Novella CCXXIV

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Ancora il conte Joanni da Barbiano fa uno sottile tratto, credendo pigliare una bastía fiorentina edificata in suoi danni, come che non gli vien fatto, e tornasi addietro sanza avere approdato alcuna cosa.

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Perché questo conte Joanni da Barbiano, quasi poco tempo dopo alla scritta novella di sopra mosse un altro inganno, benché non gli venisse fatto al suo pensiero, lo voglio raccontare. Guerreggiando il detto conte con Astorre de’ Manfredi per li Fiorentini, che erano con lui in lega, fu posta una bastía presso a Barbiano, la quale si chiamava la bastía fiorentina, e faceali grandissimo danno; onde per questo il conte si pensò con sottile inganno quella pigliare.
Era allora soldato di detto Astorre uno todesco che avea nome Guernieri, il quale con numero di dieci suoi compagni sempre assaliva il detto conte, predando insino alle mura di Barbiano. Avvisò il conte di mettere un dí parecchie paia di buoi tra Barbiano e la bastía, e con li loro bifolchi arassono la terra; e dall’altra parte, armato uno in somiglianza di Guernieri, e dieci compagni simili d’arme e di veste a’ suoi, gli cacciò fuori di Barbiano il piú celato che poteo da quelli della bastía, e mandolli verso Faenza. Poi dato volta che parea fosse Guernieri e’ suoi compagni che di là venisse, assalirono li bifolchi co’ detti buoi, e quelli presono. Com’egli erano a questo passo, il detto caccia fuori tutta sua brigata, e questi cosí fatti assaliscono quelli che aveano presi i buoi, gridando:
- Alla morte, alla morte.
Quelli de’ buoi, ammaestrati, mostrando essere Guernieri, rifuggono con la preda verso la bastía, gridando che gli soccorressino e aprissono. Quelli della bastía, credendo per lo fermo essere Guernieri con li suoi, aprirono la porta del cerchio di fuori; onde elli entrorono dentro: e quando egli erano per aprire la porta del secondo cerchio, uno di quelli de la bastía, piú antico d’anni e piú saggio, disse:
- Non aprite, se prima Guernieri non vi si mostra fuori del bacinetto, però che altrimente potremo ricevere grande inganno.
Detto costui questa santa parola, gridarono tutti:
- Guernieri, càvati il bacinetto che noi ti vogliamo vedere.
Come li detti sentono questa voce, subito danno volta. Quelli della bastía, con le pietre e con la balestra, danno loro addosso, tanto che ebbono ben caro potersi ricogliere sanza troppo impedimento, e non sí che non ne fossono fediti quattro e lasciandovi quattro paia di buoi; e tornoronsi a Barbiano con questo acquisto. E ’l conte Joanni mise i buoi e l’altro acquisto che qui fece, appiè di quello inganno che prima avea fatto del marchese Azzo, però che la cosa gli andò tutta per lo contrario; e quelli della bastía, di non pensato, si guadagnorono quattro paia di buoi e scamporono d’un grande pericolo.
Molto sono strani gli avvisi degli uomeni dell’arme, e grandi sono le industrie, e dove non giucassono l’inganni o’ tradimenti, care sono a udirle, e ancora a comprenderle, per poterle usare quando il caso avvenisse. Ben pare che oggi niuna coscienza si faccia, e spezialmente nella maestria dell’arme, di fare, e con tradimenti e con inganni e con ogni modo, quello male che si puote.
Non costumava cosí Scipione, Catone e gli altri virtuosi, ma facealo Curio, Catellina e Jugurta e simili altri. Questo conte, e di molti altri che sono nel presente tempo, direbbono che Scipione fosse stato un uomo con poca virtú, quando, avendo vinti quelli di Celtiberia, gli venne nelle mani la vergine d’infinita bellezza che, sanza alcuna macula, la rimandò cosí vergine, bene accompagnata e ancora da lui dotata, al padre. Cosí si fa nel presente, che, non che le vergini, ma eziandio li fanciulli innocenti pigliano e crescono con gran vergogna e vituperio, e pongono loro nome paggi, con tanti vizii che io non so vedere come l’abisso non inghiotte l’universo, e spezialmente tutta Italia.