Il buon cuore - Anno XI, n. 43 - 26 ottobre 1912/Religione

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Beneficenza Educazione ed Istruzione

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Vangelo della domenica prima dopo la Dedicazione


Testo del Vangelo.

Disse il Signore Gesù a’ suoi discepoli: «Il regno de’ cieli assomiglia ad un re, il quale volle fare i conti co’ suoi servi; e avendo principiato a rivedere le partite, gli fu presentato uno che gli andava debitore di diecimila talenti. E non avendo costui il modo di pagare, comandò il padrone che fosse venduto lui e sua moglie, e i figlioli, e quanto aveva, e si saldasse il debito. Ma il servo prostrandosegli a’ piedi lo supplicava dicendo: Abbi meco pazienza, e ti soddisferò interamente. Mosso il padrone a pietà di quel servo, lo lasciò in libertà e gli condonò il debito. Ma partito di lì il servo, trovò uno de’ suoi conservi, che gli doveva cento denari; e presolo per la gola lo strozzava dicendo: Pagami quello che devi. E il conservo, prostrato a’ suoi piedi lo supplicava dicendo: Abbi meco pazienza, e io ti soddisferò intieramente. Ma quegli non volle, e andò a farlo mettere in prigione, fino a tanto che l’avesse soddisfatto. Ma avendo gli altri conservi veduto tal fatto, grandemente se ne rattristarono: e andarono e riferirono al padrone tutto quello che era avvenuto. Allora il padrone lo chiamò a sè e gli disse: servo iniquo, io ti ho condonato tutto quel debito, perchè ti sei a me raccomandato. Non dovevi adunque anche tu aver pietà d’un tuo conservo, come io ho avuto pietà di te? E sdegnato il padrone, lo diede in mano de’ carnefici, fino a tanto che avesse pagato tutto il suo debito. Nella stessa guisa farà con voi il mio Padre celeste, se ciascheduno di voi non perdonerà di cuore al proprio fratello».

S. GIOVANNI, cap. 18.


Pensieri.

Seguendo l’uso orientale Gesù — dopo d’aver annunciato una sentenza morale — a dare maggior forza aggiunge una parabola od esempio. Aveva innanzi risposto a Pietro doversi usare sempre, continuamente pietà e misericordia agli uomini, che errano e peccano — settanta volte sette — contro il pregiudizio ebraico, che misurava il dovuto perdono dal numero maggiore o minore delle nostre cadute perdonate.

Gesù — giusto estimatore delle debolezze umane — grida: perdonate, perdonate sempre.... misura al perdono, che darete, sia la bontà stessa, che il buon Dio usa per voi.

Sante e sublimi parole per un cristiano, che, perdonato le mille e più volte, non riesce a tollerare la debolezza del fratello più meschino, la violenza e l’urto dell’avversario.

Poniamo mente che l’enorme somma di diecimila talenti data ad un servo, non è data ad un servo qualsiasi, ma dal greco pare debba trattarsi d’un favorito, d’un ministro di quel re. Diversamente avrebbe dell’inverosimile, giacchè non si può dare ad uno qualsiasi una somma che può tradursi in moneta italiana per il valore di circa sessanta milioni.

Ma ciò che è non solo verosimile, ma meraviglioso è che non un re della terra, ma Dio degnossi di scegliere e me e voi — per sua sola bontà — e regalare — molto più apprezzabile che non il caduco oro del mondo — della nostra vocazione alla fede, dei sacramenti, del suo paradiso. E chi ha scelto? Un grande? un degno di lui? Mio Dio! non foss’altro un ingrato, uno che — al più — le cento volte s’è buttato bocconi innanzi al suo rigore piangendo per rialzarsi perdonato e ricadere.... l’indomani, un cristiano. Ciò è poco sorprendente?!

Il ministro ha dato pochi denari al compagno.

Il cristiano d’oggidì ha dato pochi danari — pochini assai — ai suoi fratelli; all’avversario, all’incredulo. Dove, dove troviamo il grande prestito di nostra fede, di nostra virtù, di nostra pazienza, di nostra scienza, di nostra vita, a chi vuol vedere e conoscere Cristo attraverso la vita dei suoi seguaci? Non forse fra il nome di cui si fregia il fratello e l’opere sue vi ha tale discrepanza, vi ha tale stridente contrasto da sentirlo proclamare a voce, negare nella vita, nel fatto?!

Oh! il piccolo, Piccolo, minuscolo prestito che noi — servi largamente regalati da Dio — abbiamo fatto a chi — fratello nostro — ci sta d’attorno, contento, soddisfatto di ben più piccolo dono!...

La democrazia che sale — fatale ascensione grazie alla forza elevatrice dell’ideale cristiano che — miope nella propria settarietà misconosce — la democrazia d’oggi non sente il profondo e l’abisso che divide le classi d’un giorno, ma vogliate ripensare colla mentalità dei connazionali a Cristo e avrete la descrizione veridica di quanto ci fece Dio, di quanto di ben meschino abbiamo riversato noi sui nostri fratelli, che al banchetto del vero, della virtù, della giustizia avevano pure i medesimi nostri diritti.

Passiamo la scena pietosa del re buono, la scena triste del perdonato così gretto ed egoista e applichiamo la lezione a.... noi.

Perdonati nelle nostre violenze alla legge di Dio le mille volte — quante volte l’abbiamo implorato — guardiamo il nostro contegno coi fratelli nostri. Come siamo pretenziosi!... come siamo pronti a domandare il nostro diritto, e più che quanto vuole la fede, le più sottili «nuances» della delicatezza religiosa!... La nostra maggior scienza religiosa rifugge dal contatto con una mente rozza, che ha solo afferrato le prime idee del catechismo.... La nostra maggior virtù, pietà, devozione come è schiva del contatto col disgraziato, con chi non pratica la nostra fede, la nostra chiesa!... Come siamo esigenti per una piccola istruzione data, per una correzione fatta circa un errore, un vizio, come siamo impazienti, come ci tarda e ci irrita il non balzare — al pari di focoso destriero — sulla via della virtù del nostro fratello, che appena abbiamo aiutato!...

[p. 340 modifica]È zelo? zelo paziente? zelo di carità?

Non si confonde troppo coll’amor proprio, col desiderio — non di raccogliere manipoli d’anime a Dio — ma gloria alla nostra povera opera?!

I servi — scandolezzati — narrarono l’accaduto al padrone, che ne fece rigorosa giustizia.

Forse la mia impazienza, il falso zelo hanno rovinato il fratello, l’avversario che allettato alla gran luce di Cristo passava alla nostra sponda.

Non abbiamo perdonato uno sgarbo, una debolezza, noi che fummo lavati da colpe gravi, da colpe che domandavano il carcere eterno.

Abbiamo tolleranza per l’urto dell’avversario?! Controdi lui forse usammo l’arme sue non la forma cristiana.

B. R.

Congresso Eucaristico di Vienna


Note gentilmente favoriteci dal Rev. Mons. G. Polvara da Vienna
15 settembre 1912

(Continuazione e fine, vedi n. 42).


Dovrei trattenermi in particolare del pellegrinaggio italiano. Molte e molte ragioni mi impongono un dignitoso silenzio, perchè ricordarne il viaggio, la sua permanenza in Vienna, il più o meno successo nelle trattazioni di sezione e quanto riguardava l’organizzazione, forse il mio giudizio potrebbe suonare una dolce critica a chi presiedeva e dirigeva quella comitiva.

Le non poche difficoltà che presentava un pellegrinaggio all’estero, forse non del tutto ponderate, furono non ultima causa della non felicissima sua riuscita. I pellegrini italiani potranno ricordare quelle belle e splendide giornate..., senza aver però preso parte al solenne ricevimento del Cardinale Legato ed alla prima adunanza del Congresso alla Rotonda.... e narrare episodi più o meno ameni da rallegrare le serate dell’entrante inverno.

Noi italiani in fatto di organizzazione, specialmente di pellegrinaggi, dobbiamo imparar ed imparare molto dall’estero.

Alla direttiva tecnica dei promotori ed organizzatori, alla loro abnegazione ed all’assistenza continua, necessita uno spirito di sacrificio e d’abnegazione nei pellegrini: è con questo mutuo accordo di virtù, che i pellegrinaggi riescono improntati a quell’ordine che lascia il dolce ricordo a quanto si è preso parte ed il vivo desiderio di partecipare ad altre manifestazioni!

Io, ricordando quel grande avvenimento, quelle sante emozioni non potrò mai dimenticare un amico carissimo, il Rev. signor canonico don E. Roncoroni, che mi fu più compagno, fratello nella mia peregrinazione: a lui il merito della riuscita felicissima di quelle indimenticabili giornate! Le risorse d’una pratica di viaggio, la genialità del suo carattere, la fine educazione mi allietarono le ore della preghiera, del sollievo e della vita tutta consacrata alla nostra peregrinazione!

Si partì soli soletti da Milano — si viaggiò ottima. mente pur davanti a non poche affermazioni e non ultima a quella di un rev. Monsignore, che in treno meravigliava che sì serenamente s’affrontava la condizione dell’alloggio, della lingua e cento altre preoccupazioni, che forse temeva per la sua piccola comitiva.

A Vienna — gentilmente ospitati in una splendida villa al Gersthof-Scheidlstrasse 2. 6 — si prese parte viva a quelle memorande giornate. Si visitò la città e dintorni e, seguendo un programma stabilito si ebbe un concetto preciso dello straordinario avvenimento e delle condizioni normali di quella grande capitale.

Da Vienna si andò a Budapest, toccando poi Fiume, Trieste, Venezia.

Ed ora rientrato nella nostra Milano, una dolce visione mi sta innanzi: «il Trionfo di Gesù!», e negli incontri, col R.mo don Roncoroni il ricordo delle vicende liete e serene della nostra peregrinazione.


Il Congresso di Vienna ed il nostro dovere.

Il Congresso Eucaristico di Vienna è stato una nuova eloquente prova della forza sempre viva del cattolicismo e dell’entusiasmo perenne, che esso sa suscitare nel cuore e nella mente di coloro che seguono Gesù Cristo e obbediscono al suo Vicario in terra.

Il Congresso di Vienna non è stato una accademia o un brillante apparato di forze spiegate allo scopo di timorire Governi od ammonire avversari, nè un espediente di tempi elettorali: no, no.

È stato una manifestazione meravigliosa di coscienze sinceramente e fervidamente cattoliche. È stato nno slancio immenso di anime, di menti e di cuori, che si sono prostrati innanzi a Gesù Cristo, l’hanno riconosciuto vero Dio e vero Uomo, Redentore dell’umanità, e l’hanno adorato sotto le invisibili spoglie nell’Ostia santa, nel mistero eucaristico.

Gesù ha ottenuto a Vienna un nuovo trionfo: principi e popoli, sacerdoti e laici, hanno chinato la fronte, hanno piegato il ginocchio innanzi a quell’Ostia immacolata, elevantesi al disopra delle teste di centinaia di migliaia di uomini e di donne, di tutte le classi e condizioni, provenienti da ogni parte d’Europa.

Ed il trionfo di Gesù nell’Eucaristia è il trionfo del Santo Padre, perchè non è concepibile la fede in Gesù Cristo col disprezzo o anche solo colla noncuranza verso il suo Vicario, custode dei dogmi e della disciplina della Chiesa Cattolica.

Il liberalismo ancora una volta, aiutato e spinto dalla Massoneria, ha cercato di lanciare il ridicolo sul glorioso avvenimento, che resterà memorando negli annali dei Congressi eucaristici; ma il ridicolo è cessato ben presto per dar luogo ad un gesto di rabbia.

Madrid fu chiamata la «cupa sede di una monarchia fiacca e ferocemente bigotta, di un’aristocrazia feudale gretta e senza ideali, reazionaria; abitata da un popolo reso imbelle dalla superstizione e dall’ignoranza cattolica», sol perchè il Congresso Eucaristico ivi tenutosi, riuscì splendido.

[p. 341 modifica]Montreal (nel Canadà), la capitale di un civile paese della civilissima America, fu gratificata di tutti i titoli possibili ed impossibili del vocabolario massonico.

Vienna — la bella, l’aristocratica, la mondana Vienna — è divenuta in un istante poco meno di un lurido villaggio sperduto sui gioghi dell’Appennino, e l’Arciduca ereditario, le alte cariche dello Stato e dell’esercito, ministri e deputati altrettanti servitorelli del Nunzio pontificio o del Legato del Papa, sol perchè hanno mostrato al mondo, senza alcun rispetto umano, che essi sono cattolici, apostolici, romani, e non hanno avuto timore alcuno di prostrarsi innanzi all’Ostia sacra e di inchinarsi e festeggiare il rappresentante del Papa, mostrando così ai pigmei delle sette che essi, principi e uomini di Stato, credono in Gesù Cristo e nella sua reale e viva presenza nell’Eucaristia, e nel Papa riconoscono il Vicario di Gesù. Vienna si è addimostrata la degna capitale di un grande impero cristiano, che combatte valorosamente i nemici della fede e ne fronteggia l’audacia e la prepotenza. Vienna si è manifestata una città eucaristica rendendo con pompa non più veduta il suo solenne omaggio a Gesù sacramentato.

Guardate: tutto vi ha parlato di Gesù — tutto vi ha rivelato il suo senso cristiao, tutto vi assicura che essa era in festa pel XXIII Congresso Eucaristico Internazionale. Dalle torri e dalle facciate delle chiese, dai palazzi e dalle case più modeste, sventolavano bandiere innumerevoli, papali, imperiali, tra cui, specialmente dinnanzi ed intorno alle chiese, pendono dalle antenne i gonfaloni eucaristici riccamente fregiati con in mezzo l’agnello divino e intorno l’iscrizione: Ecce Agnus Dei qui tollit peccata mundi. Busti del Pontefice e dell’Imperatore, arazzi e damaschi sui poggiuoli e sulle finestre, festoni e pavesi, di vari colori e di forme diverse, adornano le piazze e i centri più animati del movimento cittadino.

Nell’interno delle chiese non trovate gli addobbi sfarzosi delle chiese italiane, ma la semplice e maestosa magnificenza del gusto germanico, adattata alla severità architettonica dei loro templi: festoni di verde frasca intrecciati di fiori, piante sempre verdi, trofei di bandiere e arazzi preziosi, armonizzanti colle linee gotiche e colla cupa solennità all’ambiente.

Dappertutto campeggiano nelle sfarzose vetrine dei negozi simboli, fregi, ricordi, immagini, medaglie, stampe eucaristiche; dappertutto v’incontrate in persone d’ogni ceto, preti, frati, suore, signori, signore, signorine, popolani, contadini e contadine delle varie provincie austriache, nei loro vestiti pittoreschi, che portano al petto la coccarda eucaristica.

Tutti hanno scolpita in fronte la letizia del grande avvenimento, tutti parlano del Congresso con accento di entusiasmo, tutti mostrano gran fretta di giungere là dove li aspetta o una funzione o una adunanza eucaristica.

Quante volte al passaggio di un sacerdote si vedevano levarsi i cappelli degli uomini e le donne viennesi rivolgergli il saluto cristiano, e i fanciulli fargli festa di sorrisi, di inchini!

Viva Gesù Cristo! Questo fu il grido dei congressisti di Vienna, e questo è il grido, che erompe dal profondo dell’anima nostra di credenti. A questo grido si associa per necessità di cose l’altro di Viva il Santo Padre! unico e vero rappresentante di Gesù Cristo, Capo supremo della Chiesa, maestro delle nostre coscienze, guida sicura fra tanti errori.

E quale lezione non è stato il Congresso di Vienna per tutti i demagoghi, di qualunque tinta essi siano!

Una sola parola del Santo Padre, una unica fede ha spinto e raccolto nella brillante capitale dell’Impero degli Asburgo circa duecentomila persone: un fatto meraviglioso che lascia stupefatti gl’increduli e fa fremere di bile gli uomini schiavi o venduti alle sètte.

Ebbene, una volta ancora Gesù Cristo ha mostrato al mondo tutto ch’Egli vive ed impera e trionfa de’ suoi nemici.

E l’esito veramente splendido del Congresso Eucaristico di Vienna, il nuovo trionfo di Cristo Redentore ha riempito di gioia e di santa letizia il cuore dei cattolici di tutto il mondo.

Come non gioire ed esultare alla vista di migliaia e migliaia di persone inneggiare e adorare Gesù Cristo nell’Ostia Sacra, innalzata nel ricco Ostensorio dalle mani del Sacerdote, rese tremule dall’emozione?

La grandiosa manifestazione di fede e di amore a Gesù Cristo avvenuta nella capitale austriaca ci rinnova però il ricordo del gravissimo dovere che incombe a tutti i cattolici di azione, a’ sacerdoti e pubblicisti cattolici; il dovere, cioè, di intensificare la propaganda tra il popolo per risvegliare quella fede, che se oggi è solo assopita, domani potrebbe mutarsi nella incredulità.

La stampa cattolica ha il compito di combattere i nemici della Chiesa, di smascherare l’errore. La lotta è necessaria per mantener pura la fede e far risaltare la verità, incuorando i credenti, richiamando gl’indifferenti o i tentennanti, illuminando ed istruendo il popolo.

Ed a Vienna i discorsi nelle solenni adunanze plenarie avevano speciale richiamo ai doveri, che incombono al clero ed al laicato. Le affermazioni delle varie sedute inculcavano alla propria ed individuale perfezione una necessaria azione pubblica sotto la direttiva del Santo Padre.

Chiare ed assolute furono le dichiarazioni pel clero nel rinnovamento del lavoro pastorale, della organizzazione della cura d’anime nelle città e nelle campagne e di una azione concorde del clero secolare e regolare e del laicato per ricondurre specialmente gli uomini alla chiesa.

Al laicato fu messa innanzi la storia dell’Eucaristia, dichiarando le ragioni ond’essa è per i laici l’arma più potente nella guerra contro i nemici della fede, e come essa riesca una vera riabilitazione dell’individuo.

Il Congresso Eucaristico di Vienna ci ha confermati nel concetto che il popolo e le stesse classi intellettuali ed altolocate sono credenti, amano la Chiesa, adorano Gesù Cristo, venerano il suo Vicario, e soltanto tralignamenti momentanei possono tenerli lontani dalla pratica religiosa.

[p. 342 modifica]Guai però se all’indifferentismo religioso subentra l’incredulità: l’odio più ferino sostituisce l’indifferenza, e la Chiesa dovrà piangere e vestire le gramaglie, mentre la società non riconosce più alcun freno, non obbedisce più a nessuna autorità.

Ed è naturale: misconosciuta ogni e qualsiasi autorità e preminenza divina, per qual ragione si dovrà riconoscere l’autorità degli uomini? Negato Dio, chi ha conferito all’uomo l’autorità sull’altro uomo?

E con tale tremenda logica l’uomo diventa ribelle, e la società diventa un caos!

Se, adunque, i nemici di Gesù Cristo e della Chiesa aumentano ogni giorno più i mezzi e gli sforzi per scristianizzare il popolo, noi cattolici, noi seguaci di Gesù Cristo dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per difendere la Chiesa e il Papa e mantenere pura e immacolata la fede.

Vienna è per noi cattolici un monito: Gesù Cristo ha voluto mostrare a noi ed ai nemici della Chiesa ch’Egli è, e vuole rimanere il Signore delle anime e dei cuori; che al solo suo Nome popoli e governanti si uniscono a’ suoi piedi, e nella fede comune, nei comuni ideali si sentono veramente affratellati, tutti eguali al cospetto di Dio Onnipotente, dinanzi alla Mensa dove si distribuisce il Pane celeste, l’Agnello immacolato, sotto le specie eucaristiche.

Mettiamoci dunque all’opera con rinnovata energia per la cristianizzazione della società, per il trionfo dell’Amore e della Giustizia, e per la instaurazione di ogni cosa in Cristo: Gesù Cristo lo vuole!

Guai a noi se lasceremo senza eco alcuna il monito e la spinta, che ci vengono dal Congresso Eucaristico di Vienna....


Uno splendido ricordo
del Congresso Eucaristico di Vienna.

Giorni sono veniva presentato a S. M. l’Imperatore Francesco Giuseppe un magnifico album contenente 60 riproduzioni originali dei vari momenti più salienti del Congresso Eucaristico.

L’Imperatore se ne mostrò gratissimo e si congratulò col compilatore della bellissima pubblicazione, R. Lechner (Graben 31) che compì il lavoro per incarico del Comitato centrale del Congresso.

Eguale esemplare venne presentato a S. E. R.ma il Cardinale Nagl, che lo gradì come parlante ricordo dell’indimenticabile Congresso.

PAGLIUZZE D’ORO


Il sentimento materno non s’impara giuocando colle bambole, ma solamente educando se stessi ad evitare colla più delicata attenzione tutto quello che può esser molesto agli altri, o danneggiarli ed offenderli, e applicando il proprio spirito d’inventiva a trovare tutto ciò che, nelle piccole e nelle grandi cose, può esser di aiuto al prossimo.