Il cavallarizzo/Libro 1/Capitolo 17

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Cap. 17. Delle balzane remolini, & altri segnali.


Ancorche le balzane, stelle, liste, beve in bianco, & altre simili cose, chiaramente si veda, per le cose sopradette, che da humor flemmatico dalla natura in quei luoghi trasmesso siano poste; tuttavia considerando io la ragione, & con homini di gran giudicio, letteratura, & prattica investigando sopra di questa materia ogni cosa possibile, ò scritta dalli antichi Greci, Latini, & moderni ancora; non ho saputo mai trovare alcuna ragione necessaria, ma ne possibil anco, ò in alcun modo verisimile, ò conducente, con la quale s’acquieti l’intelletto mio; & così tra me stesso risolvendomi, che delle cose segrete, & occulte della natura, non se ne pò rendere ragione alcuna certa, & vera; & massime di certi particolari, & minutie, giudicano esser molto bono à passar questa materia sotto silenzio; & tanto più quanto non solo da ogni mediocre cavallarizzo ma da tutto il populo è saputa hor mai; & ancora con molti proverbi è assai dichiarata. Percioche, chi saprà mai trovar la causa, perche il caval balzano del più destro di dietro, che con proprio vocabolo chiamiamo arzeglio sia disastroso, infortunato, di mala natura, come dicano; & tanto peggiore quanto è migliore il caval balzano dal piè della staffa? Essendo però, & per il mantello, & temperatura di humore, & per forza, prestezza, & agilità uguale? Et per aventura se pure alcuno di questi avanza l’altro in questo l’arzeglio è d’esso. Et similmente, che ragion pò persuadere l’intelletto, che i cavalli balzani de i [p. 28v modifica]dui piedi dinanzi, & un altro dietro, siano medesimamente disastrosi, & di poco valore? Et all’incontro che i cavalli balzani da due piedi di dietro, siano boni, & perfetti? Et finalmente che le balzane debbano essere più presto di dietro, che dinanti à far bono, ò manco bono il cavallo? Che ragion anco vale, che la sfaciatura, quanto più si viene à perdere verso il muso del cavallo, tanto più lo facci migliore, & massimo facendo di mezzo il fronte per dritto? Et parmi che quando noi non habbiamo ragione da rendere in quelli che vogliamo dimostrare, che vani sia il parlar nostro: se almeno con l’autorità, & essempij de gl’antichi, & periti homini non lo proviamo. I quali se ben essi non le refero; si pò presupporre nondimeno quasi per ragion manifesta: da che l’auttorità, & saper loro è tale, che si de credere, che non havrebbono detto cosa senza fondamento di ragione. Da qui viene, che {{w:Pitagora|Pitagora}} sapientissimo s’acquistò quel gran credito nel dire, che sol bastava al legando l’auttorità sua dire, egli la detto. Per il che venendo io dunque all’auttorità de gl’antichi, lasciando da parte alcune ragione, che adducono alcuni moderni, come quelle che agevolmente si possono ributtare. Perche chi negherà mai, per gratia di essempio, che più sana non sia quella testa, nella quale non abondi humidità, & freddezza, che quell’altra che abonderà di tali humori ancor che stranuti spesso? segno della qual humidezza è esso stranuto? & la comitie ancora. Che meglio non sia al non haver humor salso, & pituitoso nel corpo, che haverlo? ancor che la gagliardezza, della natura di quello, lo trasmetti fuori in alcun membro, & luogo più atto à lei à questo fare? Hor chi pò capir questo? capisca, & facci la deduttione conveniente in simili sfaciature, & segnali di flemma. Et ritornando dove ci siamo partiti dico con l’auttorità de gl’antichi, ch’io trovo in bonissimi auttori; & massime in Assirto, il quale vole che il cavallo il quale ha la bocca, & il muso tutto bianco; dia inditio di perfettione grande, & molto più se havrà tutta la faccia, & anco tutta la testa bianca esser segno di bontà grande, & doversi più tardivamente invecchiare. Ma se pure alcuno volesse dire, che ancor delle cose suddette sì per render ragione, & che i segni sopradetti meritamente sono schivati, ò prezzati assai, per essere il flemma di che è segno la bianchezza, humor freddo, & humido; & però atto à far quella parte, dove questo humore abbonda più tarda, & debole; il che sopra tutte le parti si deve fuggire nelle parti destre, & davanti come quelle, delle quali il cavallo più si prevali, & però è stato necessario che siano più agili, & forti i balzani dalla staffa, che gl’arzegli, & più il balzani di dietro, che quelli dinanti; percioche dinanti deve havere più forza il cavallo, che di dietro. Rispondo brevemente, che questa ragione ha più dell’apparente, che del vero: percioche come si potrà ugualmente il cavalliero valersi del cavallo che habbia la parte destra ferma, & la sinistra debole? Et se mi dicesse che [p. 29r modifica]più della destra la ragion dell’uso d’hoggi vole, che si prevagli che della sinistra; risponderei con Senofonte, che l’uso antichissimo, dal quale havemo cioche di bono havemo in quest’arte, era altrimenti, percioche l’agitatione de’ cavalli fatte da cavallieri erano molto più spesso fatte sulla man sinistra che sulla destra. Ma lasciamo questo, come potrà mai il cavalliero ridurre il suo cavallo con disciplina bona à fermezza vera, & al combattere bisognando più sulla sinistra, che sulla destra? Il che pò accadere, & spesso accade in guerra, in duelli; & nella folta di tornei, se havrà il suo cavallo più questa che quell’altra gamba forte over debole. Et similmente se il flemma indebolisce ne gli estremi, come si vedriano tanti cavalli con balzane alle gambe dinanzi leggierissimi, & sciolti; & per contrario anco de’ gravosi & legati? Et l’esperientia delle cose maestra, mostra per fortificare l’opinion mia che la debolezza, & fortezza, prestezza, & tardezza dalle temperie di tutto il corpo, & dalla dispositione, & proportione sua, non da piccole balzane, & poco forza di poco humore nasce, & depende. Et però havendole io in questo conto, & stima; non ne dirò altro, ma mi rimetto chi vole saperne, all’uso di questa età, non volendo in questo nè anco parere più savio de gl’altri. Ma avertite peroche non per questo io biasimo i segni, & le balzane; havendovi disopra biasimato i zaini, & i morelli con gl’altri cavalli senza segnali. Ne accade allegarmi che il caval Seiano pur si conobbe da i Romani a i segni, che era d’infelice augurio, & constellatione, ch’io risponderei, che ben lo conobbero, si ai segni, ma à quali? se non à quelli della morte de’ soi patroni, & all’ultimo dall’anegarsi anch’egli insieme con l’ultimo suo signore. Leggete Auolo Celio, & altri, che n’hanno scritto; & vedrete ch’egli è, come dico io. De i remolini, over cerchietti, penne, over spade Romane, direi il medesimo, & forse peggio per haver visto cavalli così segnati nel più esser gran rozzoni, & vitiosi, se forse alcuni più giudicioso non volesse dire, che i cavalli che hanno simili segnali dinotano esser nati nel tempo che il sole è nel segno del leone per esser proprietà del calore accidentale, come si veder generalmente negli Etiopi, in quelli però che non sono Persiani, ma Africani, li quali tutti per questo hanno il pelo riccio, & del calore naturale ancora, è proprio, & de i metai, & vie torte nella carne di fare, sì, come dissemo il pelo torto, & riccio. Et però dal volgo potriano facilmente esser detti cavalli agostini, come si dicano, & dal colocarsi anco ben spesso nelle acque per la siccità, & calore intrinseco, & estrinseco, che hanno sortito in quel tempo. Benche fin à sei anni si pò conoscer chiaro da i denti, se il cavallo è nato nel mese che il Sole è nel segno del leone, over quando, in quello del Tauro.