Il continente misterioso/11. I primi sospetti
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11.
I PRIMI SOSPETTI
Il Finke, per lunghezza, è uno dei più ragguardevoli fiumi dell'interno del continente australiano, ma è, si può dire, quasi sempre scarso d'acqua e buona parte dell'anno anche affatto asciutto.
Nasce sui contrafforti dei monti James e Donnell, presso il 134° meridiano e il 25° parallelo, scende con grandi serpeggiamenti verso il sud-est ricevendo il fiume Hugh sulla sua sinistra e il Coglin sulla sua destra, e va a perdersi al di là dei monti Anderson, nelle grandi pianure sabbiose dell'oriente. Alcuni credono invece che termini in qualche serbatoio, in qualche lago o palude, ma non è ancora accertato, nessuno avendolo esplorato fino alla foce. Però tutto indica che finisca col perdersi nelle sabbie, diventando sempre più scarso d'acqua e meno rapido al di là del 26° parallelo.
Nel momento in cui giungevano i viaggiatori, era quasi asciutto. Però qua e là si vedeva, attraverso alle piante, brillare un po' d'acqua che non doveva tardare a sparire col calore insopportabile che regnava in quella regione. Il dottore, che ormai sapeva di non trovare altri fiumi e che prevedeva di dover soffrire la sete, fece subito raccogliere quell'acqua e rinchiuderla nei barili, poi comandò a Niro-Warranga di attraversare il fiume, contando di accamparsi sulla sponda opposta, dove si vedevano alcuni gruppi d'alberi disseccati dall'arsura.
L'australiano, senza prima esaminare il terreno, spinse i buoi di gran passo giù per la riva che era assai scoscesa. Il dray, trabbalzando sulle rocce e nei crepacci, piegandosi or da un lato e or dall'altro e scricchiolando, scese dietro agli animali, ma ad un tratto si abbassò bruscamente da un lato, facendo stramazzare il dottore e i due marinai.
— Mille fulmini! — gridò il mastro. — Vuoi farci ammazzare, Coco?...
— Cos'è accaduto? — chiese il dottore, rialzandosi lestamente.
— Una disgrazia — rispose Cardozo. — Una ruota si è spezzata!
— Non ci mancherebbe altro! — esclamò il mastro.
Balzò dal dray e guardò. Una delle ruote posteriori, presa fra una fessura aperta nella roccia, erasi spezzata a metà, malgrado la sua grossezza e la sua robustezza.
— Siamo arenati come una nave che perde i suoi alberi — disse il mastro. — Furfante di Coco, non hai occhi per vedere i crepacci? Eccoci in un bell'imbarazzo! Dove trovare un falegname, in questo paese?
— I falegnami saremo noi, marinaio — disse Cardozo. — Gli istrumenti non mancano nel dray, e vedo laggiù degli alberi.
— Perderemo due giorni, figliuol mio.
— Che monta?
— Per mille fregate!... Vorrei essere lontano assai, Cardozo. M'ingannerò, ma io dico che quello stregone del malanno e la sua banda di scimmie ci seguono.
— Cosa dite, dottore?
— Che partecipo ai tuoi sospetti, mastro. Gli australiani sono eccessivamente vendicativi, e quello stregone non ti ha perdonato il famoso pugno.
— Ma... toh! — esclamò Diego, che stava esaminando la ruota. — Si direbbe che questa è stata tagliata in vari luoghi e poco tempo fa.
— Oh!... Oh!... — mormorò Cardozo fissando Niro-Warranga, che pareva inquieto. — Cosa dici, Coco?
— Nulla — rispose la guida, tranquillamente.
— Hai veduto nessuno dei tuoi compatrioti, avvicinarsi di soppiatto al dray?
— Nessuno.
— Eppure questa ruota porta delle tracce recenti di parecchi guasti e quello che mi sorprende è, che questi guasti sembrano prodotti con un istrumento assai tagliente, da una lama d'acciaio.
— È impossibile — rispose Niro-Warranga. — I miei compatrioti non hanno che scuri di pietra.
— Bel mistero! — esclamò il mastro, crollando il capo. — Qui sotto, gatta ci cova.
— Il mistero è spiegato — disse il dottore. — Qualcuno aveva interesse a fermarci e ha danneggiata la ruota per immobilizzarci.
— Ma chi? — chiese il mastro.
— Lo stregone o il capo della tribù.
— Ma credete davvero che ci seguano? — chiese Cardozo.
— Ora ne sono certo, ma non ci coglieranno impreparati.
Poi traendo i due marinai presso il fiume, disse a loro:
— Diffidate di Niro-Warranga. Dall'altro giorno questo selvaggio è cambiato e non so cosa vada ruminando nel suo cervello.
— Anch'io comincio a sospettare di lui — disse il mastro. — Mi pare che se la intenda coi suoi compatrioti, ma lo terrò d'occhio e appena m'accorgo di qualche cosa, lo appicco.
— Eppure vi avevano dato delle buone informazioni su di lui — disse Cardozo.
— È vero, — rispose il dottore, — ma chi capisce questi selvaggi? Non bisogna fidarsi anche se sono inciviliti.
— Lo sorveglieremo.
— Ritorniamo al dray, non lasciamogli comprendere che noi diffidiamo di lui, ma teniamo gli occhi bene aperti, specialmente questa notte. Abbiamo percorso un lungo tratto di via, ma gli australiani sono grandi camminatori e possono raggiungerci prima dell'alba. Domani cercheremo di fabbricare un'altra ruota, poi partiremo verso il nord-est con brevi fermate.
— Se mi permettete, io vado intanto a battere i dintorni — disse Cardozo. — Sarò di ritorno per la cena.
— Va', ma non allontanarti troppo dal campo.
Cardozo prese il fucile e s'allontanò seguendo le rive, mentre il mastro, aiutato dall'australiano, accendeva il fuoco, e il dottore esaminava la mitragliatrice onde si trovasse pronta nel caso di un improvviso attacco. Verso le otto, Cardozo era di ritorno portando con sé una coppia di colombe magnifiche, splendidi piccioni, dalle penne azzurre a riflessi ramigni sul petto e verdi cupi con screziature d'un giallo brillante sul dorso, un mocropus fasciato, animaletto grosso quanto uno scoiattolo, colle gambe posteriori tre volte più lunghe di quelle anteriori, il ventre munito di borsa come i kanguri, e il pelame grigio rigato di nero ed un opossum, che aveva ucciso su di un albero, animale che ha del kanguro e della volpe e della cui pelliccia si servono gli australiani per coprirsi.
Il giovane marinaio si era spinto un miglio verso l'est ed era ritornato all'accampamento descrivendo un lungo giro, ma non aveva incontrato nessuno come non aveva notato nulla di sospetto.
Cenarono, poi essendo stanchi per la lunga veglia e pel lungo viaggio, Cardozo e il dottore si coricarono sotto la tela del dray, mentre Diego, più abituato alle fatiche, montava il primo quarto di guardia. Niro-Warranga si era sdraiato sotto il carro, addormentandosi o fingendo di addormentarsi di colpo.
La notte era oscura assai. Un fitto velo di vapori si estendeva in alto, intercettando completamente la debole luce degli astri, e dall'interno del continente spirava un vento così caldo che pareva uscisse da un'immensa fornace.
Un silenzio profondo regnava sulle rive del fiume. Solo di tratto in tratto si udivano stormire le foglie semidisseccate degli alberi, e in lontananza echeggiare le lugubri urla di qualche dingo in cerca di selvaggina. Diego, in preda ad una viva inquietudine che non sapeva vincere, cercava di combattere il sonno che suo malgrado lo assaliva, masticando energicamente la sua cicca, sbarrando gli occhi e pizzicandosi di quando in quando le carni, ma quel vento caldo e snervante, lo intorpidiva a poco a poco.
Discese dal dray tenendo in mano il fucile e fece una passeggiata attorno all'accampamento, salendo la riva. Non vide nulla di sospetto: la vasta pianura appariva deserta e nessun rumore rompeva il silenzio che regnava.
Guardò sotto il dray e non potè trattenere un'esclamazione di sorpresa: Niro-Warranga, che poco prima russava, era scomparso!
— Toh! — esclamò il marinaio, girando all'intorno uno sguardo sospettoso. — Dov'è andato quel pappagallo del malanno? che una bestia lo abbia divorato in un sol boccone?... Ma... che sia io invece la bestia?... In questo paese non ho veduto che cani, animali dalle zampe ineguali e che hanno una borsa sotto il ventre, degli uccelli grandi come un uomo, dei gatti che volano, ma nemmeno una tigre!... Hum!... La matassa s'imbroglia, ed io ci perdo la testa.
Guardò nuovamente sotto il dray, poi girò intorno al campo, risalì la sponda, ma non vide l'australiano. Tese ancora gli orecchi, ma non udì alcun rumore.
— Diamo l'allarme — disse. — Questa scomparsa ha del mistero.
Stava per ritornare al dray, quando, passando accanto ad un grosso albero della gomma che alzavasi solitario presso l'accampamento, sentì cadersi addosso, fra le spalle e la testa, una massa viscida e fredda, pesante cinque o sei chilogrammi.
Cercò di sbarazzarsene scrollando le spalle, ma invece provò un acuto dolore attorno al collo come se cinque o sei lancette gli fossero penetrate nella carne. Spaventato, non sapendo ancora di cosa si trattava, afferrò quell'animale, se animale si poteva chiamare, e si mise a stringerlo, ma le sue dita scivolavano su di una pelle rugosa e viscida. Mandò un grido di terrore.
— Aiuto, Cardozo!... Aiuto... dottore!...
Il giovane marinaio ed Alvaro udendo quell'appello disperato, balzarono in piedi credendo che il mastro fosse stato sorpreso dagli australiani.
— Diego! — gridò Cardozo.
— Accorri, figliuol mio — rispose il mastro che saltava a destra ed a manca come se fosse impazzito. — Ho una bestia che mi divora il collo!
Cardozo e il dottore si precipitarono giù dal dray e si slanciarono verso di lui.
— Gran Dio! — esclamò il giovane marinaio. — che bestia è questa?...
— Strappala, Cardozo! — gridò il mastro, con voce soffocata.
Il marinaio l'afferrò con ambe le mani, e vincendo la ripugnanza che gli ispirava quella massa viscida, tirò a sé con tutte le forze, ma invano. Pareva che fosse incollata, o meglio ancora, inchiodata sulle spalle del mastro.
— A me — disse il dottore. — Non la strapperai.
Apri la navaja che portava alla cintura e la tagliò a metà, con prudenza, onde non ferire il collo del mastro. I due pezzi allora si ripiegarono e caddero a terra con sordo rumore.
— Mille lampi! — esclamò Diego, sentendosi il collo bagnato di sangue. — Che mi abbia rovinato?
— No — rispose il dottore. — Ti ha fatto una cavata di sangue, niente di più.
— Ma provo un bruciore acuto.
— Lo so, ma cesserà presto.
— Ma, infine, che razza di animale mi ha assalito?
— Una sanguisuga.
— Una sanguisuga! Ah per Bacco! Non lo crederò mai.
— Guardala.
Cardozo erasi recato al dray e ritornava portando un ramo di banksia acceso. Si misero ad osservare quell'animale, che il dottore chiamava una sanguisuga. Riunito misurava tre quarti di metro e formava una massa molle, viscida, rugosa, larga venticinque o trenta centimetri, ma senza forma. Non aveva né testa, né coda, né zampe e tanto meno ali; però sul suo corpo si vedevano dei peli lunghi, ma molto rari e d'una certa grossezza.
Rivoltatala, il dottore mostrò ai due marinai stupiti, tre linee di ventose che tramandavano ancora sangue. Contati quei buchi succhianti, videro che erano ottanta.
— Non ho mai veduto un animale simile! — esclamò Cardozo facendo un gesto di ribrezzo. — E voi, dottore, dite che è una sanguisuga?
— Sì, ma d'una nuova specie e che si incontra solamente in questo stravagante continente — rispose Alvaro. — Questi succhiatori di sangue vivono attaccati alla corteccia degli alberi, nutrendosi della materia zuccherina, ma quando sentono passare qualche essere, animale o bestia, si lasciano cadere addosso alla vittima e la dissanguano.
— Ma se non hanno occhi! — disse il mastro. — Io guardo questa brutta bestia, ma non li scorgo in nessuna parte del corpo.
— È vero, ma si crede che i lunghi e radi peli che voi vedete, siano dotati di una eccessiva sensibilità e che avvertano la sanguisuga della presenza della vittima.
— Possono uccidere un bue od un cavallo? — chiese Cardozo.
— No, ma fanno un'abbondante cavata di sangue e non lasciano l'animale, se prima non sono piene al punto di scoppiare. Ma dov'è Niro-Warranga, che non lo vedo.
— Mille fulmini! Non sapete cos'è accaduto? — chiese il mastro.
— No — risposero Cardozo e il dottore.
— È scomparso.
— Lui! Fuggito!...
— E chi dice che io sia fuggito? — chiese una voce dietro di loro. Si volsero tutti tre e si trovarono dinanzi a Niro-Warranga, che teneva in mano la rivoltella regalatagli due giorni prima dal dottore. Pareva tranquillo, ma la sua pelle era lucida ed esalava un acuto odore da selvatico, ciò che indicava come egli sudasse abbondantemente. Diego lo guardò fisso nel bianco degli occhi, dicendo:
— Mio caro Coco, sapresti dirmi da dove vieni, e il motivo della tua misteriosa scomparsa? Io non vedo chiaro in questa gita nella pianura.
— Niro-Warranga ha gli orecchi acuti — rispose l'australiano.
— E che cosa vuoi concludere? — chiese il dottore.
— Che i miei orecchi avevano udito dei rumori sospetti e sono andato a fare una ricognizione.
— Trottando anche come un cavallo? — chiese il mastro, ironicamente. — E perché non avvertirmi, mentre io era di quarto? Mio caro Coco, non vedo chiaro, anzi trovo che fa più oscuro di prima e sento il prepotente bisogno di dirti che se rumini qualche brutta idea nel tuo cervellaccio di scimmia, ti frusto come un cane e poi ti lego un bel pezzo di canape a quel tuo collo da struzzo tisico. Mi comprendi? Ti farò cantare come un pappagallo all'estremità d'un ramo e danzare un corrobori di pessimo genere. Orsù, ho vuotato il gozzo e per ora basta!
Niro-Warranga ascoltò senza batter palpebre quella valanga di parole minacciose, poi tendendo un braccio verso l'oscura pianura, disse con voce perfettamente tranquilla:
— V'ingannate, mastro Diego: udite!...
Il dottore e i due marinai guardarono nella direzione indicata tendendo gli orecchi, ma nessun rumore giunse fino a loro.
— Cosa vuoi dire? — gli chiese il dottore.
— Che Niro-Warranga vegliava.
— Ebbene?
— Che ha scoperto un pericolo per gli uomini bianchi.
— E quale, signor selvaggio? — chiese Diego, ironicamente. Niro-Warranga, invece di rispondere, si curvò verso terra ascoltando con profonda attenzione.
— Eccoli! — esclamò ad un tratto.
Quasi nel medesimo istante si udì echeggiare nella pianura tenebrosa il grido di raccolta degli australiani:
— Cooomooohoooèèè!...