Il buon cuore - Anno XIV, nn. 29-30 - 24 luglio 1915/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

../ ../Religione IncludiIntestazione 4 marzo 2022 50% Da definire

Il buon cuore - Anno XIV, nn. 29-30 - 24 luglio 1915 Religione

[p. 225 modifica] Educazione ed Istruzione


Un prete patriota

Rievocazioni di un superstite dalle carceri austriache.


Giovedì mattina, giorno 15, alle ore 10, nel Tempio Civico di S. Sebastiano si svolse una commovente cerimonia, solenne e famigliare a un tempo.

Il venerando Sacerdote D. Enrico Vitali, il prete patriota ben trattegiato nel bell’articolo che riportiamo dal Corriere della Sera celebrò in forma privatissima la Messa di diamante.

Gli facevano degna corona sull’altare, il fratello mons. don Luigi, Rettore Onorario Consulente dell'Istituto dei Ciechi, i Conservatori del Tempio Mons. Belgéri, Ing. Paolo Cesabianchi e prof. Eugenio Pellini, Mons. Magistretti, proff. don Pensa della Biblioteca Ambrosiana e don Pietro Stoppani, Rettore effettivo dell’istituto dei Ciechi.

Un ristretto numero di congiunti e di devoti amici del celebrante assistettero al Divin Sacrificio fra le molte felicitazioni giunte al venerando sacerdote, va notata un’affettuosa dedica posta da S. E. il Cardinal Ferrari ad una sua fotografia e una lettera con sentite espressioni di stima e di compiacimento del Sindaco.

Il Buon Cuore si permette di presentare, benchè in ritardo voti rispettosi e sinceri.


Sessant’anni or sono il Rettore del tempio civico milanese di San Sebastiano, don Enrico Vitali, salive la prima volta. Altri tempi allora! Il clero ambrosiano, fatte poche eccezioni, era liberale; questa nobiltà di sensi patriottici nella gente Vitali era radicata come una tradizione di famiglia. Lo fu an-

che in seguito, quando l’italianità nel clero, prevalendo l’indirizzo dell’intransigenza clericale, s’andava facendo più difficile. Oggi che a tutti è dato, anche ai più ritrosi, inneggiare alla grandezza dell’Italia, don Enrico Vitali appare come inobile.esempio di coerenza. civile non mai disgiunta da una serena dignità sacerdotale.

Un’esistenza longeva; una bonaria modestia, che non chiese mai nulla, pure avendo sofferto in tempi lontani, quando l’Austria ci teneva il piede sul collo, ed il sospetto di patriottismo poteva condurre all’arresto immediato ed a maggiori guai.

A tanta distanza di tempo e di memorie, giova ricordare una pagina biografica di don Enrico Vitali.

La spia.

Il 20 maggio 1859 era avvenuta la battaglia di Montebello con la sconfitta degli austriaci. Il giorno dopo entravano in Milano, da porta Romana, molti feriti. Il popolo che si affollava per curiosità commentava l’evento, non dissimulando la gioia per la sconfitta degli stranieri. Tra i curiosi si trovava don Enrico Vitali. L’atteggiamento e le parole del giovane prete, che fu sempre conversatore spontaneo, tradivano i suoi sentimenti italiani. Un forastiero gli si fece vicino, entrando con lui in discorso politico improntato di schiettezza liberale. Era:una spia tirolese. Questa si mise ai fianchi del Vitali,, elo accompagnò fino sul corso Ticinese, presso una casa dove si sadunavano ogni sera molti sacerdoti di stampo liberale.

Il giorno dopo si presentano alla stesa casa due persone a cercare di don Enrico Vitali. Fu risposto che non abitava qui; che la sua dimora era in via Santa Croce. I due si recano al luogo indicato e didhiacono di aver l’ordine di condurre don Enrico a Santa Margherita.

S’immagini lo spavento della madre. L’arresto a quei tempi giustificava anche i timori estremi. La povera signora potè far avvisare don Giovanni Spagliardi, direttore delle carceri. Questi venne immantinente: e si assunse sotto la sua responsabilità di condurre il Vitali a S. Margherita; i due questurini avrebbero voluto seguirlo a distanza. Lo Spagliardi [p. 226 modifica]faceva avvistare intanto i preti frequentatori del Circolo di P. Ticinese, perché stessero sul qui;vive. Il ritrovo ed i loro sentimenti erano ormai a notizia del— la polizia. A. S. Margherita il Vitali.fu sottoposto ad un interrogatorio minuto: come fosse un affiliato di Concitati rivoluzionari. • DOch.quattro enfie cOndottO nelle pri-’ gizni del Castello. Aperta la cella della réclusione,, Vitali intravvide due prigionieri; uno di questi era RffiTaele"Seittiogno, redattdre delIà Cazzetta di kIiIftna,; at4Cdsato di tradirei segreti telegrafici. Al compagno,.di Sonzogno venne fatto uscire, e al suo po-: sto fu introdotto il sacerdote. Non appena il Sonzogno. lo yide, ebbe nn’fiero sospettò: che fosse il cappellano per il suo confortatorio. Capì subito però che si trattava di altro; i due compagni di sventura fraternizzavano, — Quello che accadeva fuori non sapevano essi, i carcerati; il fantasma di una esecnzione -capitale passava perle ombre della prigione, dove non giungeva il tuono di Magenta.

La vooé della fuoilaziont. Il 5 giugno gli austriaci, dopo la giornata di Magenta, fuggirono da Milano, conducendo seco,.i prigionieri’ politici. Don Enrico Vitali doveva lasciare l’abito talare; ma egli si rifiutò. Dalle carceri di Milano passò così a quelle di Ver ma; là venne rinchiuso in un gran camerone. insieme ad altri 21 prigionieri, fra i quali due zuavi; per bocca di questi il nostro don Enrico apprese i. particolari di Magenta. Se la sua vita era sempre in pericolo, lo confortava l’annunzio della splendida vittoria liberatrice. Il Sonzogno fu internato a Josephsdat. A Verona intanto si catturavano ostaggi; fra essi:Akaro Aleardi. Per la città s’era diffusa la voce che il giovane prete milanese fosse stato fucilato. Fortunatamente la voce era falsa. Anzi,. quando il Vitali apprese che l’Aleardi si trovava in arresto nello stesso edificio, gli fece pervenire di sotterfugio un,bighetto, indirizzato: «Al Poeta», e firmato «. Prete Milanese»; il poeta rispose per là’ stessa via, con-. gratulandosi con lui che fosse sempre in vita. Il pericolo era stato realmente grave.. La famiglia Vitali a Milano non aveva notizie di don EnTic°; trattandosi di un prigioniero della polizia austriaca, le ansie dei parenti erano troppo giustifieate,.Invece gli eventi mutarono. Coi preliminari di Villafranca, al 12 luglio, il prigioniero venne rilasciato. Avrebbe potuto raggiungere la Lombardia con l’ingiunzione di passare da Vienna (!). Poi l’ingiunzione fu temperata: avrebbe’ dovuto passare da Innsbruck. E venne un,altro temperamento: di recarsi a Riva. Era sempre un giro vizioso. Per tale viaggio cí voleva il. foglio di via. Ma il gnerale Urban, che doveva..firmarlo, •si rifiutò di’cencio.che i preti.milanesi, tranne poche eccezioni, meritavano tutti, d’essere fucilati.

L’odissea del ritorno. S’ntromise il padre Alfieri, milanese, superiore 41ei Fatebenefratelli, clic contava aderenze cbSpictie ’presso lo Stato:). Maggiore austriaco e lo stesso’ Imperatore. il foglio di via venne firmato. Don Enrico Vitali fu rilasciato insieme ad altri otto prigionieri, tra Cui una giovane faittesca,di Aorgarpo, che racc,tinandò al Vitali per fare il cammino di ritorto insieme agli altri, e la quale,- al presente, è Maestra - Comunale Einerita a Sondrio, superstite ’anch’essa delle Carcéri Austriache. Quel gruppo di reduci era sprovviSto di mezzi; avrebbe dovuto camminare giorni e giorni, per lunghe marcie; ed il Go- --verno• li aveva abbandonati alla loro libertà, senza Curarsi. d’altro. -Don Enricò, che’ si ’trovava ad essere un po’ il sergente della compagnia, poti rac• cogliere qualche.sussidio da ttn,, conte veronese, dal sindaco di Verona, marchese Canossa, dalla contessa Rosmnii.di Rovereto. COSì vivendo, Conmolta parsi monia, ìecero uniti, la,strada lunga e. faticosa,, paSsando da Riva, vai, di Lepdro, Lavenone, Vestone. Brescia; arrivarono a Milano il i8 di luglio. Le angherie sofferte, lo spaventò, i digiuni a pane ed acqua e gli stenti del viaggio avevano logorato la fibra montanara di porú’ Enrico che, gitmr to a Milano, cadde ammalato’ di tifo.. Ma si rieb be, guarì, e tirò innanzi validamente. Dopo ’essere stato alcuni anni; coadiutore a Santa Maria ’Pódone, fu nominato Rettore deltempio civico. di San Sebastiano, vivendo sempre nei migliori rapporti coi vari capi del Comune, succeduti al sindaco Bellinzaghi. Al tempo stesso fu docente di catechismo in istituti privati e presso l’Orfanotrofio femminile della Stella, Natura gioviale, carettere sereno, conversatore instancabile, non lasciò mai la schiettezza»<Ataria che gli:aveva fatto quel brutto tiro a porta Romana. Ma non ebbe più altre noie; il cannone di Magenta aveva disperso definitivamente dalla Lombardia la polizia austriaca. ’ Don Enrico Vitali conta oggi i suoi ottantaquattro anni; egli è sempre stato, unitamente al fratello, monsignore Luigi dell’Istituto dei ciechi, uno dei più autentici spiriti del liberalismo ambrosiano. E il clero ambrosiano saluta riverente qiiesti venerabili anziani dell’altare, che non disperarono mai — anche nei momenti più agitati — della conciliazione tra la Fede e la Patria.