Il capitano della Djumna/Parte seconda/8. Fra la marea ed i selvaggi

../7. Fra le foreste della Piccola Andamana

../9. L'inseguimento IncludiIntestazione 17 dicembre 2016 75% Da definire

Parte seconda - 7. Fra le foreste della Piccola Andamana Parte seconda - 9. L'inseguimento

8. FRA LA MAREA ED I SELVAGGI


Quella rupe sulla quale si erano rifugiati, preferendola alla foresta dove potevano cadere in qualche imboscata e venire bersagliati da tutte le parti dalle piccole, ma non meno micidiali frecce dei selvaggi, era uno scoglio di non vaste proporzioni, alto una mezza dozzina di metri e che terminava in una piccola piattaforma.

Era il più avanzato verso il mare, quindi un accerchiamento da parte degli andamani non poteva avvenire, senza canotti o scialuppe. E poi, fra la riva e la rupe correvano tre o quattrocento metri di spazio ingombro da scoglietti e da banchi di sabbia ed intersecato da canali, che ad alta marea non potevansi varcare che a nuoto.

Alì era stato quindi fortunato nella sua scelta e poteva aspettare tranquillamente l'assalto dei selvaggi.

Questi erano già comparsi sulla spiaggia, ma non avevano osato scendere verso le scogliere, pensando forse, ed a ragione, che i due fuggiaschi non avrebbero potuto sottrarsi così facilmente alla caccia. Erano però accresciuti di numero. Invece d'una dozzina erano diventati venti o ventidue e si aggiravano fra le sabbie, senza mostrare, almeno pel momento, delle intenzioni ostili.

Dovevano appartenere a qualche tribù diversa dagli andamani. Infatti mentre questi sono ordinariamente di statura assai bassa ed esilissimi, quegli isolani erano piuttosto alti, ben complessi, con spalle quadre e meno oscuri dei primi. Forse facevano parte di qualche colonia venuta dalle isole Nicobar, se pur su quelle isole non esisteva internamente una razza un po' diversa e più robusta di quella costiera.

— Sembravano malcontenti della nostra pronta ritirata — disse Alì che li osservava attentamente. — Essi speravano di certo di sorprenderci prima che lasciassimo la foresta.

— Padrone — disse Sciapal. — Credi che quei selvaggi siano realmente pericolosi?

— Veramente, come già ti dissi, non ho udito mai parlare troppo bene degli andamani. Alcuni assicurano che non facciano delle smorfie dinanzi ad un arrosto di carne umana. Che ciò sia vero od una esagerazione non te lo saprei dire. Converrai però anche tu che facciamo bene a tenerci lontani ed a non lasciarci prendere.

— E se non fossero antropofaghi ed i viaggiatori avessero raccontato delle frottole?

— Hai mai udito a parlare della sorte toccata all'Onueih?

— No, padrone.

— Se ci fosse qui il mio amico Bak, non ti darebbe certo delle buone informazioni sugli andamani. Se avremo il tempo, ti narrerò quella istoria e ti persuaderai che razza di bricconi sono questi isolani anche non essendo cannibali. Apriamo gli occhi, Sciapal e non lasciamoli avvicinarsi. La schiavitù non fa per me e nemmeno per te. Che cosa fanno quei bruti? Ritornano nella foresta lasciando però delle sentinelle. Hum! Tuttociò non mi tranquillizza affatto, mio caro Sciapal.

I selvaggi dopo d'aver ronzato qualche tempo fra le prime scogliere che la marea a poco a poco scopriva, si erano nuovamente ritirati sulla spiaggia e la maggior parte di essi era rientrata nella foresta, lasciando una mezza dozzina di compagni nascosti dietro le rocce emergenti ancora dalle acque.

— I furfanti! — esclamò ad un tratto Alì. — Ora comprendo il loro piano.

— Ed io nulla affatto, padrone — disse l'indiano.

— Scommetterei le mie pistole contro uno dei loro archi, che si preparano ad assalirci dalla parte del mare.

— Con che cosa?

— Con delle zattere e con qualche cosa di simile. Ah! Se avessi un buon fucile fra le mani come sloggerei intanto quegli spioni che ci tengono d'occhio, mentre con queste armi nulla posso tentare.

— Garrovi ha portato via tutto.

— Sì, quel miserabile! — gridò Alì, preso da un subitaneo furore. — Ma lo ritroverò un giorno, dovessi frugare l'India intera e non avrà grazia da me! Orvia, non occupiamoci di lui per ora, bensì di quei selvaggi, sulle cui intenzioni non dobbiamo farci troppa illusione. Il sole sta per calare e fra qualche ora sarà notte. Aspetteranno le tenebre per sorprenderci.

— E noi non saremo così sciocchi da addormentarci, è vero, padrone?

Alì non rispose. Aveva abbassati gli sguardi verso i banchi e le scogliere i quali a poco a poco venivano coperti dall'alta marea. Una profonda ruga erasi improvvisamente delineata sulla sua fronte. Rialzò il capo, guardando Sciapal. Nei suoi occhi brillava una inquietudine così intensa che non sfuggì all'indiano.

— Che cos'hai, padrone? — gli chiese.

— Temo che noi abbiamo commessa una grave imprudenza rifugiandoci su questo scoglio.

— Perché?

— Le maree sono forti nel golfo del Bengala e lo scoglio è ben poco alto.

— Non ti comprendo.

— Quando la marea avrà raggiunta la sua massima altezza, saremo ancora all'asciutto? Hai tu pensato a questo pericolo, Sciapal? E guarda che l'onda comincia a diventare forte, spinta e sollevata dalla brezza della sera.

L'indiano era diventato grigiastro, ossia pallidissimo.

— La marea — disse.

— Stamane, prima che noi ci cacciassimo nella foresta, l'hai notata questa rupe? La marea allora era alta.

— No, padrone.

— Allora vuol dire che noi passeremo una pessima notte e che correremo il pericolo o di venire trascinati via dalle onde della risacca o affogati. Né io, né tu potremmo resistere delle ore nuotando continuamente intorno allo scoglio. Non siamo troppo abili nuotatori.

— Credi che la marea copra interamente questa rupe?

— Stamane nessuno l'aveva scorta.

— Sicché dovremo resistere all'assalto delle onde ed agli andamani?...

Alì era diventato muto. Guardava l'onda prodotta dalla marea che batteva fortemente lo scoglio e che s'infrangeva con violenza contro le pareti con dei muggiti prolungati.

Le maree del golfo del Bengala non raggiungono le altezze straordinarie che si osservano nella Manica, pure sono notevolissime, specialmente quando soffiano i monsoni.

Non è raro vederle toccare i sei, anche gli otto metri, mentre quello scoglio non emergeva che per sei e qualche piede.

Avrebbero potuto, quei disgraziati, resistere all'impeto della risacca, che doveva essere foltissima con quel fondo rotto da banchi sabbiosi e da scogliere tagliate quasi a picco?

— Padrone — disse Sciapal. — Che cosa possiamo fare? Se cercassimo, col favor delle tenebre, di tornare nella foresta?

— E gli andamani? Oh! Veglieranno per non lasciarci fuggire, non dubitare.

— E non vi è nessun scoglio più alto presso di noi!...

— E vedo anche degli squali nuotare nei cavi delle onde — disse Alì, la cui fronte diventava sempre più pensierosa. — Bella notte! Sarà un miracolo se noi domani saremo ancora vivi. O cadremo sotto le frecce degli isolani o tagliati in due dai denti delle zigaene o dei pescicani! Brutta prospettiva, mio caro Sciapal! Tuttavia non disperiamo. La marea può essere meno di quello che crediamo e potrebbe darsi il caso che le onde non giungessero fino a noi. Che cosa fanno i selvaggi?

— Cercano d'avvicinarsi.

— Ah! Alto là, miei cari, ho ancora le mie pistole e delle munizioni.

Alì si era voltato verso la spiaggia. Gl'isolani che erano tornati nella foresta non si erano ancora fatti vedere.

I loro compagni invece, che dovevano aver ricevuto l'incarico di sorvegliare i due fuggiaschi, cercavano dal canto loro di tentare qualche cosa. Uno, che pareva il più alto di tutti e che doveva essere qualche capo, a giudicarlo dal gran numero di scaglie di testuggine che gli ornavano il petto, formando parecchie file di collane, aveva già attraversato a nuoto due canali e si era issato su uno scoglietto che si trovava a soli cinquanta passi dalla rupe occupata da Alì e dall'indiano.

Teneva in mano un lungo arco e pareva che misurasse la distanza, come se volesse accertarsi se una freccia poteva giungere fino al rifugio dei fuggiaschi.

— Medita una aggressione — disse Sciapal.

— Le loro frecce, lanciate ad una certa distanza, non sono molto pericolose — disse Alì. — Hanno la punta formata da una spina di pesce, non conoscendo questi isolani il ferro.

— Provati a mandargli una palla, padrone.

— Aspetta che si avvicini. Le mie pistole sono di buon calibro, ma non hanno molta portata, come d'altronde si verifica in tutte le armi corte.

— Sapendoci armati, diverranno più prudenti.

— S'accosterà, non ne dubito.

Il selvaggio, incoraggiato forse dall'inazione dei due fuggiaschi e credendoli sprovvisti d'armi, non essendo da presumersi che conoscesse le pistole, era sceso dallo scoglio e stava attraversando un terzo canale, tenendo fra i denti l'arco. Prese terra a trenta passi dalla rupe, arrampicandosi su un altro scoglietto che la marea non aveva interamente coperto. Desideroso di dare una prova di valore ai suoi compagni che lo osservavano dalla spiaggia, incoraggiandolo con alte grida, si gettò a terra e tese l'arco incoccando una freccia.

— Bada, Sciapal — disse Alì. — Imita la sua manovra, tu che non hai che una semplice camicia, insufficiente ad arrestare quei dardi.

L'indiano si era appena coricato, quando una freccia, lanciata da una mano abile, passava sullo scoglio, precisamente nel punto poco prima occupato dall'indiano. Oltrepassò il posto d'una diecina di metri, cadendo in mare.

— Il furfante è valente — disse Alì. — Anch'io però non sono un cattivo tiratore.

Puntò una delle due pistole, mirando con grande attenzione. Il selvaggio stava in quel momento alzandosi per giudicare l'effetto del suo dardo e si mostrava in pieno, profilandosi sull'infuocato orizzonte. L'anglo-indiano, a cui premeva dare un saggio della sua abilità e far anche comprendere agli assalitori che non era assolutamente inerme, aveva fatto fuoco.

La detonazione era appena echeggiata, quando si vide il selvaggio accasciarsi su se stesso, lasciandosi sfuggire l'arco.

Si tenne un momento ritto sulle ginocchia, poi stramazzò giù dalla scogliera, scomparendo fra le onde.

In quell'istesso momento il sole scompariva in mare ed una oscurità quasi fulminea piombava sull'isola e sul vasto golfo del Bengala.

— È andato — disse Sciapal, mentre i selvaggi rimasti sulla spiaggia fuggivano in tutte le direzioni, urlando come una banda di oche spaventate. — Un bel tiro in fede mia, padrone, specialmente con un'arma così corta.

— Sono contento di essere ancora un buon bersagliere — rispose Alì. — Vedremo ora se quei selvaggi, dopo una simile lezione, oseranno assalirci. Le armi da fuoco producono sempre un profondo effetto sui popoli primitivi. E la marea?

— Monta sempre, padrone.

Alì si alzò e guardò lo scoglio.

L'acqua l'aveva già coperto per tre quarti e la schiuma delle onde, prodotta dalla risacca che si faceva sentire violentissima, cominciava a spruzzare la piccola piattaforma.

Anche Pandu si mostrava inquieto e latrava incessantemente, mostrando i denti.

— Che cosa dici, padrone? — chiese Sciapal.

Alì Middel scosse il capo senza pronunciare parola.

Stette così parecchi minuti, guardando le onde che venivano dal largo, scrosciando e rimbalzando sui banchi, poi disse all'indiano:

— Vedo dei fuchi che mi sembrano secchi, dispersi per la piattaforma. Raccoglili e cerchiamo di accendere un fuoco. Così almeno vedremo se gli andamani si avvicinano.

Mentre Sciapal s'affrettava ad obbedire, si diresse verso il margine che prospettava la riva.

Le tenebre avevano ormai avvolto il mare e la terra, però vi era ancora qualche barlume di luce che si proiettava verso l'isola.

Osservò attentamente la spiaggia e non scorse nessuno. Avevano gli andamani, dopo l'uccisione del loro compagno, rinunciato all'idea di assalire i due fuggiaschi, ora che li sapevano in possesso delle temute armi da fuoco o si preparavano silenziosamente ad assalirli dalla parte del mare? Assai inquieto, tornò verso Sciapal, il quale intanto aveva raccolti tutti i fuchi che l'ardente calore del sole aveva perfettamente disseccati durante la giornata.

Avendo sempre l'acciarino, li accese, poi si sedette presso la fiamma e vuotò le tasche che erano piene di manghi.

— Mangiamo, Sciapal — disse.

Si misero a mangiare in silenzio alcuni manghi, entrambi preoccupatissimi, mentre Pandu coricato presso l'orlo della piattaforma ringhiava alle onde, che salivano sempre muggendo cupamente fra le tenebre.

Verso la costa non si scorgeva più nulla. Essendo il cielo coperto da una nebbia piuttosto folta e non essendovi la luna, era impossibile discernere la foresta. Ma che cosa facevano dunque gli andamani? Si erano ritirati nel folto delle loro selve, stimando troppo pericoloso assalire quegli stranieri, o approfittando dell'oscurità, stavano avvicinandosi di soppiatto per sorprenderli? Ecco quello che si chiedeva ansiosamente Alì, il quale a quel silenzio avrebbe preferito un attacco diretto.

Nessun pericolo però in quel momento doveva minacciarli. Pandu se ne sarebbe accorto e avrebbe dato l'allarme mentre invece se ne stava tranquillo prendendosela solamente colle onde che salivano coll'alta marea. Alì e Sciapal, sdraiati presso il fuoco che consumava rapidamente non essendovi altri fuchi per alimentarlo, aspettavano senza parlare. Entrambi di quando in quando si alzavano, per dare uno sguardo verso la costa, poi tornavano a riprendere il loro posto.

Avevano cenato da qualche ora, quando un'onda s'infranse contro l'orlo della piattaforma e spense bruscamente il fuoco.

Alì e l'indiano si erano alzati di colpo, scuotendosi di dosso la spuma che aveva inzuppate le loro vesti.

— Ecco la marea che ci piomba addosso — disse Alì. — Fra poco saremo in acqua.

— Padrone, — disse l'indiano, — prima che le onde ci spazzino via, lasciamo questo scoglio.

— E dove vuoi andare?

— Da qui alla spiaggia non vi sono che quattrocento metri e l'onda della risacca ci porterà.

— E se la costa fosse guardata? Chi ci assicura che gli andamani abbiano abbandonato i loro progetti?

— Sarebbero già venuti con qualche zattera, mentre io non scorgo nulla. E poi la notte è oscura e potremo approdare senza venire scorti.

— Ed i pescicani?

— Speriamo di non incontrarne.

Alì fece il giro della piattaforma, le onde vi giungevano già impetuosamente, spazzandola da un capo all'altro.

Senza un buon punto di appoggio sarebbe stato assolutamente impossibile resistere a quegli assalti.

Era meglio tentare la sorte, prima che giungessero anche gli andamani ad aggravare maggiormente la loro situazione già abbastanza critica.

— Sì — disse Alì. — Andiamocene, Sciapal. Aspetta che mi leghi le pistole e le munizioni sul capo onde non ci troviamo senza armi da fuoco, poi ci getteremo in acqua.

In quel momento udirono Pandu latrare lungamente, colla testa voltata verso la costa.

— Il cane ci segnala un pericolo — disse Alì, trasalendo.

— Che gli andamani stiano per giungere? — chiese Sciapal.

Il capitano della Djumna guardò lo spazio racchiuso fra la spiaggia e lo scoglio, che le onde percorrevano balzando e rimbalzando sui bassifondi e fra gli scoglietti e gli parve discernere una grand'ombra, che ora appariva sulle creste ed ora affondava negli avvallamenti.

— Che sia una zattera? — si chiese.

Si legò rapidamente le pistole e le borse contenenti le munizioni, assicurandosele bene sul capo colla sua lunga fascia di lana rossa e riparandole col cappello a larghe tese, poi disse a Sciapal ed a Pandu:

— In acqua!