Il buon cuore - Anno X, n. 44 - 28 ottobre 1911/Beneficenza

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Il buon cuore - Anno X, n. 44 - 28 ottobre 1911 Educazione ed Istruzione

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Per la salvezza dei nostri emigranti


Dell’ITALICA GENS


Che l’emigrazione, la quale da tanto tempo è oggetto degli studi della gente interessata al bene comune e che da alcuni viene chiamato il problema sociale, da altri un fenomeno e da qualcun altro, con parola forse più espressiva del vero, valvola di sicurezza, sia un fatto tanto antico quanto il mondo, nessuno è che non sappia.

La genesi intera non è che un volume di una storia d’emigrazione. L’uomo emigra perchè vi è spinto da legge.

Oggigiorno noi siamo testimoni di una emigrazione di popoli numerosa, costante e nello stesso tempo pacifica. sempre però l’emigrazione di gente che, non possedendo terra o non avendone a sufficienza, si porta in nuove contrade in cerca di essa. Più di un milione di emigrati europei sbarca ogni anno sulle spiagge del Nord America, anzi per strano che sembri, nello stesso Nord America moltissimi sono coloro che si muovono da una regione all’altra in cerca di terre da far loro proprie. Ma costoro sono pacifici conquistatori del suolo, i quali diventeranno padroni della terra che vanno occupando, ed un giorno non lontano saranno anche i reggitori dei nuovi Stati, i quali su quelle si verranno formando.

L’emigrazione, in qualsiasi forma si presenti, è una fiumana potentissima che si può con molto studio incanalare, dirigere e forse anche sparpagliare, arrestare giammai, senza correre pericolo che dilaghi là dove potrebbe portare rovina maggiore nella sua strada di distruzione.

Egli è perciò che da molti anni persone dottissime, filantropiche e caritatevoli hanno fatto sacrificio delle loro persone, dei loro studi ed anche delle loro sostanze allo scopo di trovare mezzi pratici per ovviare ai grandi inconvenienti ai quali vanno esposti gli emigranti, e per dirigere le masse a quelle contrade ed a quelle occupazioni dalle quali si può ragionevolmente aspettare il benessere di questa gente, che con tanto sacrificio lascia il patrio suolo per guadagnarsi il pane della vita. Ed io mi faccio ardito, calcando le orme e ripetendo i detti di tante che mi precedono e per senno e per cognizione e per autorità, di suggerire che uno dei mezzi più potenti e più sicuri per ridare la pace ed il benessere alle nostre popolazioni emigranti, per mettere un certo tal quale equilibrio nelle masse irrequiete e fameliche, per assicurare il loro avvenire, si è di indirizzarli al lavoro dei campi, ai quali sono di già per la massima parte abituati; nella coltura dei quali, mentre ricaveranno quanto è necessario alla vita, potranno altresì conservare quelle morali qualità che tanto distinguono il popolo nostro; avranno la simpatia dei popoli in mezzo ai quali vivranno e manterranno il decoro di quella patria che loro diede i natali.

Quattro quinti degli emigranti che sbarcano sui lidi dell’America del Nord vengono dalle contrade bagnate dalle acque del Mediterraneo e nove decimi di questi lasciarono addietro il campicello che possedevano o lavoravano su qualche balza del paese nativo, dove, a grandi stenti e coi primitivi e semplicissimi attrezzi di agricoltura, si sforzavano di procurare il necessario alla vita per sè e la famigliola. Sono quindi forti, esperti ed ingegnosi agricoltori che, venendo agli Stati Uniti a migliorare la loro fortuna, potrebbero di leggeri venire in possesso di immensi campi o vicino a fiumi superbi o nell’immense praterie, nelle vallate lussureggianti, sui verdi colli oppure dentro a vergini foreste. Essi potrebbero stabilirsi in colonie sia al Nord come al Sud, nelle montagne come nelle pianure, nelle regioni umide come nelle secche a seconda degli abiti delle tendenze e dei desideri di ciascuno. Perocchè tanto negli Stati del Nord quanto in quelli del Sud [p. 346 modifica]sono moltissime le località alle quali si potrebbe avviare l’emigrante a procurarsi il necessario alla vita.

Vi fu un tempo, e non molto lontano da noi, in cui una guerra acerrima fu mossa contro il divisamento preso da alcuni, di stabilire colonie agricole anche negli Stati del Sud e del Sud-Ovest della Confederazione Americana. Per quanto io abbia esaminato i terreni durante il mio lungo soggiorno sul luogo e per quanto io abbia ventilato i motivi che si adducevano da coloro i quali contrariavano la proposta, non mi sono mai potuto persuadere che quelle contrade non fossero adattatissime allo scopo di iniziarvi colonie europee. Il fatto stesso che oggi nel solo Texas abbiamo molte floridissime colonie di differenti nazionalità, comprese anche alcune italiane, dovrebbe essere un potentissimo argomento per confutare e sfatare le obbiezioni insinuate per il passato, allo scopo di impedire che l’emigrazione si volga a quelle contrade.

Ma l’emigrazione è già volta colà e non la si può più impedire, giacchè le colonie vanno moltiplicandosi per l’accorrere che vi si fa della gente non solo dai vecchi paesi ma ben anco dagli stessi abitanti degli Stati del Nord, i quali là sono richiamati vuoi dalla mitezza e salubrità del clima, vuoi dalla ricchezza della terra. Quindi voi vedete di continuo sorgere come per incanto nuove e graziose cittadine, ricche di bellissime case, di palazzi, di banche, di chiese e di scuole, dove il giorno innanzi, per modo di dire, non si vedeva che una vasta e desolata prateria.

Il dire poi che certi Stati del Sud e del Sud-Ovest, quali il Missuri, l’Arkansas ed il Texas non sono paesi, da consigliarsi, perchè malsani, moverebbe il riso a chiunque vi abbia abitato per tempo considerevole, oppure abbia visitato coscienziosamente quelle contrade. Che in cotesti immensi territori, quale per esempio il Texas, che è circa quattro volte più grande dell’Italia, possano trovarsi certe località palustri e quindi malsane e produttrici di febbri, molte volte per la precipua ragione che quei grassi terreni non furono mai sottoposti a cultura, questo non lo si può negare; ma, parlandosi appunto di contrade così immensamente vaste, qual meraviglia si è che qui e colà possano trovarsi certe zone di terra, poco consigliabili per la immigrazione?

Non è forse l’Italia considerata come un paese generalmente sano e di ottimo clima? Eppure non v’ha dubbio alcuno, che l’Italia, in proporzione della sua area, è assai più infetta di malaria e di maremme e di paludi e di risaie che non lo sia uno solo di questi Stati vuoi il Missuri, l’Arkansas, il Texas e l’Oklahoma. Anzi molte e molte volte mi sono persuaso, che le ragioni adotte, in ispecie dalle genti interessate nel Nord, contro la colonizzazione degli Stati del Sud, forse vengono inscientemente offuscate dall’interesse, che quelle contrade del Nord traggono dallo sbarco e dalla permanenza degli emigranti, la quale certamente verrebbe a diminuire, se l’emigrazione verso gli Stati Meridionali continuasse ad aumentare, come è ragionevole aspettarsi se si apriranno nuovi porti di sbarco nei golfi di quegli Stati.

Il certo si è che quelle terre vanno ora popolandosi rapidamente e lo si deve sicuramente alle buone qualità del terreno e del clima, e delle acque, nonchè al grande successo che hanno avuto le colonie, le quali vi si sono stabilite da qualche tempo.

La ragione per cui queste terre non furono interamente occupate prima d’ora, in parte si è perchè, non essendo traversate dalle ferrovie, non v’era facilità di conoscerle ed esaminarle ed, esaminate anche che fossero state, non avevano i mezzi necessari pel trasporto delle derrate ai mercati lontani e vicini, senza di che non è certamente da consigliarsi ad alcuno di fermarvi sua stanza. Ma ora che tutte queste contrade sono attraversate per ogni lato da molte ferrovie, i viaggiatori sono incantati di quelle bellissime terre e sono attratti ad abitarle perchè l’esperienza ha di già dimostrato quanto profitto vi si ricavi; prestandosi esse a svariata coltura di ogni genere, derrate, grani, erbe, giardinaggi e frutta, nonchè a pascolo graditissimo per le mandrie: ivi il trifoglio, l’erba medica, ed altre erbe e fieno sono esuberanti all’allevamento del bestiame, dal quale i coloni ricavano grande vantaggio per la produzione del latte, burro, buono e ricco.

Tuttavia queste immense vastità di terreno, naturalmente possono essere per se stesse di grave impaccio all’emigrante non sapendo di per se risolversi a quali attenersi o dove andare. Lo espongono per lo meno a due pericoli; l’uno o d’ingannarsi sulla qualità del terreno o l’altro di trovarsi troppo isolato. E per verità tra il seppellirsi nei bassi fondi della città o l’andare a vivere tutto solo come le fiere del bosco, io non saprei quale delle due cose apporti maggior danno e rovina; l’una e l’altra sono capaci di guastare ogni sentimento dell’animo. L’uno e l’altro possono essere la causa per cui si spenga ogni buon sentimento morale di religione, di patrio amore nel cuore.

A questo punto permettetemi una digressione, che si connette però coll’argomento che trattiamo. Le molte volte noi, specialmente negli Stati Uniti, ci culliamo in belle parole, gloriandoci del grande incremento che la Chiesa Cattolica gode in quelle contrade; ma se alcuno si desse la pena di darci una cifra approssimativa delle perdite enormi che la Chiesa vi ha subito nel secolo scorso, sarebbe da sbalordirne; e tuttavia non v’ha dubbio alcuno che una delle primarie ragioni di tanto sfacelo sta appunto in questo, che quei primi emigrati, spinti dalla fame o sbalestrati dalla necessità, si portarono in luoghi solitari e furono abbandonati a se stessi. E non sentendo più la voce del ministro di Dio, non assistendo più ai divini misteri, la loro fede fece naufragio. Se ciò non fosse, la Chiesa Cattolica conterebbe assai più milioni di figlioli nel suo grembo di quello che in realtà essa possa contare al giorno d’oggi. Ben egli è vero che per l’immensa libertà e rispetto che gode in quelle contrade, la Chiesa Cattolica fa ogni giorno novelli acquisti, che, se possono in qualche parte mitigarne i dolori delle perdite, tuttavia non bastano a risarcirne i danni già fatti.

(Continua).

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