Il buon cuore - Anno XII, n. 01 - 4 gennaio 1913/Religione

Religione

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Beneficenza Elargizioni

[p. 4 modifica] [p. 5 modifica]confessare che non lo spirito di Dio ci muove, ma il nostro proprio, tutto affascinato e accecato dalle cose della terra. Se non sempre, spesso è così: questi sono i nostri peccati.

Invece ogni cristiano dovrebbe essere vigile per intendere la voce dello spirito: dovrebbe farsi una pia abitudine interrogarlo prima di decidersi ad operare, specialmente quando si tratti di cose gravi, di deliberazioni solenni. E allora guardiamo bene di non confondere con la voce di Dio quella del nostro proprio io: è difficile ricalcitrare contro il pungolo, ammonisce Paolo, ma è meno difficile mettere al suo posto motivi meno nobili, meno elevati, meno puri, illudendoci di seguire una chiamata divina. Dobbiamo fare silenzio noi e lasciare parlare il Signore e quand'Egli parla noi lo dobbiamo ascoltare.

«Ho sentito che questo era il mio dovere e mi son decisa così» diceva un'anima santa, accettando un compito di sofferenza e di costrinzione... E lo diceva con calma solenne, con pace, nel dolore, radiosa...

Tali sicurezze interiori non posson venire che dall'adesione a un volere divino.

  • * *

Gesù opera: all'impulso dello spirito risponde la sua vita pratica.

va anche a Nazaret, nella Sinagoga, e là parla liberamente della sua missione con quella grande fermezza che o avvince o dà scandalo: per ora tuti sono meravigliati di Lui, ma, presto, l'ammirazione cederà il posto alla maledizione...

La schiettezza di Gesù si ritrova in tutte le anime grandi che continuano il suo apostolato: essi sentono l'adozione di Dio in loro a pro dei fratelli e dicono semplicemente, umilmente quello che trovano in sé stessa... quelli che lo spirito illumina ne restano edficati; gli altri, gli altri preferiscono le ipocrite modestie, il falso pudore che tenta nascondere una creduta propria virtù.

L'umiltà vera non sa queste circospezioni, essa è compagna della semplicità, di una quasi mirabile ingenuità che, a volte, trasfigura un uomo....

Se non sarete come fanciulli non entrerete nel regno de' Cieli!

Questo spirito d'infanzia così caro a Gesù (che non è spirito puerile) non si ritrova nelle piccole virtù, e nei piccoli uomini, ma solo negli eroi della virtù, della carità, nei grandi di mente e di cuore!

  • * *

Dalla efficacia potente della sua parola gli ascoltatori di Gesù son tratti a indagare l'esser suo.

«Non è costui il figlio di Giuseppe?» si chiedono essi, meravigliando.

Gesù passava senza distinguersi per nulla dai suoi contemporanei, faceva tutto quel che essi facevano, parlava, vestiva, mangiava come essi; nessun segno esteriore da essi lo distingueva.

Ma la sua grande, univa unione con Dio lo trasfigura, la sua santità incomparabile s'impone a tutti, e tutti pur conoscendo la famiglia di Gesù, pur ritenendolo fratello loro, loro conterraneo, sono portati, sentendolo così superiore ad essi, a non crederlo più simile a loro, a indagare quale mistero di grandezza originaria si celi in Lui...

Come mi piace la semplice meraviglia espressa dalla frase angelica: «Non è costui il figlio di Giuseppe?» E' il principio di quella indagine amorosa e riverente, che, di secolo in secolo, ha stretto l'umanità intorno a Cristo, intorno al Salvatore. Dio è in Lui, e solo in Lui l'uomo trova riposo e rifugio.

Ma Gesù non è solo il nostro Salvatore, il nostro maestro: egli è anche il nostro modello. Ogni cristiano dovrebbe, nella sua piccola cerchia, rinnovare in certo qual modo i prodigi di Gesù, continuare la sua rivelazione, portare il suo spirito nel mondo: spirito di carità, di verità, di pietà.

Non sono uomini come noi i Cristiani? dovrebbero potersi chiedere i mondani... oh, forse, se lo spirito del mondo non avesse tanto preso in noi il posto di quello di Cristo, se noi fossimo meno indegni della nostra vocazione, se la nostra vita corrispondesse ad essa, forse, allora, noi saremmo davvero, come Gesù desiderava, la luce del mondo e il sole della terra.

La colonizzazione italiana

negli Stati Uniti del Nord America


Sarebbe ben difficile fare un elenco anche solo approssimativo di tutti gli scritti ormai pubblicati su questo argomento. in volumi poderosi e in riviste senza numero questo tema è stato trattato un po' da per tutto, di qua e di là dell'Atlantico. Tutte le Società, sorte in questi ultimi decenni col proposito di venir in aiuto dell'emigrante, si sono occupate di questo problema. Governi, economisti e finanzieri hanno dedicato somme cospicue allo studio ed alla soluzione del quesito: come popolare le terre nord-americana ancora incolte? Proposte e tentativi svariatissimi si sono alternati con ammirevole costanza, ma pur troppo con poco successo degno di nota.

Chiunque esamini la formazione degli odierni centri agricoli negli Stati Uniti, costituiti da popoli immigrati da breve data, irlandesi, germanici e scandinavi, arriva sempre alla stessa conclusione: i nuclei colonizzatori si sono formati senza piani prestabiliti, senza impulsi di forse coalizzate. Un pioniere ha cominciato, poi è venuto il parente, l'amico, il paesano e via via. Questo pioniere è stato talvolta un avventuriero, spesso un minatore e soventissimo un operaio di fabbrica od un manovale di ferrovia, il quale, coi risparmi accumulati con grandi stenti e dopo aver osservato come i prodotti della terra trovino spaccio rimunerativo, si è convinto che solo lavorando la terra avrebbe ottenuto quella sicurezza d'esistenza invano cercata nelle occupazioni incerte della città, della fabbrica o della miniera.

Le floride regioni agricole del West, oggi in mano specialmente dei tedeschi, si sono formate a caso e [p. 6 modifica]direi quasi per forza. Quando i tedeschi sbarcavano a New York parecchie decine d'anni fa, le ferrovie dell'East ricevevano un dollaro di gratificazione dei grandi costruttori di ferrovie del West per ogni immigrante che trasportavano negli Stati occidentali. Arrivati là questi emigrati, oramai senza un centesimo, dovevano restarvi ed accettare la situazione. lavorando nelle costruzioni ferroviarie od in altri lavori sussidiari, poco a poco venivano a trovarsi in possesso di un modesto gruzzolo economizzato con gravi sacrifizi, che, nella loro previdenza, investivano immediatamente in qualche acre di terra. Poi chiamavano le famiglie, i parenti, i compaesani che s'avviavano alla stessa scuola, talvolta ben dura, ma che finiva per assicurare l'esistenza anche a loro.

Nessuna impresa colonizzatrice premeditata fu tentata dagli immigrati tedeschi che oggi, tra i nuovi popoli colonizzatori del Nord America, sono certo i più potenti. Nessun piano fu tracciato in antecedenza, nessuna spinta di forse coalizzate fu data a questa massa. A parte la propaganda, del resto limitata, fatta dagli agenti di società di navigazione, nessuno pensò od aiutò a formare queste colonie agricole tedesche. Per un puro caso essi godono di una situazione invidiabile nel possesso della terra produttrice nord-americana.

Ed altrettanto dicasi degli altri popoli colonizzatori, irlandesi o scandinavi, e perfino di quelle pochissime colonie italiane che si formarono in questi ultimi vent'anni.

Da per tutto e sempre è stata l'energia iniziatrice di un primo pioniere che ha dato la spinta al movimento al colonizzatore.

Ed a prova ulteriore di quanto scriviamo, accenniamo semplicemente al fatto che le imprese colonizzatrici, tentate dai finanzieri, non hanno dato quasi mai alcun risultato serio, parecchie anzi si sono sfasciate con susseguente abbandono della terra da parte dei coloni e perdita di ingenti somme da parte degli speculatori.

Non è mio intendimento di fare qui, su questo argomento, una rassegna completa e documentate: sarà materia per un altro studio esauriente. Ho fatto soltanto quest'accenno breve e generico per introdurmi sul progetto che la nostra Italica Gens prepara e sta ora per attuare: cioè come sfollare dalle grandi città nord-americane la nostra massa d'immigrati e come avviarli alla terra.

Quanti si occupano con mire oneste degli interessi dei nostri immigrati, tutti riconoscono la necessità di salvare il nostro popolo dalla rovina morale, materiale ed igienica che lo minaccia negli agglomeramenti dei grandi centri, come New York, Chicago, Boston e Philadelphia. Distinti igienisti e medici italiani, di New York particolarmente, hanno additato il grave pericolo che sovrasta alla nostra razza immigrata ed hanno raccolto statistiche impressionanti, specialmente sul deperimento dei nostri fanciulli e sull'alta percentuale di tubercolotici che si riscontra tra l'infanzia [p. 7 modifica]In molti punti degli Stati Uniti e Canadà già stanno disseminati questi sacerdoti italiani, particolarmente nei grandi centri e nelle regioni minerarie. Ebbene: questi sacerdoti diranno nelle loro corrispondenze i risultati della loro esperienza quotidiana nell'ambiente in cui si trovano a vivere. L'Ufficio centrale dell'Italica Gens di New York coordinerà queste informazioni e servirà di tramite tra tutti i suoi federati. Dalle autorità federali e da quelle dei singoli Stati, nonché dalle varie stazioni sperimentali già istituite od in via di formazione, già fin d'ora raccoglie un materiale prezioso di informazione sulla natura dei terreni, su le condizioni climateriche e sui risultati autentici. La Italica Gens favorirà prima di tutto lo sviluppo ed il consolidamento delle colonie italiane già esistenti in vari punti del territorio nord americano, facendone conoscere i successi e additandone le cause.

Al più presto promuoverà la formazione di nuove colonie, sia appoggiando quelle società fondiarie che offrono garanzie di serietà e fanno condizioni umane nella vendita delle loro terre, sia comprando direttamente larghe zone incolte da cedere poi in appezzamenti a coloni nostri senza alcun guadagno.

Già varie offerte abbiamo ricevuto di ottimi terreni nel Missuri e nell'Arkansas ed un gran numero di Compagnie fondiarie si sono rivolte a noi per aver coloni o semplici lavoratori.

(Continua).


La Società «La Formica»

ha raccolto nell'anno 1912 capi d'indumento N. 5929 e li ha così distribuiti:

Scuola Comunale Mista di Via Morosini, n. 600; Ospedale Fate-bene-fratelli, n. 350; Provvidenza Scolastica, n. 300; R. R. Suore Canossiane di Via Signora, n. 300; Pia Casa di S. Giuseppe, n. 260; R. R. Suore Francescane, n. 250; Istituto Ginecolpogico di maternità, n. 250; Guardia Ostetrica di via Unione, n. 250; Asilo Infantile di Carità Eleonora, n. 250; Asilo Inf. di carità Maurizio Quadrio, n. 250; R. R. Suore Cappuccine di Via Canova, n. 220; Ambulanza per le malattie contagiose di Via pace, n. 200; Dispensario Antitubercolare di Via Statuto, n. 200; Sezione Pediatrica dell'aAmbulanza di S. Corona, n. 200; Conferenza femm. di S. Vincenzo de' paoli di S. Eufemia, n. 160; Id. Id. di S. Francesca Romana, n. 160; Id. Id. di S. Gioacchino, n. 160; Id. Id. di S. Maria al Naviglio, n. 160; Id. Id. S. Maria della Passione, n. 160; Id. maschile di S. Vincenzo in Prato, n. 160; Ambulanza-Scuola della Croce Rossa, n. 150; istituto Ototerapico, n. 100; Asilo Infantile Convitto dei Ciechi (tenue segno di viva gratitudine al R. Mons. Vitali per l'ospitalità accordata alla Formica» in una sala del suo alloggio all'istituto dei Ciechi) n. 50; a n. 77 famiglie povere, n. 789.

Per la Provvidenza Materna.

Nobile Donna Vincenzina Casati Bertarelli 6 capi d'indum.; Antonietta Bellotti Mazzola 17 capi d'ind.; Nobil Paolina Casati Brioschi 10 corpettin; P.ssa Barbiano di Belgiojoso s'Este 2 corredini; Maria Ferrario Sessa e Carlotta Ferrario Sessa un pacco d'indum.; M.sa Maria Meli Lupi di Soragna Borghi 3 corredini; M.sa Tullia Cornaggia Medici de Maestri d'Aragona 3 capi; Ernesta Longhi brini 96 capi.

Sanatorio Popolare Umberto I.

Oblazioni pervenute nel corso dell'anno: