Il buon cuore - Anno XII, n. 11 - 15 marzo 1913/Religione

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[p. 85 modifica]Religione


Vangelo della Domenica detta delle Palme

Testo del Vangelo.

Era vicina la Pasqua de’ Giudei, e molti di quel paese andarono a Gerusalemme per purificarsi. Cercarono pertanto di Gesù, e dicevano tra loro, stando nel Tempio: Che ve ne pare del non esser Egli venuto alla festa? E i Pontefici e i Farisei avevano dato ordine che, se alcuno sapesse dove Egli era, lo denunziasse per averlo nelle mani. Gesù adunque, sei giorni innanzi Pasqua, andò a Betania, dove era Lazzaro già morto e risuscitato da Gesù. Ed ivi gli diedero una cena: e Marta serviva a tavola: Lazzaro poi era uno di quelli che stavano a mensa con Lui. Maria però, presa una libbra di unguento di nardo, liquido di gran pregio, lo versò sul capo e unse i piedi di Gesù, ed asciugò i piedi a Lui coi suoi capelli; e la casa fu ripiena dall’odor dell’unguento. Disse perciò uno dei suoi discepoli, Giuda Iscariote, il quale era per tradirlo: E perchè un unguento come questo non si è venduto per trecento denari e dato il prezzo ai poveri? Ciò egli disse, non perchè si prendesse pensiero dei poveri, ma perchè era ladro e tenendo la borsa, portava via quello che ci era messo dentro. Disse adunque Gesù: Lasciala fare: ella aveva serbato cotesto per il dì della mia sepoltura. Imperocchè i poveri li avete sempre con voi: me poi non sempre mi avrete. In verità vi dico che ovunque sarà predicato il Vangelo, sarà eziandio narrato., a memoria di lei, ciò che questa donna ha fatto. Seppe per tanto una gran turba di Giudei come Gesù era in quel luogo: e vi_andarono non per Gesù solamente, ma anche per vedere Lazzaro risuscitato da Lui. Tennero consiglio perciò i Principi dei Sacerdoti di dar morte anche a Lazzaro: perchè molti, a causa di esso, si separarono dai Giudei e credevano in Gesù. S. GIOVANNI, cap. it. [p. 86 modifica]Pensieri.

Ci fa osservare l’Evangelista Giovanni che di quei giorni era prossima la Pasqua e molti s’affrettavano alla città per santificarsi, per — in altre parole — ottenere la perfezione propria nell’osservanza delle cerimonie legali secondo la legge di Mosè. Molti ci vanno e — subito lo nota l’Evangelista — cercano di Gesù, ne nascondono la meraviglia loro nei loro colloqui chiedendosi a vicenda il perchè non sia ancor venuto alla festa. Lo sapevano tanto attento al proprio dovere religioso che si domandavano con stupore come mai essi lo abbiano preceduto. Di questo parere sono pure i nemici di Gesù — pontefici e sacerdoti ebraici — che aspettano quel giorno, quell’ora, quelle circostanze per chiedere di lui e poterlo avere fra le mani. Innanzi alla Pasqua — tempo di santificazione — i buoni ebrei corrono per ottenere la propria santificazione. Un serio precetto di questi giorni — non vuoto nè inefficace come l’antico precetto di Mosè — ci spinge alle nostre chiese per avere la santificazione vera nella remissione dalle colpe nostre, per purificarci nel sangue di Cristo, per piangere le nostre mancanze ed offese a Dio, alla sua santa legge. Che si tardo? Che ci impedisce? Forse il rispetto umano? Forse il pregiudizio? Forse l’antico affetto a colpe, ad amicizie, a vita che dispiace spezzare, mutare? Forse la mancanza di coraggio nel mostrare piaghe, cancrene? Forse ci spaventa il lungo tempo con cui ci famigliarizzammo alla colpa... con cui abbiamo compiuto il silenzio della coscienza?... Oh! no! Ci troveremo Cristo che — anche non conosciuto — agita e preoccupa il popolo. Senza di lui si sentono quei miseri a disagio... pare che, più che la festa stessa, aspettino Cristo... sù, sù! la festa è muta, morta se manca Cristo, il vostro spirito è morto e desolato se è assente Gesù. Voi vi sentite però l’infinito: l’infinito vi soggioga, vi lega, vi attira... l’infinito è Gesù, Gesù che è luce, che è.calore, che è vita, che è pace, che è riposo. Forse siete agitati, in preda a dolore, a sconforto. Disinganni vi hanno precipitato in abissi di avvilimento e disperazione. Fatale in quel momento vi arriverebbe la voce della sirena del mondo... un nuovo disinganno vi si prepara. Sentite Gesù, sentite la Chiesa, avvicinatene il ministro... ha l’obbligo di piangere con voi, di consolarvi, di darvi il perdono, di darvi il suo bacio d’amore in nome di Cristo, risurrezione e vita.

Anche i suoi nemici — pontefici e sacerdoti, preoccupati del posto e del proprio interesse — aspettano Gesù neI tempio. Purtroppo anche oggi vi opera il mondo in questa guisa. Ci aspetta ed attende al tempio alla fe sta... Qui ci attende per violentare, arrestare Gesù ed ucciderlo. Triste pensiero! Satana ci attende a morte• proprio in quel giorno, in quell’ora che dovrebbe segnare la nostra risurrezione con quella di Gesù. Ci attende per sfruttare la nostra leggerezza, l’abitudine, la facilità delle nostre promesse, un primo sfogo di dolore, la prima lagrima del pianto che dovrebbe lavare l’anima nostra dalle nostre colpe. No, così non sia. Andiamo a Gesù per averne’ conforto, non per offenderlo una volta più. Vorremmo noi essere il Giuda che lo tradisce? Che lo consegna ai suoi nemici, al mondo, al demonio, alle nostre passioni? Ci sentiamo il coraggio di perseguitarlo ancora, di acuirgli il dolore delle spina, le punture dei flagelli, la crudezza dei chiodi, il duro della croce?! Gesù, così non sia. Dai tuoi dolori, dalle tue piaghe ci hai redenti con sangue prezioso, dal tuo sacrificio abbiamo pure appreso la bellezza e la voluttà paradisiaca del sacrificio. Molto più duri e pesanti i sacrifici del mondo e del piacere... più roventi le lagrime che seguono il riso della colpa e del peccato. Per Gesù dolce è il morire alla vita del senso... Per Gesù son leggere e delicate le catene ed il giogo... Per Gesù ha una poesia di infinita bontà e dolcezza il carcere stesso. • •

Nulla potendo contro Gesù vogliono la morte dell’amico Lazzaro. L’impotenza del mondo è manifesta... se non su Cristo che ci sfugge e ci domina in una incontrastata luce di verità e giustizia avranno ragione del seguace, avranno ragione di noi... E’ vero? Temete? Il profeta ci dice: Si moltiplichino a mille i miei nemici: s’adunino a battaglia: nel loro odio e livore si scaglino pure contro... Con fido in Gesù che ha detto ai suoi seguaci: Confidate: io ho vinto il mondo. B. R.

In morte del Prof, Dott. GRID FRATTI. (I)

Prima che la salma benedetta dell’ottimo rimpianto dottor Giulio Fratti (primo medico chirurgo e direttore di questo Ospitale Consorziale) si allontani per sempre da questa casa del dolore, che fu il Santuario ove rifulsero le sue preclare doti di mente e di cuore, lasciate che per un momento qui si ricordino le sue benemerenze insigni, che gli meri(r) Parole lette sul feretro dal R. Teologo di Carate-Brianza, Don Erminio Piazzini. [p. 87 modifica]tarono in breve giro di tempo l’unanime estimazione ed in questi giorni, di straziante inaspettata sventura, il compianto generale. Egli venne da non sono ancora tre anni; proprio all’inizio della vita di questo nostro caro Ospedale, ora testimoni splendido del buon volere dell’on. Consiglio amministrativo e di tutti quegli illustri cooperatori che vi portarono il loro valido appoggio. Lo precorse la fama di chirurgo intelligente e buono, studioso e profondo conoscitore della scienza che tanto lo fece apprezzare prima a Lecco in quel Nosocomio, e poi quì da noi, ove diede prove le più luminose del suo sapere e della sua attività, a segno che in breve giro di anni seppe cattivarsi la stima e l’affezione unanime non solo della intera nostra popolazione, ben’anche di quelle circostanti, che ricorrevano, all’opera sua nei momenti più gravi della vita. L’innata gentilezza era in lui disposata a quel delicato sentire che dimostravano la misura del suo giudizio assennato e la squisitezza del suo tratto in ogni dolorosa contingenza. Il suo consiglio perciò e l’opera sua erano apprezzati da ogni cuore ben nato e ricercati da ogni sofferente. Schivo dal plauso secolare amava tenersi nascosto e quasi in disparte, come un dimenticato, secondando quel savio consiglio di Gersenio «ama nesciri et pro nihilo reputasi» così pieno di sapienza per divenire grande davvero. Per questo noi scorgemmo subito come in Lui, oltr’essere distinto il sapere, era del pari profondo questo spirito umile, che rende tanto care ed amabili le persone che ne vanno adorne. Le doti non comuni della sua mente e quelle ammirabili del suo cuore erano fuse insieme nell’anima sua eletta, perchè, non solo dall’amore assiduo allo studio della sua scienza aveva appreso ad arricchire il corredo delle sue cognizioni, ma anche più perchè seppe ingentilire l’animo suo a quelle fonti sublimi che uniscono in santo connubio scienza e fede, dal quale connubio l’umanità si ebbe i più grandi suoi benefattori. Esempio oggidì assai raro e perciò tanto più prezioso e fatto segno all’unanime plauso dei saggi allora che rifulge nell’uomo scienziato. E noi tutti siamo testimoni della sua squisita bontà e grazia verso i sofferenti e gli umili e come assennatamente pronunziava il suo giudizio, in ogni doloroso evento, con riguardo e delicatezza. Ecco perché tutti lo chiamavano il buon professore del nostro Ospedale e gli si avvicinavano con tutta la fiducia. Si era convinti che in Lui camminavano di pari passo il senno e la virtù. Ecco perchè in questi giorni fummo tutti in grande trepidazione e profondamente accasciati ora che il nemico fatale della vita ce lo tolse quasi improvvisamente, proprio quando a Lui, giovane ancora, sorrideva la vicina primavera di un dolce avvenire e noi si era appreso a stimarlo ed amarlo con tanto cuore! Ha ragione la sua veneranda madre e la sua pre giata famiglia di piangere l’amara perdita di uno de’ suoi figli migliore! Ma ha pur ragione l’on. Amministrazione di questo Ospedale di deplor.are vivamente la perdita immatura del suo caro e ben’amato dottor Giulio Fratti, la cui memoria soave sarà sempre in benedizione presso di noi. Valga almeno questo sincero tributo di pietà cristiana, che, concordi, siamo quì per rendere, in questo momento di profonda mestizia, alla sua spoglia venerata, valga, dico, a lenire il nostro unanime dolore, ed affrettare a Lui, tanto buono, il possesso di quel bene supremo, che fu l’oggetto sublime dei suoi ultimi pensieri.

Al momento d’impaginare, ci sopraggiunge una notizia assai dolorosa.

Il Cav. GIUSEPPE ROSSI dopo aver superato una grave crisi, mentre si sperava una favorevole soluzione del male che lo aveva colpito, è spirato improvvisamente nella sua villa Belvedere a Monza. Figlio non degenere dell’illustre Senatore Alessandro Rossi, dedicò la sua intelligenza e le energie degli anni migliori all’industria paterna. Più tardi si ritrasse dagli affari e si ritirò a vita contemplativa, ma pur sempre attiva. E la sua attività fu quella della beneficenza in tutte le più belle forme ridondanti a incremento del culto e a vantaggio dei miseri, dei bambini del popolo, dei deficienti, di tutti gli sventurati. Mente ben coltivata e cuore gentile, Egli, in famiglia e in società, fu esempio costante delle più belle virtù che possano adornare una creatura umana. C.