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Quando l'open source, quando il software commerciale
Come interagiscono?

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Quando i profitti ottenuti dai bit segreti sono maggiori del rendimento da open source, è ragionevole, in termini economici, scegliere la soluzione commerciale. Quando invece è il rendimento da open source a superare i proventi dei bit segreti, è ragionevole, in termini economici, scegliere l’open source.

In sé, questa è un’osservazione banale. Ma non è più banale, se teniamo conto che il rendimento dell’open source è più difficile da calcolare e da prevedere rispetto ai profitti derivanti dai bit segreti: inoltre, tale rendimento è ampiamente sottovalutato, più spesso che sopravvalutato. Anzi, prima che il mondo del business iniziasse a ripensare le proprie premesse in seguito alla diffusione del codice sorgente di Mozilla, all’inizio del 1998, i vantaggi dell’open source erano considerati, a torto ma assai diffusamente, equivalenti a zero.

Come valutare, dunque, i vantaggi dell’open source? È una domanda difficile, in generale, ma la si può affrontare come qualsiasi altro problema di natura predittiva. Si può iniziare da alcuni casi in cui l’approccio open source abbia trionfato o fallito. Si può poi cercare di generalizzare, pervenendo a un modello che dia almeno un’idea qualitativa dei contesti in cui l’open source sia la formula vincente per l’investitore o per l’impresa che cerchi di massimizzare i rendimenti. Infine, si può tornare ai dati e tentare di raffinare il modello.

Dall’analisi presentata in [CatB], ci si potrebbe aspettare che l’open source abbia un alto rendimento quando (a) affidabilità, stabilità e misurabilità siano centrali e (b) la correttezza del design e dell’implementazione non siano efficacemente verificabili, se non attraverso la revisione reciproca e autonoma. (Il secondo criterio si ritrova in pratica nella maggior parte dei programmi non banali).

Il desiderio razionale da parte del consumatore di non ritrovarsi chiuso nel circuito monopolistico di un fornitore farà aumentare il suo interesse nei confronti dell’open source (e, di conseguenza, il valore sul mercato competitivo della scelta open source da parte dei fornitori) via via che il ruolo del software diventa centrale per il consumatore stesso. Perciò, un terzo criterio (c) spinge verso l’open source qualora il software sia un bene capitale di vitale importanza per l’impresa (come avviene, per esempio, nei dipartimenti aziendali di gestione informatica).

Per quanto riguarda l’area di applicazione, abbiamo osservato sopra come un’infrastruttura open source crei fiducia e simmetria che, nel tempo, tenderanno ad attrarre nuova clientela e a vincere nella competizione contro il software commerciale; e, spesso, è meglio avere una quota più piccola di questo mercato in rapida espansione piuttosto che una quota più grande di un mercato esclusivamente commerciale e in stagnazione. Di conseguenza, per l’infrastruttura software, una strategia open source che miri all’ubiquità ha più probabilità di rivelarsi remunerativa nel lungo periodo rispetto a una strategia commerciale che miri all’ottenimento dei diritti di proprietà intellettuale.

In effetti, la capacità da parte dei potenziali clienti di ragionare sulle future conseguenze delle strategie del produttore e la loro riluttanza ad accettare il monopolio di un fornitore implica una limitazione più stringente: senza godere ancora di un indiscusso potere sul mercato, si può scegliere o una strategia di ubiquità open source o una strategia che punti a un guadagno diretto derivante dal software commerciale, ma non entrambe. (Esempi analoghi di questo principio sono riscontrabili altrove, per esempio sui mercati elettronici, in cui, spesso, i clienti rifiutano di acquistare profili costituiti dal solo codice sorgente.) L’esempio può anche essere presentato in termini meno negativi: dove domina l’effetto rete (gli effetti positivi delle cosiddette "esternalità di rete"1), è probabile che l’open source sia la formula vincente.

Potremmo riassumere questa logica osservando che l’open source sembra raggiungere il massimo dell’efficacia nell’aumentare i profitti rispetto al software commerciale, per software che (d) istituiscano o abilitino una comune infrastruttura di calcolo e comunicazioni.

Infine, si può evidenziare il fatto che i fornitori di servizi unici o anche solo altamente differenziati hanno più ragioni di temere la copia dei loro metodi da parte della concorrenza, rispetto ai produttori di servizi i cui algoritmi centrali e conoscenze di base siano largamente noti. Di conseguenza, l’open source ha più possibilità di prevalere quando (e) i metodi di punta (o equivalenti funzionali) fanno parte delle comuni conoscenze ingegneristiche.

Il core software di Internet, Apache e l’implementazione Linux dell’Application Program Interface (API) Unix con standard ANSI rappresentano esempi canonici di tutti e cinque i criteri. Il cammino verso l’open source nell’evoluzione di tali mercati è bene illustrato dal ritorno di convergenza dei dati su reti TCP/IP a metà degli anni Novanta, dopo quindici anni di tentativi falliti di costruire imperi con protocolli commerciali come DECNET, XNS, IPX e simili.

D’altra parte, la scelta dell’open source è assai meno sensata per le imprese che abbiano in loro possesso esclusivo una tecnologia software generante valore (cioè che soddisfi strettamente il criterio (e)) che sia (a) relativamente insensibile ai guasti; (b) facile da verificare con mezzi diversi dalla revisione reciproca e autonoma; e che non sia (c) centrale per l’impresa. Inoltre, il suo valore non deve poter aumentare in modo significativo (d) per l’effetto rete o per l’ubiquità.

Un esempio di questo caso estremo risale agli inizi del 1999, quando mi fu chiesto "Ci consiglia di passare all’open source?" da una società di software per il calcolo di schemi di taglio per segherie, che desiderava estrarre la maggior metratura possibile di assi dai tronchi di legname. La mia conclusione è stata "No". L’unico criterio che questo prodotto soddisfaceva, e neanche completamente, era il (c); ma al limite, un operatore esperto sarebbe anche in grado di realizzare gli schemi di taglio a mano.

Un punto importante è che la posizione di un prodotto su questa scala può variare nel tempo, come vedremo nel seguente caso di studio.

Riassumendo, le seguenti discriminanti fanno propendere per l’open source:

  • (a) affidabilità/ stabilità/ misurabilità sono fondamentali;
  • (b) la correttezza del design e dell’implementazione non possono essere verificate efficacemente se non tramite la

revisione reciproca e indipendente;

  • (c) il software è di vitale importanza per il controllo dell’impresa da parte dell’utente;
  • (d) il software istituisce o abilita una comune infrastruttura di calcolo e comunicazioni;
  • (e) i metodi di punta (o loro equivalenti funzionali) fanno parte delle comuni conoscenze ingegneristiche.


Note

  1. Esternalità di rete: il termine "esternalità" si riferisce, nel lessico del business, agli effetti indiretti esercitati da un utente su altri utenti della stessa rete. Il principio su cui si basa il concetto di "effetto rete" con tutti i suoi corollari, è quello secondo cui il valore di un bene aumenta con il numero dei suoi utenti. In base a questo principio, il valore di Internet o di un software, aumenta proporzionalmente al numero di utenti della Rete o del software.(N.d.T)