Il buon cuore - Anno XII, n. 13 - 29 marzo 1913/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

../ ../Religione IncludiIntestazione 8 marzo 2022 50% Da definire

Il buon cuore - Anno XII, n. 13 - 29 marzo 1913 Religione

[p. 97 modifica]Educazione ed Istruzione


La ITALICA GENS

NEL TERZO ANNO DELLA SUA FONDAZIONE



In questo sguardo sommario che, a fine d’anno, rivolgiamo al lavoro compiuto dalla nostra Federazione, ndn cerchiamo per ora i risultati ottenuti nei riguardi del supremo scopo nazionale che essa si propone, poichè questi non possono certamente avvertirsi in così breve spazio di tempo: ma vogliamo, nei riguardi dello scopo medesimo, osservare i progressi della sua organizzazione.

Il lavoro dell’Italica Gens, in questo terzo anno di esistenza, fu diretto, sia a dare opportuno orientamento ed adeguato sviluppo graduale del suo programma; ciò si è fatto mediante la istituzione di uffici dirigenti in paesi in cui più se ne avvertiva il bisogno, e mediante studi e progetti preliminari per stabilirne in altre parti.


* * *


Il giusto orientamento dell’attività degli uffici di assistenza agli emigranti è cosa assai difficile ad ottenersi: e questo orientamento, questa giusta visione del proprio compito, ci sembra difetti in gran parte delle istituzioni italiane per gli emigranti.

Fare dell’assistenza elemosiniera, caritatevole ai connazionali bisognosi non è certo cosa difficile, ma essa non dà risultati per noi importanti: i patronati governativi o privati, ed anche le numerosissime società italiane all’estero hanno quel carattere predominante.

Soccorrere la miseria è sempre cosa buona e santa, e tanto più commendevole quando conforti i nostri confratelli emigranti; ma ad esercitare adeguatamente questa forma di assistenza occorrerebbero mezzi ben più considerevoli delle modeste risorse dell’Italica Gens; e d’altra parte non si potrebbe dissimulare che, ove si tratti di gente che più non tornerà in patria, ed i cui figli non sieno più italiani, a noi parrebbe che il dovere ne ricada sui nuovi paesi cui appartengono.

Perchè si possa parlare di interesse nazionale di assistere gli emigranti e perchè ne sorga il dovere, ci sembra che sia essenziale che noi possiamo considerarli ancora come cosa un po’ nostra; e la tutela deve quindi avere impronta nazionale.

Poichè d’ora in avanti la nostra emigrazione accenna ad essere meno umile ed ignorante che pel passato, occorre anche di ciò tener conto nell’esplicare il nostro lavoro di assistenza; ed invece di beneficenza gioverà darle forme più proprie di organizzazione, e direzione per scopi sociali e nazionali insieme.

Da una simile azione direttiva, che per ora mancò fra i nostri emigranti, sembra a noi che si possa avere una efficace auto-tutela, i cui vantaggi reali, provenienti dalle forze stesse della colonia, possano formare in questa anche la coscienza della propria nazione.


* * *


Alla ricerca di queste forme direttive più opportune stanno attivamente adoprandosi i Segretariati dell’Italica Gens. È noto che altre istituzioni già tentarono in qualche luogo, purtroppo senza successo, analoghe vie: il che mostra bensì che il compito è altrettanto importante, quanto difficile, ma non deve togliere fiducia nella definitiva felice riuscita del nostro programma, perchè si sa che l’Italica Gens conta su forze ed elementi assai diversi da quelli che fino ad ora furono all’uopo usufruiti. [p. 98 modifica]Così, in seguito ad accurati studi eseguiti dal nostro Ufficio Centrale di New York, l’Italica Gens ha aperto quest’anno nel Nord America due nuovi uffici regionali, tenuti da personale apposito, l’uno in Chicago, l’altro in New Orleans. Essi sono destinati a spiegare il loro lavoro in quelle località coordinatamente ed anzi sotto la direzione dell’ufficio di New York, proponendosi come obbietto principale l’avviamento degli emigranti nostri dai centri troppo densi dell’est a regioni migliori. Quello di New Orleans sorge ora particolarmente opportuno per promuovere una buona distribuzione, secondo i nostri fini, della emigrazione, che il Governo Federale intende presentemente di indirizzare negli Stati del Sud. Questi uffici, come quello di Buenos Aires, che funziona da un anno, già spiegano un importante lavoro di propaganda nazionale, ottenendo adesioni al nostro programma fra i parroci e missionari italiani colà residenti; i quali a lor volta creano altrettanti centri minori di propaganda nella lor zona. E d’accordo con questi corrispondenti, che conoscono a fondo i luoghi ed hanno generalmente forte influenza sulle popolazioni italiane, essi attendono alla formazione ed alla esecuzione di progetti pratici, organizzazione dei nostri emigranti a scopi economici e sociali, opportuni aggruppamenti in determinate colonie, istituzione di scuole italiane. Lavoro che, per i motivi più volte accennati, procede quasi dappertutto lentamente e faticosamente ed in mezzo a gravi difficoltà. Com’era già stato annunziato, l’Italica Gens ha quest’anno iniziato la sua opera di organizzazione anche nel Brasile: in seguito ad appositi viaggi di studio nei vari Stati di quella Repubblica, si sta preparando l’apertura di uffici centrali per gli Stati meridionali, e prima di tutti per quelli di Rio Grande do Sul e di S. Paolo: per mezzo di detti uffici l’Italica Gens si propone particolarmente di contribuire ad una sistemazione organica del problema scolastico italiano colà. Per ciò che concerne il movimento di espansione all’estero, già annunziammo che l’Italica Gens sta ora aprendo segretariati ed uffici di corrispondenza anche nei paesi del Levante; Alessandria di Egitto, Giaffa, Gerusalemme, Tripoli di Siria, Alessandretta, Smirne, Burnabat, Costantinopoli. In Italia pure il suo lavoro si va svolgendo ed estendendo colla crescente attività dei Segretariati ai porti d’imbarco di Genova e di Napoli, e con quella di tutti i corrispondenti d’ogni parte del Regno, che vanno facendosi sempre più numerosi.

  • • *

Sebbene sempre in periodo iniziale, l’organizzazione della Federazione procede regolarmente, secondo il suo programma: potrebbe farsi certo più sollecitamente se i mezzi finanziari non facessero difetto.

Pertanto lo studio assiduo compiuto in questo triennio ed il contatto continuo con quasi tutte le nostre collettività in America, già ci mette in grado di intravvedere la nostra posizione e di calcolare le nostre forze presenti e future nel problema emigratorio. Non nascondiamo che le nostre masse emigrate, se molto lasciano a desiderare nei riguardi delle condizioni sociali e di eleyamento civile, assai più ci impensieriscono pel loro avvenire nei riguardi della conservazione.-nazionale. La situazione si prospetta veramente fosca: chi voglia averne un indice- significativo si provi nelle nostre colonie a ’domandare alle persone più competenti e che, risiedendovi da molto tempo, ne hanno potuto seguire l’evoluzione, che cosa sarà rimasto di italianità e di lingua italiana fra cinquanta o cento anni: si vedrà quasi invariabilmente scuoter la testa come se, si parlasse di

utopie. Noi che ci proponiamo come supremo lo scopo nazionale, cui subordiniamo, quali mezzi, gli altri scopi civili e sociali, abbiamo ogni dì nuove conferme della difficoltà del lavoro che ci siamo imposti. Comprendiamo che il nostro sforzo di arrestare il fenomeno di snazionalizzazione precipitoso e quasi generale, fra i milioni dei nostri emigranti, è simile a quello di chi voglia fermare e riordinare un intero esercito in fuga: peraltro non possiamo consentire con coloro, per quanto numerosi essi siano, i quali dicono che ogni sforzo a tale scopo può paragonarsi a quello di porre un argine attraverso ad un fiume per fermarne la corrente. La conservazione della nazionalità fra i nostri emigranti, cioè di quel complesso di caratteri e di virtù civili, religiose, domestiche, che il lavoratore italiano porta seco quale eredità nazionale, e che tutti riconoscono quali elementi essenziali di civile progresso, è cosa, come già altra volta dimostrammo in questo bollettino (v.anno I, n. 9-Io), dì comune interesse tanto per l’Italia come per i paesi di immigrazione; è cosa ragionevole e realizzabile; essa ha la base nei più alti interessi umani, negli ideali più nobili, e questo solo giustifica ogni sforzo e può infondere fiducia. D’altra parte è giusto considerare che l’Italica Gens si appresta a portare il suo contributo al problema colle forze disciplinate del clero italiano all’estero, cioè con elementi fra i più elevati ed influenti delle colonie stesse, elementi che non esitiamo a dire più estesi ed efficaci di quelli di cui fino ad ora dispone qualsiasi altra organizzazione avente fini analoghi. Non ci sembra qui fuor di luogo aggiungere che tale praticità degli intendimenti e dell’operosità della Federazione fu già riconosciuta ed apprezzata da quanti s’interessano all’esistenza della emigrazione italiana: e ne è prova anche il fatto che la ’Giuria della Esposizione internazionale di Torino dell’anno passato conferì alla Italica Gens una delle cinque medaglie d’oro del R. Commissariato dell’Emigrazione. [p. 99 modifica]La sempre crescente fiducia dei nostri collaboratori sembra a noi che sia plausibile motivo a sperare che l’Italica Gens potrà, senza illudersi in troppo grandi speranze, almeno conservare alla patria ed alla nazionalità italiana una parte nobile e selezionata dei nostri emigranti.

All’Italica Gens dall’Argentina.

Da Rafaela (Provincia di Santa Fè): Ai lettori dell’Italica Gens, che seguono con interesse l’azione dei nostri emigrati, non tornerà sgradito un cenno, per quanto riassuntivo, intorno alla terra che i loro connazionali coltivano in questa ubertosa parte della Provincia di Santa Fè. Dirò brevemente del paese e delle condizioni materiali e morali del nostro agricoltore: La pianura si estende a perdita d’occhio; sori campi coltivati a grano e a lino; prati di al falf a (erba medica) circondati da fili di ferro (alarnbrados); sono pascoli bellissimi e perciò numerosi arment;. Granturco, alberi fruttiferi, viti, si trovano in così piccole proporzioni, da essere tenuti nei giardini co. me piante ornamentali. Il paesaggio vastissimo, non corso da fiumi o torrenti, si estende verde e monotono. Ogni quindici o venti chilometri sorge fra i campi una borgata o un paesello. La principale delle borgate (che qui si chiamano colonie) è Rafaela, fondata l’anno 1882 e capoluogo del Dipartimento. Essa è attraversata da quattro ferrovie e gode di tutte le comodità moderne. Belle, ampie strade, luce elettrica, telefono. Conta importanti case di commercio, opifici meccanici, fabbriche di calce; di sapone, di. paste alimentari; alberghi eleganti. La beneficenza, la vita sociale vi si esplicano con una Società rurale, l’Ospedale, diverse Società di beneficenza e di mutuo soccorso. Attualmente vi si sta costruèndo una nuova chiesa che certo riuscirà per la sua buona architettura e le sue vaste dimensioni un nuovo vanto di questa bella colonia. Da Rafaela si diramano, oltre che le ferrovie, numerose strade carrozzabili che la mettono in comunicazione con le altre colonie del Dipartimento. Queste colonie naturalmente sono di proporzioni più modeste, meno popolate, ma non diverse nella loro costruzione. Eccole: ogni colonia ha una grande piazza, in cui pulsa la vita cittadina. I quaranta o cinquanta edifizi che la formano sono le residenze delle autorità Civili, dei professionisti, le farmacie, gli alberghi, le sedi di piccole industrie; qui si trovano il calzolaio, il fabbro ferraio, il parrucchiere, il sarto. E qui, nel cuore della colonia si trova pur sempre la Chiesa col suo curato, che per lo più è italiano. Alla domenica le famiglie dei nostri agricoltori affluiscono dai loro casolari, al centro. Qui adempiono ai loro doveri religiosi e fanno le loro compere e sbrigano i loro affari, poichè non c’è lungo la settimana un giorno di mercato. (Continua).

Flora siciliana e flora libica (Continuazione del num. precedente)

«Però che i dati metereologici sopra riportati si riferiscono solo per Tripoli, mentre sappiamo che le condizioni delle altre regioni sono assai diverse: così in Cirenaica si ha un clima più uniforme con piogge più frequenti e meglio distribuite, mentre nel Fezzan gli sbalzi di temperatura sono enormi, accompagnati dalla mancanza assoluta di qualsiasi pioggia». Ma migliore prova della importanza della Sicilia come suolo d’esperienze coloniali, è il confronto della flora esistente in Libia con quella della nostra isola. Delle 624 specie di piante riscontrate in Tripolitania, ben 374 si trovano nell’Italia meridionale ed inoltre 28 specie si trovano in Tripolitania ed in Sicilia, mentre mancano all’Italia continentale. Molte di esse sono ubiquità da non tenerne conto — nota il Borzi — ma alcune presentano un vero interesse geografico, mancando in molte altre regioni della zona mediterranea. Pure la flora tripolina è influenzata dal deserto vicino e quindi presenta con la nostra maggiori differenze laddove la flora della Cirenaica su 81c, specie riscontrate, ne ha ben 532 in comune con l’Italia meridionale e 44 che si trovano solo in Sicilia e non nell’Italia continentale. Da tutto ciò — secondo il prof. Borzi — emerge che la floora della Cirenaica a in confronto a quella della Tripolitania, sia ancora più affine a quella dell’Italia, e specialmente della Sicilia. In essa si riscontra meno l’influenza del deserto, come lo dimostra la prevalenza. di alcune famiglie, quali graminacee, leguminose, composte, crocifere, ombrellifere, labiate, e la mancanza di molti fra i generi a tipi adattati alle sabbie sahariche, generi esistenti in Tripolitania. La presenza poi di numerose essenze arboree, esistenti anche in Italia e specialmente in Sicilia, ma non in Tripolitania, ci dimostra comprendere la Cirenaica vere zone boschive quali non si riscontrano in Tripolitania, ed essere queste assai somiglianti a quelle delle nostre regioni, perchè composte delle medesime essenze».

Questa condizione eccezionale dell’Italia come Potenza colonizzatrice, la fortuna di avere una regione quasi nelle identiche condizioni meteorologiche della [p. 100 modifica]colonia darà degli effetti meravigliosi non solo in rapporto all’agricoltura della colonia, ma all’agricoltura di tutto il nostro paese e dell’Italia meridionale in ispecie. Chè se nuove forme di coltura emigreranno dalla Sicilia per trapiantarsi e diffondersi nella Libia, nuove esperienze e nuove vicende pratiche noi potremo fare nella flora della Tripolitania e Cirenaica che c’insegnino, per esempio, a coltivare le nostre estese plaghe incolte per aridità e secchezza. E già il prof. Borzi, altra volta, quando ancora non si parlava dell’occupazione libica, ebbe a dire, riferendosi al problema della non cultura per secchezza: a Occorre ricercare, studiare, porre a profitto la flora dei paesi tropicali e subtropicali, i quali si trovano soggetti per natura a un clima molto secco e possono fornirci copioso materiale adatto al boniftcamento dei terreni incolti. Non poche sono ivi le erbe e più specialmente i frutici e gli alberi dotati di un eccezionale potere di adattamento alla secchezza e i loro caratteri xerofili vanno determinati e riconosciuti per mezzo dell’esperienza e quindi messi a profitto. Non sarà mai troppo l’insistere sul principio che l’eccessiva e prolungata secchezza costituisce per noi il più grave ostacolo alla estensione delle colture agrarie e che non sia possibile pensare al ripopolamento e imboschimento dei denudati aridi colli e delle sterminate distese di terre abbandonate dall’agricoltore, senza una guida sperimentale. A volere fare nel nostro Mezzogiorno della selvicoltura sul serio, bisogna quasi interamente mettere da parte le regole apprese a scuola o nei trattati, poichè a nulla esse giovano quaggiù, dove la selvicoltura è una disciplina di là da venire e occorre costituire i suoi fondamenti colla scorta di lunghi studi sperimentali D. Questi studi sperimentali per il rimboschimento dei terreni incolti noi li faremo in Tripolitania, ricavando un doppio effetto di colonizzazione per le nuove terre e per le nostre ancora non lavorate dalla mano dell’uomo. E qui vien acconcio ricordare quanto utile a questi studi riuscirà il giardino coloniale di Palermo, quel secolare orto botanico, che sebbene sorto con un indirizzo ben differente da quello proprio ad uno stabilimento agricolo d’acclimazione, è riuscito a divenire nei trascorsi centoventi anni della sua esistenza un attivissimo centro d’introduzione e di diffusione, nel mezzogiorno d’Europa, di parecchie specie e varietà utili alla agricoltura e all’orticoltura.

Ora il giardino coloniale che di quest’orto botanico fa parte oltre al. beneficio d’una siffatta secolare preparazione godrà il particolare, significantissimo beneficio di potere esplicare la sua azione in un ambiente, che per condizioni di natura, per posizione geografica e per attitudini speciali alla regione stessa e ai suoi abitanti è del tutto idoneo a divenire un grande focolare di attività tanto nei rapporti coll’agricoltura coloniale, quando in ordine ad interessi scientifici e pratici più generali di quelli che possano riflettere la sola nazione italiana. Questo giardino che dal mandarino alla palma, al papino, alla ficus elastica chiude in sè una meravigliosa vegetazione tropicale o quasi tropicale diverrà certamente il centro del nuovo erompere di energia vegetale che seguirà l’energia militare nella occupazione delle colonie. E Palermo bella sul Tirreno, tepida nel suo clima mite già curiosamente esotica nei suoi pubblici giardini darà il suolo su cui nuove radici suggeranno gli umori della terra per miracoli di più lussureggiante bellezza, di nuovi ardimenti nella conquista della natura. ROUGE.