Il Trecentonovelle/CLXXVIII
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Giovanni Angiolieri, andando a vedere donne in Verona, percuote il piede in una pietra, e con empio animo col coltello voltosi verso lei, come fosse uomo la volea uccidere.
Non furono tanto fieri quelli di Portovenere a uccidere il lupo che navicava, quanto era fiero a volere uccidere una pietra Giovanni Angiolieri nostro fiorentino. Il quale trovandosi in Verona, ed essendo uno bell’uomo attempato, con Piero Pantaleoni, di simil età formoso, avendo le gorgiere intorno alla gola, come allora s’usava per li Fiorentini, e ancora avendo il detto Giovanni il coltello allato, disse a Piero se elli volea con lui andare a vagheggiare. Piero, che piacevole uomo era, fu subito presto, e disse:
- Andiamo.
E mossi che furono, giugnendo a uno scontrazzo di donne, e Giovanni, che lussurioso era molto, andando e guardando le donne, percosse in una pietra per forma che tutto fu che caduto in terra, e riaútosi che s’ebbe, tutto il guardare che facea verso le donne convertí contro alla pietra, con un fiero piglio pigliando con la mano le cornicella del coltello, dicendo:
- Per lo corpo di Cristo che se tu fussi uomo, come tu se’ pietra, io ti ficcherei questo coltello infino alle cornicelle; e pur cosí cosí, non so a ch’io mi tenga ch’io nol faccio.
Piero che ciò vedea, con grandissime risa, dice:
- Doh, Giovanni, datti pace; queste sono cose che intervengono tutti dí al mondo.
Giovanni si volge a Piero, e risponde subito
- Deh, sia col nome del diavolo, se noi ci lasceremo cacare in capo.
A Piero parve questa una nuova novella, e assai gli fu fatica a temperare Giovanni che non volesse pur uccidere quella pietra. E via piú nuova parve a quelli uomeni e donne veronese che questo vidono; che senza questo caso erano uccellati quelli fiorentini che per lo mondo erano veduti in gorgiera; ed era scorto un volgare che dicea: - «O Lapo rico’ quel danaio».- Non ricogliere’, se fosse un quattrino. Brievemente, Piero si tornò a casa col detto Giovanni il piú tosto che poteo, e ad animo riposato la sera ebbe Giovanni, e disse:
- Giovanni, tu vedesti oggi a quanta ira tu venisti per quel caso che ti occorse di quel sasso; e’ non è gran fatto, come molti stimano, però che per Giovanni da Sasso i Fiorentini vennono poco tempo, come tu sai, a gran guerra co’ Pisani, e fu pe’ fatti di Pietrabuona. Sí che tu vedi e puoi conoscere che, come gran virtú è nelle pietre, cosí spesso v’è il contrario; però che una piccola pietra molte volte uccide un uomo, e ’l male della pietra è uno grandissimo male. Ma quello che mi pare gran cosa è che chi ha gli occhi s’acciechi elli stesso. Noi ci abbiamo questa nostra usanza di queste gorgiere, o doccioni da cesso che vogliamo dire; ne’ quali tegnamo la gola sí incannata che noi non ci possiamo tenere mente a’ piedi, e con questo siamo scherniti, come tu puoi vedere: abbiàn noi briga, se non con noi stessi? questa fatica a che ci diàn noi? E non ti dico delle bracciaiuole, che è assai nuova cosa, almeno a’ forestieri, quando le veggono che ben possono dire che noi portiamo la gola nel doccione e ’l braccio nel tegolo. Lasciamo questa foggia a chi la vuole, e andiamo in forma che noi ci possiamo por mente a’ piedi.
Giovanni, come ebbe udito Piero, subito dice:
- E cosí sia fatto.
E subito spogliatosi, si sfibbia la gorgiera, e dàlla a Piero, e dice:
- Nel primo fardello che farai, mandala a vendere a Firenze.
E cosí similmente Piero si digozzò; e in quelli dí infreddorono si della gola che non faceano altro che tossire, tanto che convenne facessono per piú mesi collaretti foderati, se vollono poter resistere al freddo che sosteneano per la levata gorgiera. E quando cominciorono a uscire fuori, e andare per Verona, a chi gli avea veduti in gorgiera parea una nuova cosa, e diceano:
- Guarda li Toscani che s’han levado la gorzera -; e molte altre cose.
E cosí rimase la cosa. E non fu ella al mondo sopra tutte le altre usanze maravigliosa questa della gorgiera? Di tutte l’altre che furono mai nel mondo, questa fu la piú strana e la piú noiosa. E racorda a me scrittore che io udi’ dire a Salvestro Brunelleschi che essendo elli stato quasi sempre in Frioli, tornò a Firenze quando i suoi consorti aveano grandissima briga con una famiglia loro vicina, chiamata gli Agli; e tornando in quel tempo della Magna uno degli Agli chiamato Guernizo, o per lo nome, o perché fiero uomo tenuto fosse, tutti i Brunelleschi s’armarono per forma che a Salvestro fu messa la gorgiera; e in quella mattina, andando a desinare, e avendo una scodella di ceci innanzi, e pigliandoli col cucchiaio per metterseli in bocca, gli si misse giú per la gorgiera. Egli erano caldi; il collo e la gola il sentí per forma che elli disse:
- Io m’avea messa la gorgiera per paura del Guenize, ed ella m’ha arsa tutta la gola -; e levatosi da tavola, la si trasse e gittolla per lo spazzo, dicendo: - Io voglio innanzi esser morto da’ miei inimici che uccidermi io stessi.
O quante usanze per la poca fermezza de’ viventi sono ne’ miei tempi mutate, e spezialmente nella mia città. Che fu a vedere già le donne col capezzale tanto aperto che mostravono piú giú che le ditelle! e poi dierono uno salto, e feciono il collaretto infino alli orecchi; e tutte sono usanze fuori del mezzo. Io scrittore non potrei contare per altrettanta scrittura, quanto tutto questo volume contiene, le usanze mutate ne’ miei dí; ma come ch’elle si mutasseno spesso nella terra nostra, non era che nella maggiore parte dell’altre città del mondo elle non stessono ferme; però ch’e’ Genovesi non aveano mai mutate le loro fogge, e’ Viniziani mai, né Catelani mutavano le loro, e cosí medesimamente le loro donne; oggi mi pare che tutto il mondo è unito ad avere poca fermezza; però che gli uomeni e donne Fiorentini, Genovesi, Viniziani, Catelani, e tutta Cristianità vanno a uno modo, non conoscendosi l’uno dall’altro. E volesse Dio che vi stessono su fermi; ma egli è tutto il contrario, ché se uno arzagogo apparisse con una nuova foggia, tutto il mondo la piglia. Sí che per tutto il mondo, e spezialmente Italia è mutabile e corrente a pigliare le nuove fogge.
Che è a vedere le giovenette, che soleano andare con tanta onestà, avere tanto levata la foggia al cappuccio che n’hanno fatto berretta, e imberrettate, come le mondane vanno, portano al collo il guinzaglio, con diverse maniere di bestie appiccate al petto. Le maniche loro, o sacconi piú tosto si potrebbono chiamare, qual piú trista e piú dannosa e disutile foggia fu mai? pote nessuna tòrre o bicchiere o boccone di su la mensa che non imbratti e la manica e la tovaglia co’ bicchieri ch’ella fa cadere? Cosí fanno i gioveni, e peggio che si fanno questi maniconi a’ fanciulli che poppano. Le donne vanno in cappucci e mantelli. I piú de’ gioveni sanza mantello vanno in zazzera. Elle non hanno se non a tòrre le brache, e hanno tolto tutto; elle sono sí piccole che agevolmente verrebbe loro fatto, però ch’egli hanno messo il culo in uno calcetto; e al polso danno un braccio di panno; mettono in uno guanto piú panno che in uno cappuccio.
D’una cosa mi conforto che ciascuno s’ha incatenare i piedi, seguendo cosí nell’altra persona. Forse serà fare penitenza ciascuno di tante cose vane; che si sta un dí in questo mondo, e in quello si mutano mille fogge e ciascuno cerca libertà, ed elli stesso se la toglie. Ha fatto il nostro Signore il piè libero; e molti con una punta lunghissima non possono andare. Fece le gambe a gangheri, e molti con lacci se l’hanno sí incannate che appena si possono porre a sedere; lo ’mbusto è tutto in istrettoie, le braccia con lo strascinío del panno, il collo asserragliato da’ cappuccini; il capo arrandellato con le cuffie in su la zazzera di notte che tutto il dí poi la testa par segata. E cosí non si finirebbe mai di dire delle donne, guardando allo smisurato traino de’ piedi, e andando infino al capo; dove tutto dí su per li tetti, chi l’increspa, e chi l’appiana, e chi l’imbianca, tantoche spesso di catarro si muoiono.
O vanagloria dell’umane posse , che per te si perde la vera gloria. E di questo piú non vo’ parlare; però ch’io mi avvilupperei ne’ fatti loro, e dell’altre cose non potrei parlare.