Il campiello/Lettera di dedica
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A SUA ECCELLENZA
IL SIGNOR
ANTONIO MARINO ALVISE
PRIULI
PATRIZIO VENETO1.
Doveva dunque essere sodisfatta appieno la mia ambizione, contento di questa nuova onorifica testimonianza della mia servitù inverso l'E. V., e della di lei benignissima propensione verso di me. Eppure sono insaziabile in questo, e non so mettermi in quiete se non ottengo qualche cosa di più. Consideri l’E. V., che le due operette delle quali ho parlato, fatto l’uffizio loro nelle respettive occasioni per cui furono pubblicate, comecchè in piccioli volumetti raccolte, svaniscono facilmente, e non poss’io sperare col mezzo loro il costante perpetuo fregio di vedere impresso il mio nome sotto la di Lei protezione. Le mie Commedie non meritano maggior ventura, ma pure la quantità dei volumi e le nuove impressioni che veggonsi di esse in varie parti intraprese, mi lusingano che non abbiano ad essere di così scarsa durata, e che dopo di me passeranno ancora per qualche tempo fra le mani degli uomini. Ecco dunque dove aspirano le mie brame. Per rendermi pienamente contento, ho da vedere l’illustre nome di V. E. in fronte di una mia Commedia, per onorare i miei Tomi e rendere rispettato il mio nome ed invidiata la mia fortuna. Ma io questa grazia son tanto certo di conseguirla, che ho prima pensato a formar la Dedica, e poi a domandargliene la permissione. Non è fondata la mia speranza sul valore dell’opera che all’E. V. offerisco, che anzi dovrei vergognarmi di presentargliela, ma sta unicamente la mia fiducia in quel bellissimo cuore che ho in Lei conosciuto, e in cari incontri sperimentato. Nel mio sopraccennato Burchiello ho rammemorati con giubilo quei dì felici, nei quali ebbi agio di convivere secolei nella villeggiatura deliziosissima di Bagnoli, di cui ho altre volte nei fogli miei ragionato5. Ho data un’idea in succinto dei valorosissimi recitanti delle Commedie, che colà nella state si rappresentano, e diedi all’E. V. quella lode che anche per questo gli è ben dovuta. Ma chi lodarla volesse per tutti quei meriti de’ quali è adorna, troppo lunga e malagevole impresa per me sarebbe. Tre cose principalmente non posso di Lei tacere, perchè sono quelle che più delle altre mi toccano: liberalità di cuore, sincerità di animo e bontà di costumi. Colla prima si concilia il rispetto dagl'inferiori, colla seconda si procaccia l’amor degli Amici, e colla terza l’estimazion della Patria. Tre fratelli, che compongono presentemente la Nobilissima di Lei Casa, dimostrano veramente la decantata perfezione del numero ternario. L’Eminentissimo signor Cardinale, Vescovo esemplarissimo della città di Vicenza, è di tante virtù ripieno, che per lodarle necessario sarebbe di possederle, ed il maggior elogio che possa farsi al di Lui merito, si è il poter dire che il gloriosissimo Regnante Sommo Pontefice, di tanta pietà e di tanta scienza ripieno, lo ha creduto degno dell’amor suo, e non ha tardato a dargliene una sì grande e sì compita dimostrazione. L’Eccellentissimo signor Giovanni, maggior degli altri in età6, ed eguale a tutti nel cuor magnanimo e nella nobiltà dei pensieri, ha dato al mondo saggi infallibili della più esimia prudenza, della più esemplare modestia, e tanto nelle pubbliche cure, quanto nei domestici affari, ha usato sempre la rettitudine, la carità, la giustizia. V. E., destinato al dolce peso di assicurare alla casa l’importantissima successione, avuta la benedizion dal Signore di una Sposa adorabile per le sue qualità, e venerabile per il suo linguaggio, batte la via degli onori e quel della indispensabile società, utile tanto in una Repubblica, quanto forse il merito stesso della persona. Siete insomma tre virtuosi Germani, nella nobil gara impegnati di seguitare le orme gloriose dei Vostri Progenitori. Noti sono i Priuli fino dai primi tempi della nascente Repubblica, ne vi fu grado sublime, autorevole in terra e in mare, che non sia stato da alcuno di essi occupato; e un Germano successe all’altro nella Ducale amplissima Dignità. Dunque in quel tempo ancora i fratelli Priuli si emulavano nelle virtù, nei meriti e negli onori, e questo sì bel costume serbasi fra le mura dell’E. V. gelosamente. S’Ella mi concede adunque potermi gloriare della sua protezione, son certo di acquistar l’altra ancora da’ Venerabili suoi Fratelli, e che potrò un giorno col di Lei mezzo baciare la Sacra Porpora all’Eminentissimo Signor Cardinale, e nuovamente inchinarmi all’Eccellentissimo Signor Giovanni, e pubblicamente ostentare quel titolo si specioso con cui ossequiosamente ho l’onore di sottoscrivermi
Di V. E.
Umiliss. Ossequiosiss. Obbligatiss. Servidore |
Note
- ↑ La lettera di dedica che qui segue, uscì a stampa nel novembre del 1758, nel t. V del Nuovo Teatro Comico dell’Avv. C. G. ed. Pitteri. Venezia.
- ↑ Il Burchiello di Padova, ricordato anche nella lettera di dedica del Vecchio bizzarro (vedasi voi. X), uscì nella raccolta di componimenti per le nozze del N. U. Ant. Marino 5.o Alvise con la N. D. Lucr. Manin (Venezia, 1736), e fu ristampato nel t. I dei Componimenti diversi (Venezia, Pasquali, 1764).
- ↑ Antonio Marino I.o Priuli, nato 17 agosto 1707, vescovo di Vicenza dal dicembre 1738, fu fatto cardinale da Clemente XIII (Rezzonico), insieme con Carlo Rezzonico e con l’ab. Bernis, ai 2 ott. del 1758, e morì vescovo di Padova ai 26 ott. 1772.
- ↑ La musica fu del Galuppi: v. F. Piovano, Bald. Caluppi, in Rivista musicale ital., a. XIV (1907), f.o 2, pp. 352-3.
- ↑ Vedasi anche la lettera di dedica del Prodigo (vol. I della presente edizione) e quella della Bottega del caffè (vol. IV).
- ↑ Antonio Marino 2.o Giovanni Priuli appare nato ai 31 ott. 1710. e sarebbe propriamente secondogenito.