed approfitteremo della confusione degli abitanti per liberare il dottore.
— Ma sai tu, dove si trova il signor Alvaro?
— Diavolo — mormorò il mastro, grattandosi furiosamente il capo. — Ecco quello che bisognerebbe sapere, per non abbruciare il prigioniero, invece di salvarlo.
— Avviciniamoci al campo e nascondiamoci nei suoi dintorni. Vedo al di là del fiume dei grandi boschi, sotto i quali non verremo scoperti.
— Bell'idea, figliuol mio! Andiamo dal nostro amico selvaggio.
L'australiano stava insidiando gli uccelli e ne aveva abbattuti parecchi a colpi di boomerang. Udendo il progetto degli uomini bianchi lo approvò, ma fece a loro intendere che aveva fame e che voleva prima riempire il ventre. Sapendo che non si sarebbe mosso a nessun patto se prima non arrostiva la preda, decisero di aspettare i comodi di quell'affamato; anzi, Cardozo raddoppiò la colazione unendovi una nidiata di piccoli struzzi, che aveva scoperti dietro il tronco di un albero. Avrebbe potuto abbattere con un colpo di fucile anche la madre, che si era mostrata nelle vicinanze, ma una detonazione poteva allarmare i selvaggi del campo e farli accorrere sul luogo.
Divorata la colazione, l'australiano ordinò alla sua famiglia di celarsi in mezzo ad un folto macchione di mulghe ed attraversò il fiume, che era arido, seguito dai due marinai.
Sostò un momento sulla sponda opposta ascoltando con profondo raccoglimento, poi si gettò a terra e si mise a strisciare in direzione del lago, senza produrre il più leggero rumore. Diego e Cardozo tenendo in mano i fucili, lo seguirono in silenzio.
Di passo in passo che si avanzavano in quella foresta, formata di grandi alberi della gomma quasi inariditi e di grandi cespugli secchi o quasi, giungeva ai loro orecchi un lontano mormorìo, che pareva prodotto da un agglomeramento ragguardevole di persone in movimento. Di quando in quando, udivano anche nettamente qualche grido umano.
Ad un tratto echeggiò una detonazione, ma così vicina, che Diego e Cardozo balzarono in piedi, girando all'intorno uno sguardo sospettoso.
— Uno sparo! — esclamò il mastro.
— Un altro — disse Cardozo. — Toh! Un altro ancora!
— che sia il dottore?
— È impossibile, marinaio. Sono colpi separati e tirati da varie direzioni.
— Che Coco eserciti i suoi uomini al bersaglio?... Dov'è il selvaggio?
Cardozo si volse e vide l'australiano che faceva delle larghe e profonde incisioni sul tronco di un eucalipto-karri, alto oltre centocinquanta piedi. Si preparava a scalarlo?
Non si erano ingannati. Il selvaggio, sapendo che il campo era vicinissimo e che, appressandosi di più, potevano venire scoperti, si preparava a salire su quell'osservatorio, dalla cui cima potevasi vedere tutto ciò che facevano i nemici, senza correre il pericolo di essere scoperti.
Fatta la prima incisione, tagliò due marras, due liane madri grosse come un dito pollice, lunghe trenta metri ciascuna; le annodò solidamente, si legò una estremità alla cintola e si mise a salire il colossale tronco, facendo, di metro in metro che si innalzava, delle tacche colla sua scure di pietra per appoggiare i piedi e le mani. Quella manovra difficile, che richiedeva una agilità senza pari, un colpo d'occhio straordinario ed una sicurezza a tutta prova, e che soli gli australiani possono eseguire, fu compiuta in pochi istanti. Raggiunti i rami, il selvaggio si nascose fra il fogliame, poi staccò la lunga liana, assicurandola attorno al tronco dell'albero.
— Ah! Il bravo selvaggio! — esclamò Cardozo. — Ci getta la scala, ben sapendo che non saremmo mai riusciti a salire come ha fatto lui.
— Il furbo! — disse Diego, stropicciandosi allegramente le mani. — E poi andate a predicare che gli australiani sono cretini!...
— Lo dicevi tu l'altro giorno — disse Cardozo ridendo.
— Rendo a loro giustizia; trovo che sono più astuti di noi. Ahò! Salita!
S'aggrappò alla liana e si mise a salire. Malgrado la sua età, il marinaio eseguì la difficile manovra con molta rapidità, raggiungendo il selvaggio, che pareva contentissimo di quella sua trovata. Cardozo in pochi istanti andò a tenere a loro compagnia. Appena girati gli sguardi sul paese circostante, i due marinai non seppero frenare un grido di gioia ed insieme di sorpresa.
Là, a circa quattrocento passi dall'albero, presso le rive del lago, si estendeva un grosso accampamento composto di un centinaio di tuguri, formati di cortecce d'alberi della gomma, appoggiati su pochi bastoni, e di tre capanne più elevate e costruite con qualche cura.
Un duecento australiani, fra uomini, donne e ragazzi, brulicavano per l'accampamento, quali occupati a prepararsi il pranzo, quali ad esercitarsi coi boomerangs, quali a ricostruire i loro miseri abituri. Più lontano, presso una delle tre capanne, un gruppo di uomini circondava un altro, coperto di una camicia rossa, e che teneva in mano un fucile. Pareva che spiegasse loro il meccanismo di quell'arma.
Diego aguzzò gli occhi su quell'uomo, ed emise una sorda imprecazione:
— Lui! — esclamò con accento d'odio. — Ah! se potessi averlo in mano!
— È Niro-Warranga — disse Cardozo. — Il miserabile sta istruendo i suoi uomini.
— Ma dove sarà il dottore?
— Certamente in una di quelle due capanne, che sono difese da una cinta. Guarda, marinaio, guarda!... Esce qualcuno da quella capanna.
— Mille milioni di fulmini!... Il kerredais!...
— Sì, è lui, marinaio!...
— Lui qui!... Ma è Belzebù in persona, quel dannato!... Sta bene! Ti torcerò il collo, te lo giuro!...
— Il dottore non si era ingannato, Diego.
— Sì, ma quelle due canaglie pagheranno il conto. Guarda, il mio progetto si presta a meraviglia: la boscaglia circonda per tre quarti il campo ed è composta di alberi gommiferi. Quale magnifico incendio!...
— E poi?
— Noi strisceremo presso le due capanne e ci nasconderemo in mezzo a quei cespugli ed il nostro australiano e la sua famiglia daranno fuoco alla foresta. Quando i selvaggi, svegliati di soprassalto, usciranno dai loro tuguri, noi balzeremo in mezzo al campo, scaricheremo i nostri fucili e le rivoltelle e ci getteremo sulle tre capanne. In qualcuna troveremo certamente il dottore e...
Il mastro si arrestò bruscamente, guardando con due occhi che mandavano fiamme, Niro-Warranga e i suoi compagni, che stavano trascinando fuori da una delle tre capanne qualche cosa di pesante e che riluceva ai raggi del sole.
— La mitragliatrice! — esclamò, con voce soffocata.
— Che quella capanna sia l'arsenale della tribù?...
— Cardozo... figliuol mio!...
— Cos'hai, marinaio?...
— Lampi e fulmini! Che bella sorpresa prepareremo a quelle scimmie!...
— Spiegati, Diego; mi sembri impazzito!
— Noi ci impadroniremo della mitragliatrice!
— In qual modo?
— Quella capanna è addossata al bosco. Noi questa notte la occuperemo, armeremo la mitragliatrice e quando il selvaggio darà fuoco agli alberi, cominceremo una musica indiavolata.
— E se la capanna è guardata?
— Lo sapremo. Ora silenzio e vediamo cosa fanno quelle canaglie.
Niro-Warranga, fatta portare la mitragliatrice in mezzo al campo, si era messo a manovrarla, da uomo che se ne intende. La caricava, facendo vedere ai suoi sudditi stupiti come dovevano introdursi quelle cartucce, che forse essi avevano dapprima scambiati per giuocattoli degli uomini bianchi; poi la scaricava, lanciando le palle contro gli alberi della foresta vicina. I suoi sudditi però, manifestavano una grande paura ad ogni scarica, e toccavano quell'istrumento di distruzione, i cui effetti li avevano già provati durante l'assalto del dray, con molta diffidenza. Non doveva essere così facile, pel traditore, l'ottenere dei buoni artiglieri, e senza dubbio i suoi soldati avrebbero sempre preferito i loro boomerangs e le loro lancie ai fucili e alla mitragliatrice.
Verso il tramonto, il formidabile arnese fu riportato nella capanna, poi i selvaggi si dispersero pel campo.
I due marinai, dall'alto del loro osservatorio, tutto avevano veduto, ma rimasero colà finché i fuochi del campo furono spenti, e fu una vera fortuna, poiché poterono meglio accertarsi della facilità dell'esecuzione del loro piano. Gli australiani, certi di non venire assaliti, non si erano presi la briga di mettere sentinelle in alcun punto del campo e tanto meno intorno alla capanna, che serviva a loro di arsenale. Solamente dinanzi alle altre due, quattro selvaggi si erano sdraiati dinanzi all'uscita della piccola cinta.
— Tutto va bene — disse il mastro. — Là vi è il prigioniero. Scendiamo, Cardozo e non perdiamo tempo.
S'aggrapparono alla liana e si lasciarono, un dopo l'altro, scivolare fino a terra. Procedendo sempre con molte cautele, uscirono dal bosco ed attraversarono il Fergusson, sulle cui rive ritrovarono i due ragazzi e la loro madre. Diego e Cardozo spiegarono all'australiano il loro progetto, promettendo a lui e alla sua famiglia, se il colpo riusciva, un vestito ed una rivoltella. Il selvaggio, che già conosceva la potenza delle armi degli uomini bianchi, manifestò una gioia immensa a quella proposta. Con un simile arnese di guerra, sarebbe diventato invincibile ed avrebbe, a buon diritto, potuto aspirare ad un'alta carica nella sua tribù.
Fece comprendere che tanto lui quanto la sua famiglia erano pronti ad aiutarli, ma esigeva la consegna dell'arma subito, per potersi difendere, nel caso che venisse assalito durante l'incendio. Cardozo che già contava di equipaggiarsi completamente nell'arsenale della tribù, gli diede la rivoltella ed un pacco di cartucce, insegnandogli il modo di servirsene, manovra che il selvaggio apprese facilmente ed in pochi minuti. Verso le ventitré, il piccolo drappello si poneva in marcia. Il selvaggio, fiero di possedere finalmente anche lui uno di quegli arnesi che tuonano e uccidono a cinquanta passi di distanza, indicava la via senza esitare. Dopo mezz'ora giungeva ai piedi del grande eucalipto, che aveva servito da osservatorio, e pochi minuti più tardi si arrestava a soli trenta passi dalla capanna, che serviva di arsenale alla tribù nemica.