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186 IL BUON CUORE


Festa argentea a S. Bartolomeo

Da soli dieci anni è risorta la parrocchia di S. Bartolomeo, e si può anche dire che essa è risorta sui ruderi d’antica chiesa del millennio dalla venuta di Gesù Cristo, che sorgeva tra campi e ortaglie, tra una popolazione rurale. La ricostituzione parrocchiale è avvenuta con slancio spontaneo, con pensiero sereno, colla convinzione di armonizzare e appagare elette aspirazioni, di raccogliere anime sparse e facilitar loro l’adempimento delle pratiche spirituali. E i fatti hanno dato ragione agli iniziatori dell’intrapresa. A primo proposto della parrocchia di S. Bartolomeo, S. E. il cardinale Arcivescovo eleggeva, assecondando il voto sommessamente espresso dalla popolazione, il sac. don Giuseppe Beretta, il quale veniva però a trovarsi in una chiesa mancante perfino del battistero e degli arredi necessari. Ma quante e quali difficoltà si possono vincere per effetto di bontà e di simpatia!

Lo si è veduto domenica, alle feste celebrate per la messa d’argento del proposto di S. Bartolomeo.

La bella chiesa, opportunamente restaurata, fornita di bellissimi arredi e addobbata con gusto artistico, appariva come una cosa nuova. Con bell’armonia d’intendimenti, la Confraternita e i parrocchiani erano uniti per onorare il S. Cuore di Gesù e festeggiare l’amato pastore nella fausta ricorrenza del suo XXV di sacerdozio.

Sulla facciata della chiesa leggevasi la seguente epigrafe, dettata dal presidente della fabbriceria, — A. M. Cornelio: «Gloria a Gesù Eucaristico — benedizioni a don Giuseppe Beretta — primo proposto di questa parrocchia. — Nell’auspicato venticinquesimo di tuo sacerdozio — il clero i parrocchiani gli amici — nel pensiero soave di tue virtù — deponendo voti dinanzi all’altare — inneggiano unanimi alla tua bontà. — Per lunghi anni ti serbi Iddio — al santo ufficio a’ figli tuoi».

Offerte spontanee, presentate con cuore aperto, raggiungendo una somma cospicua, avevano messo la commissione dei festeggiamenti nella possibilità di offrire ricchi doni al festeggiato, il quale, però, intuendo a tempo i tiri che gli si preparavano, faceva comprendere il suo intimo desiderio di lasciar da parte la sua persona e di far convergere nobili sentimenti a nobili ed elevati obbiettivi.

Infatti i doni più ricchi si vedevano e si ammiravano all’altare: due arredi sacri usciti dalle mani abili e generose del cav. Eugenio Bellosio, cioè una ricchissima pisside e un ricchissimo calice, due oggetti — come disse S. E. mons. Mauri — veramente papali; un magnifico càmice, con pizzo d’inestimabile valore, eseguito da mani abilissime, e un bellissimo messale. A compimento dei doni, un’artistica pergamena, eseguita dal giovane prof. Giuseppe Dalla Vecchia, colla seguente epigrafe dettata dalla poetessa Myriam Cornelio Massa:

«A don Giuseppe Beretta — nel XXV di sua assunzione all’altare. — Nella serena esultanza — di
questa data felice — che dopo cinque lustri — rinnova al tuo cuore — le commoventi dolcezze di mistiche nozze

— il clero i parrocchiani gli amici — in un pensiero solo — voti ed omaggi consacrano».

La messa ha avuto squisito accompagnamento di musica del Perosi, egregiamente interpretata dall’Orfeonica di S. Cecilia, sotto la direzione del distinto sacerdote don Fino. All’organo sedeva l’egregio maestro Eligio Mariani.

Eravamo in alto, estasiati da celesti armonie e commossi dalla serenità del celebrante, e in alto ci ha tenuti il rev. canonico Pietro Gorla colla sua alata parola, col suo eloquente discorso. Il celebrante veniva in seguito festeggiato in una riunione famigliare al tranquillo Hotel Manin, dove i brindisi si succedevano con parole improntate a verace affetto.

Dapprima il coadiutore don Attilio Mainini, a nome pure dei colleghi, con felice commento all’epigrafe apposta all’ingresso della Chiesa, constatava la veridicità dell’inno alla bontà del festeggiato. «È un elogio, che, se sgorgò tanto spontaneo da chi, pure laico, lo scrisse, è da noi, che viviamo sì vicini, ed in così intimi contatti con te, pienamente confermato, senza adulazioni striscianti».

In seguito prendeva la parola il sig. A. M. Cornelio, il quale affermava, nel pensiero degli assenti, più che dei presenti, quanto sentisse in cuore il desiderio di centinaja, di migliaia di anime affezionate, il desiderio di esprimere al mite, dolce e generoso Pastore, i propri sentimenti affettuosi di devozione e di riconoscenza. Tutti noi parrocchiani abbiamo pianto con te — così proseguiva il Cornelio — in momenti di sventura, e abbiamo avuto il tuo sorriso in momenti di gioja. La festa d’oggi ha avuto la caratteristica più ambita, quella della spontaneità: le adesioni sonò venute a noi per amor tuo, per simpatia, senza sollecitazione, e sono corona alle tue virtù.

Faceva poi il Cornelio rapidamente la storia della ricostituzione della parrocchia di S. Bartolomeo, effettuatasi senza gelosie, senza contrasti, senza amarezze, e, approfittando del momento opportuno, tra vivi applausi, inviava un reverente saluto a S. Em. il Cardinale Arcivescovo, sempre primo in ogni opera buona. Constatava quindi la dolce armonia del clero di S. Bartolomeo, completata, nella fausta occasione, dalla presenza significante del rev. don Rodolfo Dossi, proposto di S. Francesco. Ricordando poi alcuni assenti, ma presenti in ispirito, inviava un saluto e un augurio affettuoso al decano della Fabbriceria, il cav. Giuseppe Chierichetti, e al sig. Schnayder, priore della Confraternita. Facendo emergere colle benemerenze del cav. Chierichetti quelle dei colleghi conte Costanzo Castelbarco, rag. Enrico Vismara, nob. Giuseppe Giulini, e alludendo ai ricchi doni artistici presentati al festeggiato, disse: Abbiamo avuto un complice, che vorrebbe nascondersi nel suo nido della modestia: abita a Porta Vittoria, vicino al monumento delle Cinque Giornate: è il cavaliere.... (pardon!).... il cesellatore Eugenio Bellosio (applausi all’esimio artista presente). Anche una lapide abbiamo avuto per la fausta ricorrenza, e chi ha lapi-