Novella LXIII

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LXII LXIV

A Giotto gran dipintore è dato uno palvese a dipingere da un uomo di picciolo affare. Egli facendosene scherne, lo dipinge per forma che colui rimane confuso.

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Ciascuno può aver già udito chi fu Giotto, e quanto fu gran dipintore sopra ogni altro. Sentendo la fama sua un grossolano artefice, e avendo bisogno, forse per andare in castellaneria, di far dipignere uno suo palvese, subito n’andò alla bottega di Giotto, avendo chi gli portava il palvese drieto, e giunto dove trovò Giotto, disse:
- Dio ti salvi, maestro; io vorrei che mi dipignessi l’arme mia in questo palvese.
Giotto, considerando e l’uomo e ’l modo, non disse altro, se non:
- Quando il vuo’ tu? - e quel glielo disse.
Disse Giotto:
- Lascia far me.
E partissi. E Giotto, essendo rimaso, pensa fra sé medesimo: «Che vuol dir questo? serebbemi stato mandato costui per ischerne? sia che vuole; mai non mi fu recato palvese a dipignere: e costui che ’l reca è uno omicciatto semplice, e dice che io gli facci l’arme sua, come se fosse de’ reali di Francia; per certo io gli debbo fare una nuova arme». E cosí pensando fra sé medesimo, si recò innanzi il detto palvese, e disegnato quello gli parea, disse a un suo discepolo desse fine alla dipintura; e cosí fece. La qual dipintura fu una cervelliera, una gorgiera, un paio di bracciali, un paio di guanti di ferro, un paio di corazze, un paio di cosciali e gamberuoli, una spada, un coltello, e una lancia.
Giunto il valente uomo che non sapea chi si fosse, fassi innanzi e dice:
- Maestro, è dipinto quel palvese?
Disse Giotto:
- Sí bene; va’, recalo giú.
Venuto il palvese, e quel gentiluomo per procuratore il comincia a guardare, e dice a Giotto:
- O che imbratto è questo, che tu m’hai dipinto?
Disse Giotto:
- E’ ti parrà ben imbratto al pagare.
Disse quelli:
- Io non ne pagherei quattro danari.
Disse Giotto:
- E che mi dicestú che io dipignessi?
E quel rispose:
- L’arme mia.
Disse Giotto:
- Non è ella qui? mancacene niuna?
Disse costui:
- Ben istà.
Disse Giotto:
- Anzi sta mal, che Dio ti dia, e déi essere una gran bestia, che chi ti dicesse: «chi se’ tu?» appena lo sapresti dire; e giungi qui, e di’: «Dipignimi l’arme mia». Se tu fussi stato de’ Bardi, serebbe bastato. Che arma porti tu? di qua’ se’ tu? chi furono gli antichi tuoi? deh, che non ti vergogni! comincia prima a venire al mondo, che tu ragioni d’arma, come stu fussi il Dusnam di Baviera. Io t’ho fatta tutta armadura sul tuo palvese; se ce n’è piú alcuna, dillo, e io la farò dipignere.
Disse quello:
- Tu mi di’ villania, e m’hai guasto un palvese.
E partesi, e vassene alla grascia e fa richieder Giotto.
Giotto comparí, e fa richieder lui, addomandando fiorini dua della dipintura: e quello domandava a lui. Udite le ragioni gli officiali, che molto meglio le diceva Giotto, giudicarono che colui si togliesse il palvese suo cosí dipinto e desse lire sei a Giotto, però ch’egli avea ragione: onde convenne togliesse il palvese, e pagasse, e fu prosciolto.
Cosí costui, non misurandosi, fu misurato; ché ogni tristo vuol fare arma e far casati; e chi tali, che li loro padri seranno stati trovati agli ospedali.