Il buon cuore - Anno XIV, n. 18 - 1º maggio 1915/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XIV, n. 18 - 1º maggio 1915 Religione

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L’igiene della Scrittura e della Musica


Il fenomeno dell’eccesso di fatica prodotto dallo scrivere e dal suonare con le mani per un tempo troppo lungo, fenomeno accompagnato da quello della stanchezza, nonché da dolori alla mano e da un senso di svogliatezza generale, è generalmente noto. anche non tutti hanno il bisogno di suonare, moltissimi sono quelli che non possono fare a meno di scrivere. Importa quindi fornire delle norme per impedire che il fenomeno suddetto si avveri, oppure che esso sì aggravi passando da una forma alquanto mite a forme più serie, quali il crampo e la paralisi.

A prima vista può sembrare che i fenomeni dell’eccesso di fatica debbano esser prodotti dallo scrivere e dal suonare prolungato per troppo tempo; ma non sempre è così, e perciò importa rilveare le circostanze nelle quali l’eccesso di fatica si produce più o meno presto.

Nell’eccesso di fatica prodotto dallo scrivere, possiamo distinguere tre forme principali, le quali sono divise l’una dall’altra.

Prima forma. — La stanchezza delle dita può esser dovuta al fatto che l’individuo scrive in coadizioni sfavorevoli, quali sarebbero, per es., un tavolo troppo piccolo, oppure una penna dura e piccola, un piccolo portapenna, un piccolo calamaio, l’inchiostro troppo scarso e troppo denso. In questo caso non è difficile provvedere e ovviare, agli effetti dell’eccesso di fatica, togliendone le cause.

Seconda forma: — La causa di questa seconda forma è la durata molto lunga di uno scrivere puramente meccanico e calligrafico, il quale richiede una accurata pressione della penna e quindi anche della mano. L’individuo che scrive in tali condizioni per un tempo troppo lungo, sente dei dolori in alcuni punti delle mano e delle dita e prova il bisogno naturale di cambiare la posizione della mano. Ma questo cambiamento deve essere fatto, non seguendo l’istinto, ma la ragione, e sopratutto per evitare il dobre alla mano è raccomandabile di adoperare un portapenne a spigoli anziché rotondo, poiché in questo raso le dita dispongono di una superficie maggiore sulla quale si appoggiano.

Terza forma. Questa forma è caratterizzata da un lieve tremito in persone nervose e facilmente eccitabili. In tal caso l’eccesso di fatica è prodotto dalla grande fretta con cui l’individuò scrive: la scrittura diventa sempre più scarabocchiata e allegabile, non solo, ma all’individuo riesce quasi impossibile lo scrivere alla presenza di una persona che lo guarda. Per queste persone nervose il miglior rimedio, naturalmente oltre al riposo, o almeno alla limitazione del lavoro, consiste nel moderato esercizio da compiersi per alcune settimane quotidianamente, alla presenza del medico oppure di un maestro di calligrafia, aumentando sistematicamente di giorno in giorno il numero delle linee

Nel parlare del così detto crampo degli scrittori, bisogna guardarsi dal confondere le varie forme e dal definire con questo nome tutti i disturbi che uno prova in conseguenza dell’eccesso di fatica, così i più leggeri come i più gravi. Non bisogna, pertanto, prestar fede soverchia alla statistica dei casi di guarigione citati non di rado negli annunci in quarta pagina dei giornali, giacche questa statistica si ridurrebbe di molto se il computo si limitasse ai veri e propri casi di crampo. a quei casi cioè, nei quali, appena l’individuo prende la penna in mano, il dito colpito dal crampo si contrae improvvisamente, facendo affondare la penna nella carta, oppure scatta facendo deviare la penna in un senso o nell’altro.

Buoni risultati si ottengono nella cura del Crampo dal massaggio compiuto sistematicamente, aggiun- [p. 138 modifica]gendovi l’esercizio costante nello scrivere, facendo delle pause dopo ciascuna sillaba, oppure dopo ciascuna parola, e, nei casi più gravi, magari dopo ciascuna lettera. Queste pause durante la scrittura costituiscono una eccellente cura preventiva. Nei casi poi che risultano ribelli ad ogni cura e nei quali il crampo si manifesta appena la mano tocca il portapenna, riesce spesso di rimediare a questo doloroso inconveniente ricorrendo ad un apparecchio in cui il portapenne, assicurato per mezzo di un supporto fra il dito indice e il medio, viene a trovarsi al disopra di queste due dita, sicchè l’individuo può scrivere col pugno chiuso, e nel muovere la penna non entrano in azione i muscoli che di solito si adoperano per tale atto. Un rimedio di altro genere contro il fenomeno proveniente dall’eccesso di fatica nello scrivere si ha nella sempre maggior diffusione e popolarizzazione delle macchine da scrivere, specialmente di quelle nelle quali la scrittura è leggibile mentre le dita si muovono sulla tastiera; anche la stenografia costituisce un eccellente preventivo contro i disturbi nervosi prodotti dalla scrivere in gran fretta; e finalmente conviene insistere sulla necessità di diffondere nelle scuole l’uso della scrittura razionale, quale sarebbe la scrittura verticale, in cui lo sforzo generale e quello della mano in particolare, è molto minore di quello che si richiede per la scrittura pendente. I fenomeni di eccesso di fatica nel suonare sono dovuti molto spesso’, non tanto alla lunga durata (li tale esercizio, quanto al fatto che i compositori richiedono troppo di frequente dalle mani umane una capacità superiore alla ordinaria. Per questo rispetto si può dire che molti compositori contemporanei procedono addirittura in modo inumano, imponendo alle dita sforzi e contorcimenti incredibili. Da questo punto di vista i suonatori di violino si trovano in condizioni molto migliori dei suonatori (li pianoforte. Il violinista può almeno disporre di uno strumento la cui grandezza varia corrispendentemente all’età dell’individuo, e solo un po’ alla volta da un violino più piccolo passa ad uno più grande quando con l’esercizio metodico e graduale le dita si fanno più agili e crescono in lunghezza. Come è noto, le dita che più hanno da lavorare nel suonare il violino e precisamente ìl pollice, l’indice ed il medio della mano sinistra, crescono, coll’esercizio, di uno o due centimetri. Diversamente stanno le cose in quanto si riferisce al pianoforte. Qui accade di vedere delle bambine di tenera età costrette al supplizio di suonare per sette od otto ore del giorno su di un pianoforte dalla tastiera per loro troppo grande. Un altro inconveniente è dovuto ai compositori, i quali impongono a coloro che eseguiscono certi loro pezzi, degli sforzi che eccedono quella che si nuò chiamare la potenzialità fisiologica della mano.

Vi sono delle composizioni di Liszt, di Rubinstein e di Schubert, le quali presentano difficoltà tecniche così terribili che non di rado degli individui, i quali avevano una vera disposizione per la musica, vi hanno rinunciato con loro grandissimo dolore, perchè si trovavano nella assoluta impossibilità di eseguire quelle suonate. Purtroppo, i compositori non accennano a.correggersi, anzi: sembra facciano a gara ad aumentare queste difficoltà. In compenso la tecnica della costruzione dei pianoforti si viene perfezionando e viene diventando sempre più razionale, e già sono in commercio dei pianoforti per bambini, con tastiera piccola. Vi sono anche dei pianoforti appositi per i lunghi e non divertenti esercizi delle varie scale: in questi istrumenti ogni tasto, invece di dare un suono come il solito, produce soltanto un lieve rumore. Quest:ultima novità richiama l’attenzione sui rguardi che i compositori di pezzi musicali dovrebbero avere anche per il pubblico-degli uditori. Bisognerebbe cioè. che i compositori si -persuadessero della opportunità di non stancare soverchiamente il pubblico con composizioni troppo lunghe, troppo difficili e troppo rumorose, poiché naturale conseguenza.di siffatte esecuzioni è una ipereccitazione del sistema nervoso, la quale (la principio influisce soltanto alla periferia, ma a lungo andare arriva anche al sistema nervoso centrale, producendovi disturbi e sconcerti. E’ vero che in molti casi l’effetto dannoso di questa ipereccitazione viene attenuato dal fatto che l’attenzione dell’uditore finisce con lo stancarsi sicchè egli non afferra tutte le particolarità della musica che viene cseguita e il contatto fa esecutori e uditore viene in certo modo interrotto o per lo meno rilassato. Anche quando questo si avveri, le composizioni musicali troppo lunghe, invece di procurare agli uditimento di piacere, li stancano non solo, ma inducono riei loro animi ’un certo sentimento di malinconia il quale viene aumentato dalla compassione che si prova nell’assistere al difficile e prolungato sforzo cui è costretto l’individuo che suona.

Un raggio di sole sociale

Vi sono i raggi di sole della natura; vi sono i raggi di sole della società. Io chiamo un raggio sociale la solenne commemorazione del Ven. D. Giovanni Bosco, fattasi domenica, 18 aprile, nel vasto salone dell’Istituto dei Ciechi in Milano. Non so precisare il numero dei convenuti, ma credo di non esagerare col dire che fossero più di mille: era piena la platea, pieno il palcoscenico, pieno il balcone dell’organo, piena la tribuna riservata alla Comunità dell’Istituto, pieno l’atrio che per tre porte dà accesso al salone; e, se non pieno, molto affollato anche il piazzale dinnanzi al fabbricato dell’Istituto, col Corpo musicale, che sa [p. 139 modifica]listò con festanti armonie il principio e la fine della cerimonia. in prima linea delle sedie nel salone erano il Padre Albera, attuale capo dei Salesiani, successore di D. Bosco, Mons. Balconi, Arciprete del Duomo, in abito prelatizio, in rappresentanza di Sua Em. l’Arcivescovo, l’avv. Paleari, l’oratore della circostanza, ed altre distinte individualità del laicato e del clero. - Dopo alcune parole di introduzione del sig. Legnani, Presidente del Circolo G. Bosco, parlò l’avv. Paleari, facendo un largo riassunto della vita e delle opere di D. Bosco, accentuando in modo particolare l’elemento soprannaturale che entrò nell’ispirazione e nella efficacia dell’opera sua. Don Bosco, egli dice, fu un eroe di fede, e prescindendo da questc elemento superiore e divino, invano si cercherebbe di spiegare coi mezzi puramente naturali, quanto egli ha,fatto. Accennò con tocco felice l’influenza virtuosa della mamma Margherita, nel foggiare l’animo del giovine figlio e nel sostenerlo nei primi passi e nelle prime difficoltà del suo apostolato nell’educazione della gioventù. Ricordò con interessanti dettagli il fatto così caratteristico nella vita di D. Bosco, per mostrare la potenza pedagogica del suo metodo, quando ottenne dal governo il permesso di condurre in piena campagna, senza sorveglianza di guardie, la comitiva d’ella Generala, troppo famosa per spirito rivoltoso e anarchico, e la ricondusse la sera, senza che neppur uno della numerosa comitiva mancasse all’appello, contenuta unicamente dalla parola e dal rispetto di D. Bosco. La divozione alla Madonna, invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice fu un altro segreto della forza morale di D. Bosco, e fu bello vedere come da un piccolo tugurio, chiamato oratorio, D. Bosco presagisse la maestosa costruzione del grande Tempio, che ora si ammira in Valdocco. Da questi inizi non fu difficile al valente oratore il passare a far conoscere il crescente sviluppo delle opere di D. Bosco, nel duplice rapporto dell’istruzione letteraria e della professione industriale, con un crescendo di espansione che toccò quattro continenti, e non ebbe per confini che la terra, riuscendo opera veramente cattolica, di nome e di fatto. Chiuse poi felicemente• accennando il carattere di italianità che l’opera di D. Bosco portò nel mondo, non per un intento politico direttamente voluto, ma per sonseguenza di contatto inevitabile tra l’apostolo ed il cittadino: il Salesiano è italiano, italiana è quindi nel suo carattere pubblico l’opera sua. Uno scroscio di applausi coronò le parole dell’oratore, al quale seguì Mons. Balconi, con un semplice ma importantissimo riflesso: è mirabile, egli disse, questo esercito di giovani studenti ed operai formati dai Salesiani: quale è il principio informatore di quest’opera di tanto vantaggio non solo religioso ma civile? L’insegnamento religioso cattolico, il catechismo. Genitori, voi conoscete la via nella

quale porre i vostri figli, se volete che essi riescano non solo virtuosi credenti, ma utili cittadini. Pose fine all’imponente trattenimento, il successore di D. Bosco, Padre Albera, il quale con f ire semplice e paterno, ringraziando i milanesi dell’aiuto straordinario dato all’opera salesiana, ebbe campo di mostrare quale parte importante allo sviluppo dell’opera in tutte le parti del mondo, sia stato il concorso dei.cooperatori salesiani, ricordando un’altra delle divinazioni, se non si vuol dire profezia, di D. Bosco, quando raccogliendo in Torino il primo nucleo dei cooperatori, disse ai suoi compagni meravigliati, fra i quali D. Albera: fra poco questi cooperatori sorgeranno in tutte le parti del mondo. A queste parole, ognuno può constatarlo: «Ubbed i ente l’avvenir rispose.» La commemorazione, preceduta da un Coro di festa, del Maestro Cervi, si chiuse col canto del Salmo 41, con coro e a soli: questa scuola di canto è un’altra delle utili manifestazioni dell’opera salesiana.