Il cavallarizzo/Libro 2/Capitolo 26


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Cap. 26. Dell'aiuto di persona.


Di questo aiuto io non ve ne dirò altro per hora havendo à parlarne sparsamente ne i castighi de i cavalli mal creati, & nelli aiuti di quelli che sono buoni, eccetto ch’io vi fo intendere, che giova assai, & fa il cavalliere sia stimato da’ riguardanti gran maestro di cavalcare: quando però si faccia con i debiti modi; & à tempi convenienti. Perche il veder andar alquanto piegato innanzi sul cavallo nel trotto, over galoppo comune il cavalcatore, che altro si pò giudicare da quelli, che se ne intendano, se non che lo facci per meglio aitarlo ad andar fermo di testa, & non levarsi più del dovere dinanzi e sbilanciarsi, per sentirsi quel carigo & contrapeso così innanzi, nel galoppare, & poi per haverlo ancora meglio sulle anche nel parare? nel quale dando poi con la persona in dietro, viene à fare che’l cavallo pari sulle anche come si deve. Et quando nel parare cade un poco da banda, medesimamente si giudica, che da quella banda vuole che il cavallo pieghi & resti ancora. Medesimamente non si pò dir altro quando che va piegato da una banda per passeggiar il cavallo, e dall’altra va ben fermo sulla staffa, se non che lo fa per far piegar il collo, e la testa del cavallo dall’istesso lato. Così anco quando nel girarlo stretto alle volte scempie, & anco raddoppiate piega la persona più da un lato che dall’altro, che si pò giudicare se non che lo facci se non per meglio aitarlo à quella mano?