Il buon cuore - Anno XIV, n. 46 - 13 novembre 1915/Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XIV, n. 46 - 13 novembre 1915 Religione

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UN EROE

Novella di Mario Valli

(Continuazione e fine v. num. 45)


— Che le donne sospirino e piangano è cosa umana; e davanti a loro, se non si può dar consolazioni, si tace. Ma che s’atteggi a piagnone un par vostro, mi par poco bello.

— Oh, oh! — ripiccò l'altro — che cosa è un par mio sulla vostra bocca?

— Prima di frignare l’uomo, se è uomo, deve lavorare. Per la patria c’e dì meglio da fare che inacerbire dolori.

— Per la patria faccio la mia parte — disse quella, spalancando gli ochi ovini.

Si scambiarono frasi vivaci: venne fuori che l’uomo grasso era anche impresario per forniture, e che aveva fatto e faceva i suoi grossi guadagni. Le donnicciuole guardavano verso di lui con quel rispetto che mette nei cuori popolani sempre l’arricchito alla lesta, e il tarchiato impresario ridacchiava dei guadagni, battendo pacchiate sulle ginocchia, e gonfiandosi per la sua scaltrezza nel saper trarre guadagni proprio da là donde agli altri venivano affanni e miseria.

L’amico mio non si contenne più; lo vidi sfavillare sdegno dagli occhi, e imporporarsi in faccia. Parlò allora con impeto, con eloquenza calda, travolgente; a me stesso, che pure lo conoscevo parlatore simpatico, apparve un uomo nuovo. Per quel grasso spe-

culatore non volle più parole; lo sdegnò. Ma per le donnicine, per le madri e per le spose ch’erano sulla corriera, per quelle che s’accoravano quasi fino a piangere, trovò cose da dire tanto belle e tanto buie, che seppe guadagnarsi in breve ciascuna dl loro, toccando un po’ di ciascuna l’anima.

Spiegò la necessità della guerra, là bellezza che la circonda, lo scopo di benessere futuro a cui mira; e tutto questo, sulla bocca sua, parve un corso di verità semplici e naturali. Le piccole menti si aprivano a visioni più larghe; invece di impigrirsi soltanto nelle difficoltà e nelle strettezze dell’oggi, cominciavano a:capire che una nazione può pigliar forza e alimento il benessere delle famiglie.

Lo speculatore grasso tentò una volta di dargli le sgambetto:

— Intanto — disse — un giovanottone come lei è qui che sganascia per frottole, mentre gli altri si fan bucare la pelle.

— Al fronte sono stato, mi han portato via ferito, ma ci ritorno — egli rispose secco. — Fu l’unico accenno che fece di sè. L’omaccione allora chiuse gli occhi, da. gran sornione, si tirò il cappello sulla faccia e, per mostrare indifferenza, finse di dormire. Ma le donne ora non perdevano più una parola dell’amico, e lo stesso cocchiere stava colrorecchie attente per cogliere la sua parte del discorso.

— La vita, lassù, l’ho vissuta e non vedo, l’ora di essere là ancora. E’ una vita bella; un po’ spensierata, ma colla spensieratezza dei bravi ragazzoni che soglion fare il dover loro, i soldati lassù, sanno bene che sono guardati, in questo momento, da tutto il mondo; e sono orgogliosi di compiere ciascuno là sua parte. Allegre, donne! I soldati lassù, sono allegri, e pensano riconoscenti che in ogni casuccia, come in ogni palazzo, vi sono donne che sferruzzano o stanno per ore chine sulla macchina da cucire, affinchè essi abbiano le maglie di lana o i panni pronti per il freddo delle notti alpine. Dovete e potete anche voi vivere un pochino coi soldati, in questo modo, lavorando per loro. Che cosa c’è di più bello dello spettacolo che offre la nazione, con un lavoro intenso, diffuso per tutta l’Italia, che comincia dal minuscolo spillo nelle [p. 314 modifica]mani della ragazzina e finisce oltre le frontiere cogi obici,formidabili dei cannoni più potenti! Quando la corriera si fermò fu una sorpresa per Come? S’è di già arrivati? Furono cosi lesti i cavalli di scarto? Il tempo era passato; nessuno se n’era accorto. Una donna disse per tutte — Benedetto lei! almeno ci lascia con un po’ di coraggio! Si può respirare, per un poco. E.... buona fortuna! Buona fortuna! — dissero tutte le altre donne. Egli saltò giù dalla corriera svelto, e sorrise a tutte, col suo bel sorriso largo, di cuore, che conos.:::io da tanto tempo. Io corsi ad annunciare a tutta la compagnia dei villeggianti l’arrivo dell’eroe, e gli radunai in breve quanto c’era di meglio nella buona societa del paese. Bisogna farlo parlare — dicevo a questo e a quella. E’ un diletto della mente e del cuore. Le signorine vennero tutte; e s’erano anche portati i mazzetti dei ciclamini. Ma non ci fu verso più di ripescarlo; all’albergo non l’avevano visto; alla stazione non era comparso. S’è dato alla macchia — disse un burlone; e tutti rimanemmo un po’ col naso storto. Quando fu l’ora della partenza, lo vedemmo arrivare con un ragazzetto in braccio, come se fosse un papà col suo primo nato; gli veniva dietro una donna vestita di nero, giovane ancora, che portava il suo involtino dei panni. Eccolo là — gridai, stupito. Egli mi presentò allora il bel bamboccio che palleggiava in alto allegramente. E’ il figliuolino di suo papà — mi disse — e noi al suo papà porteremo i bei fiori che ci ha dato la zia, sulla montagna. La donna che gli era vicino, ruppe in lacrime; l’amico le disse: Su, su, coraggio — le restituì il bambino e saltò sul treno che fischiava per partire. noi Scrivici — gli gridammo in cinque o sei ti scriveremo! Egli salutò il piccolo bambino-che gli mandava baci. Sì, caro, per il papà! Glieli porto!

Ritorno al fronte, alla vita della trincea. Viveva accoccolato per terra, in una buca scavata alla base di una collina frondosa d’alberi e di viti, e passava le ore sforzandosi di non pensare, mentre per l’aria ci a tutto un fischiare e ansimare e rórnbare di proiettili di tutti i calibri e di tutte le sorta, che filavano alti o strisciavano via. A cento metri cominciava il bosco -un bel boschetto dì robinie e quercioli, così verde e pacifico! — e tra gli. alberi i reticolati.dei nemici andavano su fino alle creste. Le ore erano lunghe e calme, e pareva a lui di vivere dei secoli. Un giorno ebbero l’ordine di lasciare il posto ad

altri, furono fatti retrocedere; egli rivide i luoghi nei quali si era combattuto, si ritrovò dove era stato ferito. Erano passati a riposare nella seconda linea; avevano più libertà; potevano concedersi qualche svago. Non aveva dimenticata la parola data. Il piccolo cimitero dove dormiva quel povero soldato alpino, di cui conosceva solo il nome e la morte, non era lon • tano. Un giorno, verso il tramonto, lo cercò per mantenere la promessa fatta: aveva con sè i fiori della montagna: li volle disporre intorno alla pietra che segnava la tomba comune dei suoi compagni d’arme. Era solo. E la commozione lo vinse. Da tanto tempo aveva dominato ogni sentimento, e l’aveva fatto piegare sotto l’impero duro del dovere. Il luogo, l’ora, i ricordi gli suggerirono pensieri di malinconia profonda: desiderò rivedere le sue montagne, le persone care, la mamma che aveva lasciata sola, lontano, in singulti e lacrime. Ebbe, per un momento, paura di morire, e sentì gli occhi gonfi di pianto. Si alzò: si scosse: guardò intorno; gli parve di vedere muoversi dei rami oltre la siepe che circondava quel luogo — Chi è la! gridò, portando la mano alla rivoltella. Risposero due colpi secchi di fucile. Egli sparò. vide un uomo alzarsi di dietro la siepe, brancolare, ricadere. Ma sentì anche la palla nemica al cuore: Si portò la mano alla ferita, ripiegò, cadde sulla zolla, balbettò qualche parola; poi restò immobile. Era morto. Il giorno stesso aveva scritto alla sposa di quel soldato sconosciuto, poche righe: — Oggi gli porterò i fiori: parlerò a lui di quelli che gli vogliono bene ancora. Egli parlò così oltre la tomba. MARIO VALLI.