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26 IL BUON CUORE


strali ríìistiche acque di Eunoè — è compensato, se non eliminato, almeno corretto, dovremmo dire, da un sentimento di dolore santificante, che è conforto e, consolazione, penitenza e misericordia, ad un tempò: auspice la Vergine: Rifugio dei Peccatori.. Là su gli spaldi, entro una nicchia nella muraglia, ecco l’immagine della Mater dolorosa. Siamo nella, prima parte della Tragedia. Ghita mette fiori freschi nei vasi che stanno daVanti al santo simulacro, e prega: Ah! volgi pietosa A me la fronte, o Madre dolorosa, Considera il rigor della mia sorte! La spada nel core, Mille volte trafitta dal dolore, Tu del Figliuolo tuo miri la morte; Al Padre Tu miri gemiti lassù mandi e sospiri Pel suo strazio e per quel clic Tu sopporto. chi mai sente Come furente Mi lacera il dolore fino all’ossa? • Quel che qui affanna il povero cor mio, E qual timor lo stringe e«qual desio. Sei Tu, Tu sola, che saper lo possa! Soccorso! Fa’ ch’io scampi obbrobrio *e [morte! Ah! volgi, pietosa, A me la fronte, o Madre dolorosa, Considera il rigor de la mia sorte., E non è questo la Stabat Mater liturgico, e il Memorare, piissima Virgo.... di San Bernardo? Inno di mesto osanna diverrà in Cielo; nell’Atto Quinto appunto, ed ultimo: Doininatrice altissima del mondo! Concedi che al profondo, Nel padiglione azzurro in ciel disteso, Io scorga il tuo mistero! Assenti quell’affetto che severo tenero commuove l’unian core, a Te,lo spigne acceso Di santa viva bramosia d’amore! Indomito è il nostr’animo allorquando Maestosa Tu imponi, tosto in noi l’ardor si va temprando, Come pace Tu suoni. VERGIN PURA NEL SENSO PI U’ I-. [DEALE. Madre cui ognun s’inchina, Eletta a noi regina, Ai Santi nata ’uguale! A Te, INTANGIBIL FIORE, Senza ostacolo potino per favore: Fiduciose’venir le poverette, Trascinate a fallar in lor fralezza, Difficil scampo han esse! Si avanza la Mater gloriosa, librata in un acre

di trionfo, dentro il quale note e luci si confondono: • Eco paradisiaca: IL CORO DELLE PENITENTI Tu che serena Ti alzi alle sfere Dell’immortale Regno celeste. Odi le meste Nostre preghiere, TU SENZA UGUALE! Di grazie piena! MARIA! culmine sublime di questo ideale ’edifizio dell’arte moderna,’ al cospetto della Rifornia, che fu madre del liibero pensiero. Preghiera l’Avo Maria. Oh, Maria, ben potremmo definire la primigenia d,ell’estasi cattolica (*). E còsì, innalzandosi, assurgendo, astraendo non pur dalle forme concrete, ma fin anco dall’atto razionale puro, messi da parte ritmi, rime e cadenze, quasi,gelosa l’idea di ricorrere ad una frivola alleanza di mezzi, la lirica mariana attinse le più eccelse vette della perfezione poetica. MARIA ispirazione ed elevazione!. E’ astrazìione; ma queSta non apparta il pensiero e il sentimento, quasi essa fosse un’aristocratica secessione da ciò che è umano, in un eremo di pensiero teologico ed ascetico, privilegio di visione e di contemplazioni proprie di anacoreti; non è la risultanza d’un calcolo differenziale che a pochissimi è dato di seguire e di integrare: Maria è il trionfo deli’uniiltà, nella poesia stessa umana. Questa trova nell’Ave la gamma del sentimento e dell’assenso che va dal pio bisbiglio della femininetta, che Te invoca, o Maria «nella veglia bruna», alla canzone che magnifica la Donna Celeste quale è ’contemplata dal rapito di Clairvaux, alle estasi liriche de’ nostri sommi poeti e delle armonie di Gounod e di Verdi. «Tu, Maria, pura luce mattutina, splendi ne’ cieli più tersi a chi nel primo aprirsi del giorno alla fatica, dolce e ’consolante, sente nell’anima il mistico tocco dell’Ave; al misero che, infermo di membra e, forse più dello spirito, riapre le pupille all’ineluttabile «noto duolo» e ripiglia l’animo allo ’strazio, rassegnato: invocando Te conforto. Te guida, Te consolazione degli afflitti». vernacolo lombardo attinse Anch’esso da tale mistico patetico note dolci e lacrimose. E il nostro, pur.sempre rimpianto poeta, Emilio De Marchi, il verista del buono,!il lirico dell’umiltà, gli consacra una prosa che è sua, che è unica nella letteratura dialettale. La sua elegia è poema di mestizia e (li pietà sublime; nostalgia alata di antica Fede lombarda, etnico ricordo d’anima gentile milanese: l’occhio fisso alla Vergine del Duomo. (*) In una Conferenza tenuta alle allieve del Corso Perfettivo delle Marcelline di Piazza Tornmaseo: «L’umanità terrena al cospetto della Divinità, in Dante e nel Goethe». 1914 gennaio.

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