Il cavaliere e la dama/Lettera di dedica
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A SUA ECCELLENZA
LA SIGNORA
DONNA PAOLA VISCONTI
ARESE1 LITTA
MARCHESA DI GAMBALO, GARBANA E REMONDÒ,
Contessa di Valle Lumelina, Signora di Trenzanese
e Torazza, Marchesa di Castelnuovo
Belbo, Grande di Spagna ecc. ecc.2
E non avrebbe Ella confidato soltanto nelle vostre grandi ricchezze, poichè quantunque Iddio abbia i ricchi costituiti depositari della sua Provvidenza per lo soccorso de’ poveri, pochi non sono quelli che se ne innamorano soverchiamente, e fanno dell’oro e dell’argento il loro idolo più diletto; ma confidato avrebbe nella vostra magnanima liberalità, nel generoso animo vostro, il quale in mezzo ad una città magnifica, in cui il vizio che più si aborre è quello dell’avarizia, sa farsi distinguere, sa fare il miglior uso delle ricchezze, e rendesi la delizia dei cittadini e l’ammirazione de’ forestieri.
E nè tampoco la sola grandezza della Vostra nascita bastata sarebbe ad assicurare la sventurata donna Eleonora, poichè quantunque i Grandi abbiano nelle loro mani la potestà di soccorrere i miseri, non mancano quelli che li disprezzano, e che da sè bruscamente scacciandoli, accrescono le loro afflizioni e le miserie loro. Affidata sarebbesi certamente alla vostra dolcissima affabilità, a quella soavità di costumi che tutti sa costringere ad ammirarvi e ad amarvi, a quella singolare benignità e clemenza, che vi rende sensibile alle altrui disgrazie e sollecita nel ripararle. Voi, nata della famiglia Visconti, Voi, collocata in quella dei Litta, siete partecipe di due gran Case, principali in Italia, illustri in Milano e note al mondo tutto, poichè le Storie piene sono de’ loro nomi, de’ loro meriti e delle eroiche azioni loro. Voi, dico, piena di tanta gloria, e in tanta gloria umile più che mai, tutti benignamente ascoltar solete, degnate tutti, e della vostra protezione non siete scarsa con chi che sia.
Ma se la Dama della mia Commedia è una favola, vero è che io ne sono l’Autore, povero, per altra ragione, assai più di quella, poichè di merito e di virtù mal fornito, ed è certissimo che ho bisogno di protezione più che altri avessero mai.
Conoscendo io pertanto, fra gl’infiniti pregi dell’E. V., quello di non misurare le grazie dal merito di chi le chiede, ma dalla grandezza del Vostro animo, vengo per interceder da Voi quello ch’io certamente non merito, ma che Voi non mi saprete negare. Dir m’intendo la protezion Vostra a me ed alle opere mie, in quella maniera che ad una persona, che avesse la virtù e il merito di donna Eleonora, concederla vi compiacereste. E perchè a me derivi di tal protezione il più onorevole frutto, degnatevi che io fregiar possa del venerabile nome Vostro questa Commedia mia, la quale sendo una delle più dilette figliuole del mio intelletto, mi rende sollecito a procurarle un rifugio pari all’affetto mio.
Il titolo della Commedia, che all’E. V. umilmente raccomandare ardisco, è il Cavaliere e la Dama, sendomi con tutte le forze mie industriato proporre in due soggetti nobili l’esempio della vera virtù. Ma questo trovasi perfettamente nella nobilissima Casa di V. E., in cui Voi siete il prototipo delle Dame, siccome lo è dei Cavalieri più illustri l’Eccellentiss. Signor Marchese Vostro, e Voi insegnar potete come si uniscano il decoro e la gentilezza, mentr’egli ammaestra quanto accresca pregio alla grandezza del sangue la piacevolezza del tratto.
Pieno dunque d’ardire e di fiducia, all’E. V. io mi presento, e questa povera Commedia mia umilmente v’offerisco e raccomando, supplicandovi me sotto il manto dell’autorevole protezione Vostra accogliere e ricovrare, e concedermi che nel ruolo de’ Vostri servi possa a gloria mia annoverarmi.
Di V. E.
Ferrara, li 29 Aprile 17523.
Umiliss. Divotiss. e Obbligatiss. Serv. |