Il buon cuore - Anno IX, n. 18 - 30 aprile 1910/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

../Religione ../Società Amici del bene IncludiIntestazione 23 maggio 2022 100% Da definire

Religione Società Amici del bene

[p. 140 modifica]Educazione ed Istruzione


NOTE BRASILIANE

Le Note Brasiliane offerte ai nostri lettori, hanno dato luogo a contraddizioni, alle quali il nostro egregio amico transoceanico ha risposto colla lettera seguente:

Torino, 22 aprile.

«Dopo nove anni di missione religiosa nel Brasile, tornato in Italia, ho pubblicato alcune noterelle sulla elezione del nuovo presidente Hermes da Fonseca. Ora, in ritardo, ma sempre in tempo, mi si mettono sott’occhio delle corrispondenze pessimiste, ed io, per la verità, per debito di coscienza, non posso esimermi di ribadire le mie affermazioni colle prove alla mano, e ciò faccio con animo sereno, mentre mi preparo a ritornare al mio campo di lavoro nel Brasile.

i° Le mie noterelle sono tolte in parte da La Croix di Parigi.

2° Quanto alla farsa sulle elezioni, è tanto vero che si fanno sul serio, che alle volte costano la vita a qualche elettore, ed anzi si nota, che il Brasile è un paese dove la concussione e il broglio elettorale sono meno estesi.

Quanto poi alla religiosità dell’Hermes, ecco alcune constatazioni:

i° Quello di essere lui l'unico candidato del defunto Alfonso Penna, uomo di cattolicità pratica con confessione e comunione, il quale lo sostenne sempre come suo successore, ciò che non avrebbe fatto, — lui, prettamente cattolico — se non ne avesse conosciuto i buoni sentimenti religiosi.

2° La piattaforma politica dell’Hermes stesso, promettente ampia e sicura libertà alla religione, e l’aver egli difeso con un battaglione di soldati i frati benedettini, attaccati violentemente dal popolo, ed averli altresì difesi contro l’opinione di molti. Più l’aver affermato al padre Schoppiany, ex direttore di un Diario Cattolico Brasiliano: «Io sono cattolico e profondamente tale» ed essere poi la sua canditatura stata difesa ad oltranza contro i suoi avversari, dai due principali paladini della stampa cattolica brasiliana: il dottore Carlos de Laet ed il dott. Felicio dos Santos (uomini intransigenti in fatto di dottrine e di diritto cattolico). Notisi che questi due dottori sono i due ex direttori dei due migliori giornali cattolici di Rio de Janeiro.

3° L’opinione del presidente del Senato dello Stato di San Paulo, dott. Duarto de Azevedo, cattolico dalla comunione quotidiana, attestante i sentimenti religibsi dell’Hermes.

4° L’opinione del vescovo di Campinas, Monsignor Dom. J. B. Corréa Nevy, attestante in identico senso.

5° L’aver l’Hermes difeso la presidenza dell’Alves contro l’attentato del dott. Lauro Sodré, ex presidente del Parà, e l’ultimo deponente nella causa massonica, giacche se, con un colpo di stato, fosse asceso al potere, avrebbe avuto subito luogo la decretata espulsione dei religiosi dal Brasile.

6° Quando molti cattolici nelle votazioni alla presidenza, negavano all’Hermes il loro voto, mons. Sylverio Pimenta, arcivescovo di Marianna in Minas Geraes, uomo di profonda santità, pubblicò una lettera in cui diceva: «Che non era proibito optare per la candidatura dell’Hermes, perch’egli non si era presentato come massone».

Che poi l’Hermes sia o non sia massone, ciò non toglie ch’egli possa avere ed abbia anzi manifestato sentimenti schiettamente religiosi, come attesta gran parte della stampa e dei cattolici brasiliani, e come affermava implicitamente nella sua lettera l’Arcivescovo di Marianna. In Brasile si conoscono bene i massoni militanti, anzi — preziosa confessione — lo stesso Azevedo, presidente del Senato di S. Paulo, attestava, che quando era venerabile della massoneria, non aveva mai saputo che essa attentasse alla Chiesa; anzi, si sa pure, di un certo numero di Vescovi, che consci di questo, chiesero alla Santa Sede se per questa massoneria officiale e nominale vigessero le leggi della Chiesa emanate contro la massoneria europea.

[p. 141 modifica]In quanto poi al servizio militare, non è vero che i Brasiliani non ne vogliano sapere, prova si è che spontaneamente si offrono i giovani delle più distinte famiglie per fare il volontariato, e ciò con moto spontaneo ed entusiastico, suscitato dai discorsi marziali dell’Hermes quando era ministro della guerra. Se avvenne che in qualche parte il popolino ignorante si lasciasse portare ad atti contrari, ciò non depone contro la oggettività del fatto, che non può essere contestato. I giovani accettano con entusiasmo il volontariato e gli esercizi di tiro. Parla l’esempio dei Salesiani, che nei cinque o sei ginnasi pareggiati che reggono nel Brasile, hanno i loro battaglioni formati militarmente, sotto il comando di un tenente dell’esercito. Quanto poi all’avere l’Hermes voluto che anche i religiosi facessero il loro servizio militare, (meno lungo e meno gravoso di quello d’altre nazioni) non depone assolutamente contro di lui, perchè in America, il rispetto e la libertà religiosa non si interpretano coi privilegi di casta, falsa maniera questa, di vedere il rispetto verso un’Idea, qualunque essa sia; privilegi del resto, che non costituiscono altro se non oligarchie di classe, e preparano in seguito reazioni potenti nei partiti avversi. Con ben forte ragione poteva egli invece volere che non vi fossero privilegi di esenzione, quando molti temevano che la legge producesse una rivolta nel basso popolo, qualora la classe intellettuale per la prima, non avesse dato l’esempio di spontanea accettazione.

Certo si potrebbe contestare che il Brasile sia un paese del quale non si sappia mai nulla. Informino i Salesiani.

È un errore raccogliere accuse gettate al pubblico con spirito di partigianeria, come quella, per esempio, che il nuovo Presidente abbia promesso ai fratelli tre puntini di assecondare in tutto le aspirazioni della massoneria. Sono razzi di lotta elettorale, accesi dai giornali civilisti della candidatura avversaria; ma i giornali militaristi, tra i quali un paladino della stampa cattolica, hanno recisamente smentita la frase attribuita all’Hermes, presentandola come una delle armi sleali, sfoderate per combattere la candidatura trionfante.

Perchè tanto pessimismo? Tale sistema, se non può essere qualificato delitto di lesa maestà, può però essere deplorato come delitto di lesa carità. Così non si fa altro che inasprire gli animi, dividere le forze buone e far sorgere, colla reazione, un proposito lontano dalla mente del governo, cioè il proposito di perseguitare davvero quella nostra religione che così erroneamente viene praticata da chi vuol trovare il pelo nell’ovo. Grande prestigio del cristiano è l’inclinare ad ammettere il bene e ad essere assai guardinghi nell’ammettere il male.

Ho detto: «Informino i Salesiani». Ed ora soggiungo che, anche nel dettare questa risposta, io tengo presenti gl’insegnamenti di don Rua, al quale tutto il mondo civile, con unanime consenso, si è inchinato. Il segreto di don Rua era quella carità che fece miracoli anche nel Brasile; era il segreto della religione cattolica praticata con umiltà e dolcezza; di quella religione che attraverso i secoli ha dato splendidi risultati e splendide figure di santi veri e di veri eroi.


Sigismondo Vitali

La famiglia del Buon Cuore ha avuto nei passati giorni un lutto ben grave: la perdita del Cav. Sigismondo Vitali, fratello dei nostro Direttore.

Un giornale cittadino La Perseveranza pubblicò in brevi parole un ritratto fedele dell’egregio defunto, segnalando ai cittadini la scomparsa di lui come lo spegnersi di un raggio luminoso e benefico. Ecco le parole del giornale:

«È mancato ieri ai vivi il Cav. Sigismondo Vitali, una figura simpatica del mondo commerciale di Milano.

«Da molti anni egli rappresentava il mandamento di Bellano nel Consiglio Provinciale di Como; anzi, di Bellano suo paese natale si può dire che fosse il consigliere nato. Così lo designava l’opinione pubblica del lago, la sua competenza amministrativa, il cuore largo ed una equanimità perenne che il Cav. Vitali sapeva portare in tutte le pratiche di interesse pubblico. Non c’è istituzione di bene nei paesi del mandamento che non rammenti di lui o un soccorso generoso o un consiglio amorevole. Tanto che la sua morte è un lutto per moltissimi; poichè tutti sanno che un’attività così vera, così nobile, così paterna difficilmente potrà venire sostituita.

«Sparisce con lui un tipo d’uomo e di cittadino divenuto raro tra noi: tempra schietta di patriota, reduce autentico dalle battaglie del risorgimento, riteneva sempre nel volto, nel gesto, in tutta la persona un che di semplice e di marziale che s’univa in buona alleanza con la cristiana fede, cospicuo retaggio tradizionale nella famiglia Vitali.

«Mentre posiamo il nostro fiore sulla salma onorata, il pensiero ricorre ai superstiti; al venerando fratello Mons. Luigi Vitali, al Nestore della famiglia Don Enrico, rettore del tempio civico, alle sorelle, ai nipoti Porro e Gobbi, degni consiglieri del Comune di Milano. A tutti vada l’espressione delle nostre amichevoli, sincerissime condoglianze».

P. S.

Giova ricordare per la storia del bene e della patria che nel 1859, mentre il nostro Direttore Mons. Luigi Vitali saliva l’altare per la sua prima Messa, il fratello Sigismondo giaceva all’ospedale militare di Brescia, per ferite toccate alla battaglia di Treponti presso Rezzato.

Questa armonia delle due fedi, la religiosa del novello sacerdote, e quella patria del milite ferito, armonia che univa i due fratelli pure lontani, non venne meno giammai nella famiglia Vitali, e fu — lo sanno tutti — la bandiera bella e immutata del nostro Direttore.

I funerali a Milano riuscirono degni dell’uomo. Notammo il senator Speroni, il senator Gavazzi, l’on. Baslini, il prof. Inama, il comm. Bertarelli, e varie figure distinte del mondo industriale.

Ai fiocchi del feretro il cav. Spasciani, presidente [p. 142 modifica]dell’Istituto dei Ciechi, il cav. Arrigoni di Bellano, il senator Gavazzi per tanti anni collega del povero Sigismondo al Consiglio provinciale di Como, e il comm. Tomaso Bertarelli.

Il corteo fu una dimostrazione di stima verace e di riverenza alla memoria dell’estinto, di simpatia alla famiglia.

La salma, posata al monumentale, fu quindi trasferita a Bellano, nella cappella Vitali.

Diamo qui una corrispondenza avuta direttamente di là.

«Bellano, 26 aprile.

«Pareva che anche il cielo e il lago, velati di grigio, volessero uniformarsi ieri alla mestizia di tutta la popolazione bellanese, dei molti parenti ed amici intervenuti da Milano per dare un ultimo tributo d’affetto, di riconoscenza, di stima alla salma del rimpianto Cav. Sigismondo Vitali.

«Prima che calasse, salutata da sentiti e commossi discorsi, nel sepolcro di famiglia nel pittoresco camposanto posto in pendio fra lago e cielo, protetto, benedetto quasi dalla Madonna di Lezzeno, sostò il feretro coperto di ghirlande di fiori nel Tempio vetusto. Là il venerando Prevosto celebrò il Santo Sacrificio accompagnato nei più solenni momenti dalle note melodiose delle allieve dell’Istituto dei Ciechi di Milano e, si può ben dire, dalla prece e dalle lagrime di tutto il paese.

«Come a Milano il dì innanzi, per le vie spaziose, precedevano il carro funebre numerosi Istituti di beneficenza cittadina, così il giorno appresso, lungo il lago, per le viuzze ripide di Bellano si videro sfilare in corteo i bambini dell’Asilo locale e di quelli di Colico, di Dervio, le rappresentanze dell’Oratorio, dell’Ospedale, dei militari in congedo, dei piccoli pescatori, le Confraternite; dalle umili case era un prorompere come d’un eco di rimpianto e di gratitudine.

«Erano poveri che non dimenticavano e benedivano; erano accenti semplici e commossi, colti a volo ma che intessevano tutta una storia di benefici e di meriti: «Non lo dimenticheremo mai mai» qui si diceva, fra le lagrime e là s’affermava con fiducia: «Ma l’avremo ancor sempre fra noi, presente nella carità tradizionale della sua famiglia, nella bontà dei superstiti fratelli». Più su una bambina di contadini balbettava: «Andrò più spesso al Cimitero ora che vi è quel caro benefattore!»

«Si piangeva infatti il cittadino egregio, il patriota modesto e coraggioso, il leale galantuomo, il consigliere sagace, l’industriale integro e laborioso, ma più ancora il benefattore generoso e illuminato, l’amico dei poveri, il cuore aperto a tutte le manifestazioni di bene che aveva cessato di battere, non però d’amare, l’anima retta che, corroborata dal Santo Viatico, elevata, dal paziente soffrire, avvolta dallo spirito dell’Imitazione di Cristo, letta al morente con lo strazio della natura, ma col conforto delle speranze immortali, da un fratello diletto, da un ben degno ministro di Dio, aveva spiccato rassegnata e fidente il volo all’al di là!»

M. C.


Il giornale L’Unione pubblicò la seguente corrispondenza, pur da Bellano.

«Oggi venne tumulata nella tomba di famiglia la salma del cav. Sigismondo Vitali, da molti anni consigliere comunale e provinciale. Ardente patriota, aveva disertato le milizie austriache per arruolarsi nell’esercito volontario in Piemonte ai primi sintomi della campagna del ’59; fu anche cattolico convinto e praticante, e ricevette con divozione esemplare gli ultimi sacramenti della Chiesa. Egli era assai noto nel mondo industriale, dove aveva dato parecchie prove della sua perspicacia negli affari, riuscendo a formarsi una fortuna più che discreta; negli ultimi anni divideva le sue cure fra le cariche pubbliche, l’andamento della casa nelle varie sue tenute e la beneficenza, perchè della fortuna acquistatasi egli si valeva per soccorrere le famiglie povere e gli enti pubblici con larghezza di vedute e con altrettanta larghezza di elargizioni; di lui non non era esagerato il dire che più presto si stancavano i bisognosi di chiedere, che non il ricco di essere generoso. La sua scomparsa quindi, se poteva in qualche modo trovare una giustificazione nell’età, 76 anni, e più nella crudezza della malattia, non poteva non gettare in lutto universale il suo borgo nativo, che volle, nella imponenza dei funerali, rendere omaggio supremo al suo più munifico benefattore.

«Nel lungo corteo si notavano infatti le rappresentanze della Deputazione e del Consiglio provinciale, dei Municipi, degli Asili e delle Società operaie di Bellano, Colico e Dervio, dell’Oratorio e delle Confraternite, nonchè dei militari in congedo, dei piccoli pescatori di Bellano e della Società lombarda di pesca: l’Istituto dei ciechi aveva mandato la sua insuperabile schola cantorum che accompagnò la Messa con esecuzione inappuntabile.

«Al Cimitero, dopo il canto dell’ultimo requiem per parte dei bambini dell’Asilo infantile di Bellano — i prediletti dell’amatissimo estinto — ebbero parole improntate al più sentito rimpianto l’on. sindaco cav. Denti a nome dell’Amministrazione comunale, dell’Asilo e dell’Ospedale, l’ing. Sala per la Deputazione ed il Consiglio provinciale, il senatore Lodovico Gavazzi, il quale riassumendo le lodi di tutti chiuse il suo discorso dicendo che quando un uomo ha dato il sangue alla patria, l’energia al lavoro, il cuore e le ricchezze ai poveri, può scendere in pace nella tomba. Seguirono poi un dialoghetto commovente dei bimbi dell’Asilo al loro indimenticabile benefattore e padre; un tenero ricordo di un giovinetto dell’Oratorio e il signor Lusardi a nome della Società operaia e dell’Asilo di Colico, e, da ultimo, il sig. Francesco Ogliari, pro-nipote dell’estinto a nome della famiglia.

«Il fratello mons. Luigi, direttore dell’Istituto dei ciechi, a corona delle molteplici beneficenze, partecipava che il carissimo estinto aveva disposto della somma di L. 10,000 a favore dell’Ospedale e di L. 5000 a favore dell’Asilo di Bellano, e di altre L. 5000 a favore dell’Asilo infantile di Colico.

«La gratitudine dei bellanesi e di tutti i beneficati si conserverà perenne: possa il largo compianto del popolo tornare di sollievo alla afflittissima famiglia».

[p. 143 modifica]Il Buon Cuore, partecipando con tutta la sincerità dell’animo al lutto del suo Direttore, gli presenta le condoglianze più vive e profonde in nome dell’amicizia, della fede, della pietà. Gli sia conforto il pensare che il bene non muore; che il ricordo dell’amato fratello suo dura e durerà quanto la memoria delle beneficenze di lui e l’immortalità della sua Fede.

A 76 anni, serenamente dopo la vita lunga per l’età, breve per l’amore onde intorno diffuse la sua aureola di bontà, si spense il cav. Sigismondo Vitali.

La sua figura si aderge nel granito del ricordo per quanti seppero la nobiltà del suo ingegno che lo condusse, traverso il ritmo ampio e fecondo del lavoro, alla bene acquistata ricchezza; per gli innumeri che ebbero da lui la benefica pietà che non è limosina, ma stimolo di educazione, di attività, di redenzione; per quelli che in Lui sentono la poesia del dovere spinta fino al sacrifizio, onde si intesse il conforto e la fede che esalta e preme fin che la vita duri.

Perchè questo disse sopratutto nella sua luminosa e serena esistenza, la nobilissima figura di Sigismondo Vitali. Il dovere simboleggiato dalle fonti, che accompagna come un monito e come una promessa la vita, che si indirizza nelle fiorite della bontà, nelle asprezze del lavoro, nell’urto dell’avversa fortuna; che illumina la ragione ed è il cardine della morale eterna; che è l’esempio tangibile, puro, tanto dritto ed alto posto nella luce serena, da espandere intorno forza suggestiva e vittoriosa di imitazione.

Questo dovere egli sentì sempre non per sforzo che lo urgesse, ma per naturalezza della sua anima buona e retta; talchè potè essere patriota senza vanterie e senza vantaggi ed onori.

Soldato austriaco, disertò le insegne che dicevano l’oppressione e la rapace barbarie sulla sua terra, e passò nelle file degli entusiasti che la morte incontravano cantando e benedicendo, tra i volontari Garibaldini, ed ebbe il battesimo del sangue e della gloria ai Treponti dove cadde ferito con l’eroico Bronzetti.

Onorò il paese nelle industrie sempre sospinto dalla attività intelligente che prodigava instancato e vigile per il loro rifiorire, ed il suo nome ancora è ricordato per ciò che creò, per quel che sorresse, per la probità scrupolosa che fece del commercio, non avida fonte di lucro, ma premio nobile a più nobile fatica.

E quando si ritrasse dalla sonante ed assorbente febbre del lavoro, le cure volse ai pubblici uffici dove la sua parola era apprezzata e seguita, il suo criterio saldo ricercato perchè era legge e guida; ed alternò con l’esercizio di tali cariche l’apostolato più fervido di bene, di amore, di pietà, quale la sua anima sentiva quasi a consolazione ed a diletto dello spirito, quasi riposo del suo attivo lavoro. fu il più munifico cittadino del suo paese, e fu intensamente amato dalla folla umile che sente i suoi difensori, i suoi patroni, e li esalta e li segue nella via aspra del dovere ben certa che non fallirà la meta.

Oh, vedere la fiumana di popolo addolorato piangente nella sua Bellano, ai funebri che costituirono il dolore più grande e la più grande apoteosi!

Aver raccolto dagli oscuri il cordoglio che rompeva in singhiozzi, non perchè fosse cessato il beneficio, ma perchè non era più il Padre!

E dinnanzi a questa folla che ha sovrana la virtù della commemorazione, quando vibra nella muta eloquenza dell’anima, passano con rintocco di martellata sul cuore che seppe tanti palpiti di bontà e di amore avvincenti al cuore dell’amatissimo scomparso, le parole degli oratori che ne salutavano la spoglia mortale. Ed i piccini dell’Asilo, sommamente a Lui diletti col canto triste, nella antitesi commovente (essi la primavera di contro al tramonto angoscioso, il sindaco cavaliere Denti per il Comune, l’Asilo e l’Ospedale, l’ingegnere comm. Sala pel Consiglio provinciale e la deputazione, l’on. Lodovico Gavazzi, il signor Lusardi, il sig. Ogliari per la famiglia, degnamente dissero delle virtù dell’estinto, furono interpreti sinceri del comune dolore, che strinse intorno con il più verace affetto ai fratelli don Enrico e don Luigi, alle sorelle Teresa e Giuseppina, ai nipoti e parenti il compianto generale e profondo di tutti che avevano appreso a vivere della sua vita ideale.

O giovani, la virtù dell’esempio, da quella tomba venerata irraggia, conforto e premio essa concede con inesauribile vena di bontà!

Incitamento e promessa sospinge ed allieta per le aspre battaglie!

E non la bugiarda affermazione dell’epitaffio qui ricorre perchè, come scultoriamente cesellò nella sua appassionata e commovente orazione il senatore Gavazzi «quando un uomo ha dato il suo sangue alla patria, l’energia al lavoro, il cuore e le ricchezze ai poveri, può scendere in pace nella tomba!»

E pace ed onore a Sigismondo Vitali!

Milano, 27 aprile 1910.

F. O.

PAGLIUZZE D'ORO


Chi non cerca di piacere, né teme di dispiacere agli uomini, godrà di una gran pace.

Imitazione di Cristo, lib. III, cap. XXVIII.

Quando mai, o Signore, mi sono trovato bene senza di te? e con te, quando mai mi sono trovato male?

Idem., lib. III, cap. LIX, traduzione Vitali.




L’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI è la pubblicazione più meravigliosa della stampa moderna: insegna tutto divertendo. Comperatela ai vostri bambini.