Il campiello/Lettera di dedica

Lettera di dedica

../ ../L’autore a chi legge IncludiIntestazione 20 maggio 2020 100% Da definire

Il campiello L'autore a chi legge
[p. 289 modifica]

A SUA ECCELLENZA

IL SIGNOR

ANTONIO MARINO ALVISE

PRIULI

PATRIZIO VENETO1.

N
ON vorrei che l’E. V. mi attribuisse la taccia di troppo ardito, abusandomi di quella benignità e protezione che mi ha finora largamente impartita. So che dovria bastarmi l’onore accordatomi allora quando l'E. V., unitasi in matrimonio colla Nobilissima Dama la Signora Lucrezia Manin, mi ha concesso manifestare la mia esultanza, e si è degnata d’accogliere graziosamente i miei versi, se non dicevoli agl’illustri nomi dei Sposi, adattati almeno alla festosa congiuntura di nozze. Il mio Poemetto comico, intitolato Il Burchiello2, mi diede il campo di offerirle umilmente un primo attestato di venerazione e di ossequio, e il mezzo fu per me fortunato, onde poter in pubblico comparire colla divisa di suo umilissimo servidore. Questa gloria dovea bastarmi, eppure a dismisura per me si vide moltiplicata, allorché la Santità di Nostro Signore Clemente XIII, felicemente regnante, diede la Sacra Porpora all’Eminentissimo Signor Cardinale, fratello degnissimo dell’E. V.3 Giunsemi in tale occasione il comando di tessere una Cantata a più voci, per accrescere con questo pubblico novello divertimento la magnificenza delle splendide feste, e tanta forza ebber sopra di me gli autorevoli cenni, che senza riflettere [p. 290 modifica]all’angustia del tempo in due soli giorni ristretto, senza atterrirmi della sublimità dell’argomento, e senza pensare alla scarsezza del mio talento, ho Voluto espormi più tosto alla critica degl’indiscreti, anzichè perdere una sì felice occasione di esercitare la mia obbedienza. L’Oracolo del Vaticano fu il soggetto della Cantata4. Il Merito, l’Umiltà e la Giustizia furono interlocutori, e se non giunse il mio stile a decorar guest’opera degnamente, son certo almeno che l’Umiltà ed il Merito sono i distintivi caratteri di quell’eroe Porporato, e la Giustizia sola aperse il labbro al Sovrano Pastore di Santa Chiesa.

Doveva dunque essere sodisfatta appieno la mia ambizione, contento di questa nuova onorifica testimonianza della mia servitù inverso l'E. V., e della di lei benignissima propensione verso di me. Eppure sono insaziabile in questo, e non so mettermi in quiete se non ottengo qualche cosa di più. Consideri l’E. V., che le due operette delle quali ho parlato, fatto l’uffizio loro nelle respettive occasioni per cui furono pubblicate, comecchè in piccioli volumetti raccolte, svaniscono facilmente, e non poss’io sperare col mezzo loro il costante perpetuo fregio di vedere impresso il mio nome sotto la di Lei protezione. Le mie Commedie non meritano maggior ventura, ma pure la quantità dei volumi e le nuove impressioni che veggonsi di esse in varie parti intraprese, mi lusingano che non abbiano ad essere di così scarsa durata, e che dopo di me passeranno ancora per qualche tempo fra le mani degli uomini. Ecco dunque dove aspirano le mie brame. Per rendermi pienamente contento, ho da vedere l’illustre nome di V. E. in fronte di una mia Commedia, per onorare i miei Tomi e rendere rispettato il mio nome ed invidiata la mia fortuna. Ma io questa grazia son tanto certo di conseguirla, che ho prima pensato a formar la Dedica, e poi a domandargliene la permissione. Non è fondata la mia speranza sul valore dell’opera che all’E. V. offerisco, che anzi dovrei vergognarmi di presentargliela, ma sta unicamente la mia fiducia in quel bellissimo cuore che ho in Lei conosciuto, [p. 291 modifica]e in cari incontri sperimentato. Nel mio sopraccennato Burchiello ho rammemorati con giubilo quei dì felici, nei quali ebbi agio di convivere secolei nella villeggiatura deliziosissima di Bagnoli, di cui ho altre volte nei fogli miei ragionato5. Ho data un’idea in succinto dei valorosissimi recitanti delle Commedie, che colà nella state si rappresentano, e diedi all’E. V. quella lode che anche per questo gli è ben dovuta. Ma chi lodarla volesse per tutti quei meriti de’ quali è adorna, troppo lunga e malagevole impresa per me sarebbe. Tre cose principalmente non posso di Lei tacere, perchè sono quelle che più delle altre mi toccano: liberalità di cuore, sincerità di animo e bontà di costumi. Colla prima si concilia il rispetto dagl'inferiori, colla seconda si procaccia l’amor degli Amici, e colla terza l’estimazion della Patria. Tre fratelli, che compongono presentemente la Nobilissima di Lei Casa, dimostrano veramente la decantata perfezione del numero ternario. L’Eminentissimo signor Cardinale, Vescovo esemplarissimo della città di Vicenza, è di tante virtù ripieno, che per lodarle necessario sarebbe di possederle, ed il maggior elogio che possa farsi al di Lui merito, si è il poter dire che il gloriosissimo Regnante Sommo Pontefice, di tanta pietà e di tanta scienza ripieno, lo ha creduto degno dell’amor suo, e non ha tardato a dargliene una sì grande e sì compita dimostrazione. L’Eccellentissimo signor Giovanni, maggior degli altri in età6, ed eguale a tutti nel cuor magnanimo e nella nobiltà dei pensieri, ha dato al mondo saggi infallibili della più esimia prudenza, della più esemplare modestia, e tanto nelle pubbliche cure, quanto nei domestici affari, ha usato sempre la rettitudine, la carità, la giustizia. V. E., destinato al dolce peso di assicurare alla casa l’importantissima successione, avuta la benedizion dal Signore di una Sposa adorabile per le sue qualità, e venerabile per il suo linguaggio, batte la via degli onori e quel della indispensabile società, utile tanto in una Repubblica, quanto forse il merito stesso della persona. Siete insomma tre virtuosi [p. 292 modifica]Germani, nella nobil gara impegnati di seguitare le orme gloriose dei Vostri Progenitori. Noti sono i Priuli fino dai primi tempi della nascente Repubblica, ne vi fu grado sublime, autorevole in terra e in mare, che non sia stato da alcuno di essi occupato; e un Germano successe all’altro nella Ducale amplissima Dignità. Dunque in quel tempo ancora i fratelli Priuli si emulavano nelle virtù, nei meriti e negli onori, e questo sì bel costume serbasi fra le mura dell’E. V. gelosamente. S’Ella mi concede adunque potermi gloriare della sua protezione, son certo di acquistar l’altra ancora da’ Venerabili suoi Fratelli, e che potrò un giorno col di Lei mezzo baciare la Sacra Porpora all’Eminentissimo Signor Cardinale, e nuovamente inchinarmi all’Eccellentissimo Signor Giovanni, e pubblicamente ostentare quel titolo si specioso con cui ossequiosamente ho l’onore di sottoscrivermi

Di V. E.



Umiliss. Ossequiosiss. Obbligatiss. Servidore
Carlo Goldoni.



Note

  1. La lettera di dedica che qui segue, uscì a stampa nel novembre del 1758, nel t. V del Nuovo Teatro Comico dell’Avv. C. G. ed. Pitteri. Venezia.
  2. Il Burchiello di Padova, ricordato anche nella lettera di dedica del Vecchio bizzarro (vedasi voi. X), uscì nella raccolta di componimenti per le nozze del N. U. Ant. Marino 5.o Alvise con la N. D. Lucr. Manin (Venezia, 1736), e fu ristampato nel t. I dei Componimenti diversi (Venezia, Pasquali, 1764).
  3. Antonio Marino I.o Priuli, nato 17 agosto 1707, vescovo di Vicenza dal dicembre 1738, fu fatto cardinale da Clemente XIII (Rezzonico), insieme con Carlo Rezzonico e con l’ab. Bernis, ai 2 ott. del 1758, e morì vescovo di Padova ai 26 ott. 1772.
  4. La musica fu del Galuppi: v. F. Piovano, Bald. Caluppi, in Rivista musicale ital., a. XIV (1907), f.o 2, pp. 352-3.
  5. Vedasi anche la lettera di dedica del Prodigo (vol. I della presente edizione) e quella della Bottega del caffè (vol. IV).
  6. Antonio Marino 2.o Giovanni Priuli appare nato ai 31 ott. 1710. e sarebbe propriamente secondogenito.