Novella CLXXIX

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CLXXVIII CLXXX

Due donne, di due conti Guidi moglie, si mordono con due maleficiosi detti, mossi per parte guelfa e ghibellina.

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Perché io in parte di sopra ho parlato della vanità feminile, mi viene a memoria di dire una novella di due donne le quali, con acutissimo ingegno e maleficio di parole, l’una verso l’altra cominciò, e come l’altra sagacemente rispose.
Fu, non è gran tempo, in casa conti Guidi maritate due donne; l’una fu figliuola del conte Ugolino della Gherardesca, il quale i Pisani feciono morire di fame co’ suoi figliuoli; l’altra fu figliuola di Buonconte da Montefeltro, uomo quasi capo di parte Ghibellina, e che era, o egli o’ suoi, stato sconfitto con gli Aretini da’ Fiorentini a Certomondo. Avvenne adunque per caso che del mese di marzo queste due donne, andando a sollazzo verso il castello di Poppi e giugnendo in quel luogo a Certomondo, dove i Fiorentini aveano data la detta sconfitta, la figliuola del conte Ugolino si volse alla compagna e disse:
- O madonna tale, guardate quanto è bello questo grano, e questo biado, dove furono sconfitti i Ghibellini da’ Fiorentini; son certa che ’l terreno sente ancora di quella grassezza.
Quella di Buonconte subito rispose:
- Ben è bello; ma noi potremo morire prima di fame che fosse da mangiare.
La buona donna che cominciò a trafiggere, sentendosi cosí mordere, fece vista di non s’avvedere delle velenose parole, e andorono per loro viaggio. Ora che diremo dello ingegno della malizia feminina? Piú aguto hanno l’intelletto, e piú subito e a fare e a dire il male, [e piú] assai che gli uomeni sono fatte parziali; che al buon tempo elle averebbono ripresi e’ mariti loro, oggi li confortono a combattere per parte.
E per questo da loro è disceso assai male nel mondo, e discenderanne, se Dio per sua providenza non dispone gli animi a meglio che vedere si possa.