Novella CCXXIII

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CCXXII CCXXIV

Lo conte Joanni da Barbiano fa al marchese che tiene Ferrara uno grande inganno, ovvero trattato doppio, promettendogli d’uccidere il marchese Azzo da Esti che gli facea guerra, e dandogli a divedere che l’ha morto, riceve da lui castella e denari.

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Poiché qui sono, io voglio raccontare un altro inganno con una sottile astuzia fatto per lo conte Joanni da Barbiano. Nel tempo che ’l marchese Azzo, figliuolo del marchese Francesco da Esti, era fuori di Ferrara, come lungo tempo era stato, ed eziandio il padre, avvenne per caso che morí il marchese Alberto, il quale con li suoi fratelli lungamente avea signoreggiato; ed essendo l’ultimo, e non rimanendo di loro altro che un solo figliuolo naturale del detto marchese Alberto; al detto marchese Azzo, come valentre signore, venne volontà di trovare modo se potesse rientrare in casa sua; e accozzatosi col conte Joanni detto, e facendo grande apparecchio di passare sul Ferrarese, a quelli che teneano la terra per lo fanciullo parve che lo stato di Ferrara fosse a gran pericolo, vivendo lui, e spezialmente veggendo ch’egli era per fare suo sforzo quanto potea per passare là. Di che pensarono e ordinorono in ogni modo che potessono, per piú stato sicuro, fare morire per qualche modo il detto marchese Azzo.
Di che, accozzatisi con uno Giovanni da San Giorgio, bolognese e amico del detto conte Joanni, trattorono che, se potesse fare che ’l conte Joanni uccidesse il detto marchese, gli voleano donar Lugo e Conselice. Onde Joanni si mosse, e andò a trattare la detta faccenda; e favellato col detto conte Joanni quanto in ciò s’appartenea, il detto conte gli rispose in ogni cosa essere presto e apparecchiato; ma che volea vedere che sicurtà avea, ciò facendo, d’avere le castella.
Disse il commissario:
- Io scriverrò al consiglio del marchese che mandino tanta argenteria in Conselice che vaglia fiorini quindici mila; e io starò qui stadico che mai non mi partirò infino che all’opera averete dato effetto e che la tenuta delle dette castella abbiate.
Il conte fu contento, e ’l commessario fece tutto come detto avea. Lo conte, trattando con questo Joanni, ciò che facea o dicea ogni cosa conferiva col marchese Azzo, ed eziandio con un valentre caporale del detto conte, il quale avea nome Conselice, avvisandosi di fare uno trattato doppio, come fece. E ordinorono insieme che uno todesco, assai simigliante di fazione del detto marchese, vestisse ne’ suoi panni, dicendo che voleano fare una beffa a quello Joanni da San Giorgio, dicendoli che fosse il marchese. Colui, ridendo, si lasciò vestire; e cosí fatto, li dissono stesse là dall’un canto nascosto. E poi il detto Conselice menò il detto Joanni da San Giorgio nella camera a vedere Azzo marchese, e favellare con lui. E cosí stati un pezzo, disse Conselice ch’egli era ora d’andare a cena.
E Joanni disse:
- Andiamo -; dicendo al marchese: - Signore, fate con Dio.
E cosí andando, quando furono alquanto fuori dell’uscio, il marchese, com’era ordinato, andò su per una scaletta sopra un sopraletto e là si nascose; e Conselice, quando credette lui essere nascosto, ritenne alquanto Joanni, e disse:
- Tu attenderai bene ciò che tu hai promesso?
Colui di nuovo gl’impalmò e promise.
Allora disse Conselice:
- Non ti partire di qui, ché io voglio andare a spacciarlo.
E lasciato ivi Joanni, torna nella camera, e va inverso il tedesco che era nascoso, e con una daga, dandoli nel petto, l’uccise; e perché lo detto morto non potesse esser conosciuto, tutto il viso di piú colpi percosse. Poi esce fuori, e chiama il detto Joanni, e dice:
- Vie’ qua a vedere com’io te l’ho concio.
Costui andò a vederlo, e veggendolo in terra con quelli propri panni, disteso in terra morto, ebbe per certo il marchese essere stato morto, perché altrui nella detta camera veduto non avea. E subito scrisse al giovane marchese e al suo consiglio che ’l marchese Azzo era stato morto, e ch’elli si potea dire esservi stato presente, e avealo veduto, e che mandassono i segni a Bavagasse castellano di Conselice per lo marchese, che desse il castello a cui Joanni dicesse. Allora il marchese e suo consiglio mandorono uno ingegnere del marchese, chiamato mastro Bartolino con ben cinquanta uomeni a cavallo con pieno mandato che, di ciò certificatosi, facesse dare le castella, e ’l corpo del marchese poi facesse portare onorevolmente a Ferrara.
Giunto il maestro Bartolino, e veggendo il morto, ebbe per certo quello essere il marchese; e ancora, per dare piú colore all’opera, mostrò Conselice avere preso Azzo da Roniglia, e tutti i caporali del marchese Azzo; e questi presi sapeano bene il trattato. Maestro Bartolino gli fece allora mettere in tenuta di Lugo e di Conselice; e ’l detto maestro Bartolino, partitosi dal Barbiano con la sua brigata, portando il corpo morto, quando furono al molino presso a Lugo uscirono fuori la brigata del conte Joanni, gridando:
- Alla morte, alla morte! - e pigliorono maestro Bartolino con tutta la brigata: e Conselice, entrando in Conselice, ebbe la terra e l’argenteria che era venuta da Ferrara.
E in Barbiano si cominciò con grida a far festa della resurrezione del marchese Azzo; e cosí ebbe termine questo trattato o inganno doppio.
Se ogni inganno o tradimento venisse a quello fine che venne questo, pochi se ne principierebbono, e massimamente quando colui che lo muove rimane preso da quel laccio che vuol fare pigliare altrui. Di questa stirpe da Esti non era rimaso alcun signore legittimo, se non costui; e per por fine a questa progenie era ordinata la morte sua per cosí fatta forma.