Novella CCXXV

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CCXXIV CCXXVI

Agnolo Moronti fa una beffa al Golfo, dormendo con lui, soffia con uno mantaco sotto il copertoio, e facendoli credere sia vento, lo fa quasi disperare.

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Sollazzevole inganno fu quello che fece a uno, Agnolo Moronti di Casentino, piacevole buffone, del quale a drieto in alcuna novella è fatta menzione. Erasi partito il detto Agnolo da casa sua, e andato a una festa per guadagnare, come li suoi pari fanno; e tornando indietro, s’avviò verso il Pontassieve, dove un’altra festa si facea; alla quale appressandosi, si mise un suo asino innanzi, il quale avea appiccato un cembolo alla sella, e aveali messo un cardo sotto la coda; di che l’asino, per lo cardo scontorcendosi e saltando, nell’andare facea sonare il cembalo, e alcun’ora con lo spetezzare li facea il tenore; e Agnolo drieto ballando con questo asino e con questo stormento, giunse alla festa; là dove ciascuno, per novità, con grande risa corse a vedere il detto trastullo. E standosi tutto dí a questa festa, non andò a suo viaggio, ma fu ritenuto la sera a casa alcuno cittadino, e a cena e albergo. E veduto che ebbe tra la brigata un nuovo Gufo, o Golfo che avesse nome, chiese di grazia al signore della magione che con quello Golfo lo facesse dormire la notte; e cosí gli fu promesso.
Cenato che ebbono fu dato la camera ad Agnolo e al Golfo; e donde Agnolo se l’avesse, o da sé o d’altrui, elli si colicò da piedi con uno mantachetto segretamente, e ’l Golfo da capo, coprendosi molto bene, perché era attempato. Come Agnolo vede che Golfo è per legare l’asino, comincia a soffiare col mantaco sotto il copertoio inverso il Golfo; il quale, come sente il vento, comincia a dire: - Ohimè! Agnolo, e’ ci dee avere qualche finestra aperta, ché ci trae un gran vento.
Dice Agnolo:
- Io non sento vento, io non so che tu ti di’ -; e stando un poco, e’ risoffia col mantico.
Il Golfo comincia a gridare, e dice:
- Oimè! o tu di’ che ’l non senti; io aggiaccio -; e tira il copertoio, calzandosi con esso attorno attorno.
Dice Agnolo:
- Io non so che tu ti fai; tu mi lievi il copertoio da dosso, e di’ che aggiacci; io credo che tu sogni; a me non fa freddo: lasciami dormire, se tu vuogli.
E come lo vedea posato un poco e per cominciare a dormire, e Agnolo mantacava.
Il Golfo levasi a sedere sul letto, e grida:
- Io non ci voglio stare, e’ debbono essere aperti gli usci e le finestre -; e guarda attorno attorno, e poi guatava verso il palco.
Dice Agnolo:
- Golfo, se tu non vuo’ dormire, lascia dormire almeno a me.
Dice il Golfo:
- Alle guagnele! che tu non hai ragione; a me pare essere a campo, tanto vento viene su questo letto; nol senti tu?
- Io non sento, - dice Agnolo, - né vento né freddo; io credo che tu abbi i capogirli.
Il Golfo si rimette a giacere, e Agnolo, stando un poco sanza soffiare, dice il Golfo:
- Ora non mi par che ci sia il freddo che era dianzi.
E Agnolo si stette infin che ’l sentí cominciare a russare; e ricomincia adoperare il mantaco.
Il Golfo chiama quello della casa, che dormía in una camera vicino a quella, e dice:
- Morto sie tu a ghiado che qui mi menasti, che rovinare possa questa casa infino a’ fondamenti! e’ mi par essere, come se io fosse nudo sul monte al Pruno.
Agnolo da altra parte, mantacando, dicea:
- Se Dio mi dà grazia che io esca di questa notte, tu non mi ci coglierai mai piú; per certo, Golfo, tu déi essere indozzato, io so ben ch’io sono di carne e d’ossa come tu e non sento questo giaccio.
Dice il Golfo:
- Buono, buono! sí che io sono smemorato che io non sento il vento che ci è! - e comincia a gridare, uscendo del letto, e mettendosi suo’ panni addosso, va alla camera, dove dormivano degli altri, e grida: - Apritemi per Dio, ché io son morto di freddo.
La brigata era stretta nel letto: aprirono, stando un pezzo, a grande stento, e feciono alquanto luogo a Golfo che avea quasi il tremito della morte, dicendoli chi una cosa e chi un’altra, e ne fu per impazzare; e infine uno se n’uscí di quel letto, perché vi stava stretto, e andò a dormire con Agnolo Moronti, donde il Golfo era partito, dicendo ad Agnolo:
- Che ha il Golfo istanotte? ha’ gli tu fatto nulla?
Agnolo, scoppiando delle risa, dice la novella dal capo alla fine. Di che colui, udito e veduto come, gran parte della notte ne risono insieme.
La mattina, levato Agnolo, dicea:
- E’ par bene che ’l Golfo sia allevato nella città; io nacqui e invecchiato sono nella montagna, di che non mi curo né di freddo né di venti; e ’l Golfo gridava istanotte, quando un farfallino volava per la camera, per quello poco del vento che facea con l’alie.
Dice il Golfo:
- Ben eran alie, non fossono elle state d’avoltoio! e’ mi par mill’anni che io ne vada a Firenze nella camera mia.
E cosí si tornò con l’altra brigata, dicendo che a quella festa né a quel luogo mai non tornerebbe; e Agnolo se n’andò in Casentino, avendo fatto appieno ciò ch’egli avea pensato.
Nuove condizioni e nuovi avvisi hanno li piacevoli uomeni, e spezialmente i buffoni. Costui aocchiò in tutta quella brigata il piú nuovo uomo che vi fosse, e chiese di grazia di dormire con lui per fare questa novità, la quale diede gran piacere a tutti, e quasi un anno durò, poi che furono tornati a Firenze, il sollazzo che aveano del Golfo, udendo le cose che dicea della gran freddura che avea aúto in quella camera, e quanto n’era diventato ventoso. E fu forse cagione che n’andò poi al Bagno alla Porretta, e non vivette diciotto mesi, poi che la detta novella fu.