Il buon cuore - Anno XI, n. 20 - 18 maggio 1912/Religione

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Vangelo della domenica dopo l’Ascensione


Testo del Vangelo.

Il Signore Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: Padre, è giunto il tempo; glorifica il tuo Figliuolo, onde anche il tuo Figliuolo glorifichi te: siccome hai data a lui podestà sopra tutti gli uomini, affinchè egli dia la vita eterna a tutti quelli che a lui hai consegnati. Or la vita eterna si è che conoscano te, solo vero Dio, e Gesù Cristo mandato da te. Io ti ho glorificato in terra, ho compito l’opera che mi desti da fare: e adesso glorifica me, o Padre, presso te stesso, con quella gloria che ebbi presso di te, prima che il mondo fosse.

S. GIOVANNI, Cap. 17.


Pensieri.

Non è impresa facile riassumere, più che l’impressione, la meraviglia prodotta nei suoi uditori d’allora dal discorso di Cristo. La meraviglia sorgeva dal concetto così stranamente in opposizione al concetto umano e generale della vita, della felicità futura, ciò che si può assommare nell’unica parola, paradiso e vita eterna.

Le scuole d’Atene, d’Alessandria, del mondo intero l’avevano pure studiata in dotte disquisizioni e volumi questa magica parola felicità, intesa nel senso di generale, universale tendenza ed aspirazioni al proprio benessere. Cristo d’improvviso con una semplice frase, con semplici parole, sconvolge il criterio generale e chiaramente manifesta che la vita eterna — l’al di là, la vita futura, la realizzazione dei nostri desiderii, voti — non è nè la gloria, nè la ricchezza, nè — a maggior ragione — i piaceri del senso, ma essere la vita eterna una potente, indefinita elevazione della parte superiore, più nobile, la spirituale dell’uomo, trascurando ogni e qualsiasi altro che non sia lo spirito e tenga invece del materiale, del sensibile e terreno.

Nell’uomo sono parecchi valori: primamente un valore umano: un valore che ci deriva non dalla parte comune a tutti gli esseri animati ed irragionevoli, ma valore che si deriva specialmente dal valore dello spirito: valore che aumenta e cresce per la forza della mente, per le doti del cuore. Diciamo se non più umano, più degna di stima la mente che ha approfondito maggiori veri, che possiede una maggior luce di scienza: diciamo e diamo tutto un valor grande, indefinito agi uomini, che maggiormente sentono pietà dei propri simili, che più generosamente profusero i tesori del loro cuore per gli uomini stessi. Questo criteri, di qualità, più che di quantità pur quello che ha popolato i nostri altari di oscure figure di uomini che il popolo venera suoi campioni col nome di santi: criterio che dice adunque il valore umano non dipendere nè dalla forza, nè dalle ricchezze, nè da altro che sia, ma solo e semplicemente dall’energia e forza proiettata dal nostro spirito, parte nell’uomo regina e sovrana.

Sgraziatamente il criterio dei molti — dei più — nella pratica della vita, a sconvolgere tale ordine e sottoporre al libito il lecito, è esaltare la parte inferiore a detrimento, obbrobrio e peggio della parte migliore e più buona dell’uomo.

Non è così la nostra vita? la vita dei conoscenti? della nostra società? del mondo?

È lo studio del vero, la cura del bene, della vita che oggi preoccupa l’uomo? Non forse le sue cure sono per l’oro, il piacere, la propria soddisfazione?

Gesù ha detto che la vita eterna è conoscere, amare Dio ed il suo Cristo. Dove è adunque la vita, il paradiso, la nostra felicità?

S. Paolo ci fa sicuri che, spogli delle nostre carni, vedremo Dio — la verità, il bene — come è, a faccia a faccia. Per questo è necessario sciolga la morte i lacci che ci legano al terreno, al passeggiero.

Ma molti sono i gradi di felicità e se la perfetta felicità — l’ultima espressione — è il pieno, perfetto possesso di Dio, un primo grado di felicità, un principio, un inizio sarà possedere almeno un inizio — anche quaggiù — di verità e bene: sarà dunque felicità coltivare la mente, il cuore verso il vero ed il bene.

Felici coloro che tale parola intendono.... Angeli in carne, il lucido occhio è allietato dalla gioia di luce che il vero riflette, dalla gioia di bontà che il bene suscita dentro di noi.

Seguire il vero, desiderare il bene, ecco la felicità, la vita dei grandi, dei generosi, la vita dei pochi che si staccano, si sciolgono dai lacci che — sgraziatamente gravano ed avvincono il resto dell’umanità che paganizza e muore.

B. R.