Il buon cuore - Anno X, n. 19 - 6 maggio 1911/Religione

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Vangelo della terza domenica dopo Pasqua



Testo del Vangelo.

Disse Gesù a’ suoi discepoli: Un pochettino e non mi vedrete; e di nuovo un pochettino e mi vedrete, perchè io vo al Padre. Disser però tra loro alcuni de’ suoi discepoli: Che è quello che egli ci dice: — Non andrà molto e non mi vedrete, e di poi, non andrà molto e mi vedrete, e me ne vo al Padre? Dicevano adunque: Che è questo ch’egli dice: Un pochettino? non intendiamo quel ch’egli dica. Conobbe pertanto Gesù che bramavano di interrogarlo, e disse loro: voi andate investigando tra di voi il perché io abbia detto: non andrà molto e non mi vedrete, e di poi: non andrà molto e mi vedrete. In verità, in verità vi dico, che piangerete e gemerete voi, il mondo poi godrà; voi sarete in tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gaudio. La donna, allorchè diventa madre, è in tristezza, perchè è giunto il suo tempo: quando poi ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’affanno a motivo dell’allegrezza, perchè è nato al mondo un uomo. E voi adunque siete pur adesso in tristezza; ma vi vedrò di bel nuovo, e gioirà il nostro cuore e nessuno vi torrà il vostro gaudio.

S. GIOVANNI, Cap. 16.


Pensieri.

Diceva Gesù a’ suoi discepoli: «In verità, in verità vi dico, piangerete e vi lamenterete; il mondo poi godrà.»

E proprio vero che il dolore sia il distintivo dei credenti e che solo i mondani abbiano per sè contento e gioia? L’esperienza dice di no. Se noi ci guardiamo intorno, vediamo che anche i mondani, spesso, piangono, piangono, anzi, lagrime cocenti più delle nostre e disperate anche; e pure i credenti hanno i loro sorrisi e le loro letizie.

Esser credenti non suole dire essere fatalmente poveri e miserabili. Eppure dice Gesù: «piangerete e vi lamenterete» e aggiunge «in verità, in verità ve lo dico!» Come si spiega questo?

Quando una persona cara s’allontana da noi, noi risentiamo il dolore, il vuoto pel suo distacco; ma ci arride e ci sostiene la speranza del suo ritorno, la sicurezza del desiderio che essa ha di tornare a noi. Ma se ci arrivasse la notizia della sua morte, pur non avendo noi nulla perduto degli altri nostri beni, proveremmo un dolore, umanamente parlando, inguaribile e tutti gli altri beni nostri non ci sarebbero più cari, non ci toccherebbero più, sarebbero completamente svalutati agli occhi nostri. Qualcosa di simile è il dolore dei cristiani.

Gesù è lontano da noi, la nostra unione con Lui, con Dio è ostacolata da tante cose e, pur avendo agi, ricchezze, delizie noi non ne godiamo, perchè non godiamo pienamente, senza limitazioni, di ciò che solo è l’amore dei nostro cuore. La vita del cristiano deve essere umile e nascosta, come umile e nascosta è la vita di Cristo.

I mondani, che non hanno questo santo ardore di realizzare l’invisibile e l’eterno, che non cercano se se non le cose terrene e di esse si appagano, essi possono goderne e gioirne.

Ma, prosegue Gesù, la nostra tristezza si cambierà in gaudio. Cristo è vivo: ecco il fondamento della nostra speranza e dalla completa unione con Lui, da raggiungere, ora, lottando per la virtù, avremo gioia inesauribile ed imperitura.

Cristo vive e la sua vita è la sorgente della speranza della letizia cristiana: la sua vita... tutto ciò che è vitale parla di letizia, la primavera fiorita, la gioventù ardente, la florida infanzia; e la vita di Cristo, che è la vita indefettibile e piena, dice gioia immensa ed eterna. [p. 149 modifica]

La parola di Gesù ora la comprendiamo bene.

La tristezza cristiana è il senso di vuoto che l’anima interiore prova quaggiù; è il desiderio di qualche cosa a cui quaggiù non s’arriva; qualche cosa, però, notiamolo, ben diverso dal desiderio di un più largo benessere a di un meglio terreno, che sa anche il mondano, e meglio di noi.

La gioia del mondo è la soddisfazione trovata nelle cose che avvincono i sensi, ma che passano e svaniscono come la rugiada al sole.

In noi che cosa c’è? La tristezza dei figli di Dio o la felicità dei figli del mondo?

Forse, sotto a un lieve desiderio spirituale, c’è un profondo anelito alla terra: è così facile illuderci! Indaghiamo bene e supplichiamo Dio che ci illumini, che ci salvi!

Quante volte dopo aver faticato per raggiungere un ideale, una meta, venne fatto di esclamare o di sentire esclamare: non valeva la pena per ciò di tanta lotta e di tanto lavoro!

No, no, crediamolo, sentiamolo bene: non vale la pena di tanto crucciarsi per le cose di quaggiù, così piccole, vuote, deficienti, effimere.... apriamo l’animo allo scontento cristiano che sarà compensato con un gaudio eterno, che nessuno potrà toglierci mai, perché solo il peccato può separare da Dio.