Il buon cuore - Anno XI, n. 26 - 29 giugno 1912/Necrologio

Necrologio

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Educazione ed Istruzione Società Amici del bene

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Cav. Uff. MICHELE CAJRATI

Ingegnere Architetto.

Da lungo tempo lo conoscevo; gli ero amico; la circostanza che la stia figlia Signorina Matelda, aveva prestato opera assidua alla fondazione dell’Asilo Infantile dei Ciechi, mi aveva quasi fatto un membro della sua famiglia. Otto giorni sono mi ero assiso con lui a mensa nella sua villa di Monza, ove stava preparandosi per recarsi alla consueta cura di San Pellegrino.

E oggi devo scriverne il necrologio! Un improvviso assalto di nefrite, che da tempo lo minava, lo trasse in pochi giorni alla tomba.

L’Ingegnere Cajrati era notissimo in Milano. Avvicinarlo, conoscerlo, era amarlo. Egli aveva tutta l’anima sul suo volto, un’anima aperta, schietta, sincera, piena di benevolenza, di generosità, che invitava alla stima, alla confidenza: una dignità aristocratica, senza ostentazione, effetto di una naturale elevatezza di pensieri e di sentimenti, lo accompagnava in tutte le manifestazioni della sua vita: sordida pello, sta scritto nello [p. 207 modifica]stemma di sua famiglia; rifuggire da ciò che fosse meno corretto nei rapporti della convivenza sociale, era un suo bisogno, la sua caratteristica.

Ebbe molte amicizie, e fu fedelissimo nel conservarle. Nelle persone, più che i difetti, amava rilevare le virtù. I dipendenti, pel suo contegno cortese, più che padrone, lo consideravano amico.

Nutrito in gioventù da forti studi di ingegnere architetto, egli lasciò distinti saggi del suo valore e del suo buon gusto artistico, in costruzioni nuove e in restauri di monumenti antichi. Amantissimo della musica, era fornito di una moltiforme coltura, anche in altri rami, come la floricoltura e nella raccolta di conchiglie.

Il sentimento patriotico vibrò forte nell’animo suo, e giovane volò nel 1866 come volontario ad arruolarsi nell’esercito nazionale, nel corpo dell’artiglieria, meritandosi alla ’sera della battaglia di Custoza una lode speciale per la sua intelligenza e il suo valore.

Uscito dall’esercito, non usci dall’animo suo l’interesse per le sorti e per la grandezza del paese, e diede tutto il suo plauso all’impresa di Libia, che risollevava lo spirito della nazione, e apriva nuovi orizzonti di grandezza futura.

Accettò, come corrispondente alla naturale generosità dell’animo suo, di entrare come consigliere in opere pie cittadine, ed al presente copriva da molti anni la carica di Presidente dell’Ospedale dei Fatebenefratelli.

Nella famiglia, la bontà dell’animo era specialmente palese nel circondare delle cure più prevenienti e affettuose, insieme alla figlia e al figlio, la consorte nobile Rita Crivelli Mesmer, colpita da molti anni da cronica infermità, sopportata con serenità esemplare.

La sua morte destò sorpresa e dolore in tutti. Ai suoi funerali, celebrati a Monza nella Basilica di San Giovanni il 25 corrente, erano convenuti, si può dire, i rappresentanti delle più distinte famiglie di Milano. Il canto delle allieve cieche dell’Istituto di Milano portò una nota di elevata mestizia alla funzione. Innumerevoli telegrammi di condoglianza arrivarono alla famiglia da tutte le parti. Ne citiamo uno, che, oltre il valore intrinseco per la persona che lo manda, può dirsi l’espressione dei sentimenti comuni. È indirizzato alla nobile vedova:

«Un’antica amicizia mi unisce a suo marito di cui altamente pregiavo le qualità della mente e del carattere. Accolga le mie profonde condoglianze e la espressione della parte che prendo al suo dolore.

Il monogramma di Cristo, coll’aureola della S. Eucaristia, fatto da lui dipingere sulla parete della cappella mortuaria, colle parole: in memoria eterna erit justus, manifestano come il sentimento della fede fosse alla base de’ suoi sentimenti. I sacramenti ricevuti in morte tornarono bella conferma della fede posseduta in vita.

L’ingegnere Michele Cajrati, nel ricordo delle persone che l’hanno conosciuto, per l’armonico accordo di tante belle qualità in lui riunite, mente, cuore, schiettezza, affabilità, coltura, dignità di carattere, resterà un’immagine dignitosa e simpatica, non facilmente dimenticabile. Fece bene col suo contatto nella vita; continuerà a far bene nel pensiero.

La morte del dott. Edoardo Grandi

«A 62 anni, dopo una lunga, lenta, dolorosissima malattia, che Egli, medico, sopportò con ammirabile forza d’animo, si è spento il dott comm. Edoardo Grandi.

«Di distinta famiglia milanese, si laureò all’Università di Pavia nel 1874, ed entrò tosto come assistente al nostro Ospedale Maggiore: nel 1884 ne divenne il direttore, e solo lo scorso anno, quando già il male che lo condusse alla tomba, accennava ad aggravarsi, diede le dimissioni.

«All’Ospedale Maggiore, che è uno dei più grandi regni del dolore, il povero dott. Grandi recò tutto il contributo della sua grandissima bontà: fu una lunga missione di carità la sua, compiuta con la coscienza di un altissimo dovere. I ricoverati dell’Ospedale ebbero sempre da lui una parola dolce e sincera di conforto, ed egli alternava questa sua opera di bontà squisita, con le cure gravissime del suo ufficio.

«Direttore di un Ente quale il nostro Ospedale, che raccoglie gli infermi di una larghissima zona di territorio intorno a Milano, Egli lascia nell’amministrazione degli Istituti Ospitalieri della Provincia un’orma ben profonda della sua opera attiva e della sua energia illuminata.

«L’amore e la saggezza colle quali Egli disimpegnò il suo alto ufficio, gli vennero anche affettuosamente riconosciuti quando, non molto tempo fa, costretto dal male che già lo minava, dovette ritirarsi: in quella occasione il Consiglio Ospitaliero e i Medici gli porsero, a ricordo, e con parole augurali, due medaglie d’oro.

«Nè solo a lenire le miserie dei ricoverati dell’Ospedale egli si dedicò, chè fu tra i promotori delle cure marine per gli scrofolosi, di quelle alpine per i tubercolosi, della Croce Rossa, della Croce Verde, del Brefotrofio, dell’Istituto di Maternità, e di quant’altre opere pie di assistenza pubblica sono a Milano.

«La sua opera di sanitario era costantemente ispirata ad un elevatissimo concetto di carità: sicchè con lui scompare un grande e sincero filantropo».

Così la Perseveranza. Noi deponiamo il fiore dell’amicizia sulla tomba del caro defunto, che ricorderemo sempre con affetto, con ammirazione, con riconoscenza.

Dopo una vita operosa, tutta asservita alla umanità sofferente, Egli ha dato raro esempio di rassegnazione cristiana nella lunga e penosa malattia, che gli faceva prevedere e presentire la prossima fine, il distacco da tutte le opere predilette, dall’amatissima famiglia! II suo martirio è terminato colla morte del giusto, che a Dio rivolge il suo pensiero e a Lui presenta fidente la sua anima immortale.

Una prece per l’amico buono; vivissime condoglianze ai superstiti in lacrime.

C.