Il Trecentonovelle/CCXIX
Questo testo è completo. |
◄ | CCXVIII | CCXX | ► |
Due cognate moglie di duo fratelli, avendo gran voglia di far figliuoli, pigliano beveraggio da uno judeo, e paganlo bene; poi ad alcuno mese si truova che ha dato loro uova di serpi, e quello di ciò seguío.
Se la passata donna fu semplice, queste due giovene sequenti furono molto stolte in quello che credettono a uno altro judeo. Il mondo è pieno d’arcadori, li quali con diversi lacciuoli s’ingegnano d’uccellare o di pescare a’ ranocchi, non pensando mai se non come possano trovare modi che tirino li denari a loro: e se di questi sono de’ maliziosi e falsi, sono tra’ judei, e tanto hanno bene quanto ingannano con falsità li cristiani.
Fu adunque, già è buon tempo passato, nella città di Firenze due giovinette gentili e di buona famiglia, ed erano mogli di due giovani fratelli molto ricchi, e ogni bene mondano aveano, salvo che nessuna di loro facea figliuoli, e tanta volontà n’aveano che niuna cosa averebbono lasciato a fare per averne. Avvenne che, essendo una volta di state a una loro possessione di fuori della terra, e standosi a cuscire o filare come hanno per usanza, uno judeo che avea nome David, assai pover uomo, capitò nel paese; ed essendo presso al luogo dov’erano le donne a due balestrate, veggendo il casamento dalla lunga, cominciò a domandare una vecchia contadina che filava a filatoio come si chiamava quella villa e di cui era quel bel luogo che vedea; e ogni cosa investigata, si fermò ad aescare sopra le due giovani che non faceano figliuoli; e messosi in cammino verso quel palagio, appunto s’abbatteo alla porta dove le due giovane cuscivano, e salutatole, seguí:
- O quanto bene avereste da Dio, se voi faceste figliuoli! ogni bene avete fuor che questo; voi giovani e belle e ricche, con li vostri mariti gentiluomini e dabbene.
Udendo queste donne questo David cosí favellare, maravigliandosi, lo domandorono chi egli era e come cosí sapea li fatti loro. E quelli, gittando un grande sospiro, disse:
- Madonne mie, io sono uno cosí fatto, come voi vedete, e sono judeo; e come io so i fatti vostri, e non ci fui mai piú, cosí saprei di molti altri che sono per lo mondo; e anco mi darebbe il cuore di darvi a pigliar cosa che, usando co’ vostri mariti, subito ingravidereste.
Costui non disse a sorde; però che, veggendo le donne costui esser quasi profeta, sappiendo tutti i lor fatti, s’accostorono a pregarlo teneramente che desse loro forma come elle ingravidassono.
Rispose il judeo:
- Se io non andasse a Fiorenza a comprare cose assai che bisognano ad alcuno beveraggio che bisogna, non lo potrei fare; e a questo bisogna denari, che da me non ho, ché io son povero, come voi vedete -; e brievemente disse che a due beveraggi bisogna fiorini quattro di spezierie e altre cose; della sua fatica facessono a loro discrezione.
Le donne gli dierono subito fiorini quattro, e dell’avanzo dissono fare sí che serebbe contento. David si partí con quattro fiorini, e andossi tanto aggirando che trovò uova di serpi, e quelle divise per metà, mettendole in due bocciuoli di canna con altre cose miste; e ivi a certi dí tornò il detto judeo alle donne, le quali con grande desiderio l’aspettavano; e’ mariti quasi ogni mattina veníano a Firenze, com’è d’usanza.
Giunto dinanzi a loro, diede a ciascuna il suo bocciuolo, dicendo:
- Direte domattina tre paternostri a reverenzia del Dio patre, e poi ciascuna pigli il suo, e con li vostri mariti ingegnatevi d’usare quanto sie possibile, e in poco sentirete grandissima prova del vostro gravidamento.
Le giovani parea che n’andassino in cielo; e tolti li bocciuoli, dierono ancora denari al judeo, il quale detto loro quanto li piacque si partí, ricevendo da loro ogni cortesia che si dee fare a un povero e valentre uomo, come parea elli.
La mattina vegnente la piú attempata delle due cognate, come piú mastra, si pensò, e fra sé stessa disse: «Che so io chi è costui che è venuto a darci questa ricetta? per lo mondo vanno di cattivi uomeni, e per uno denaio tradirebbono Cristo; e costui è judeo, che lo tradirono e venderono trenta danari: io per me non voglio avere sí gran voglia di figliuoli che io mi metta a fare cosa che mi mettesse peggiore ragione». Diliberò al tutto di riporre il bocciuolo del beveraggio e dire alla compagna, se la domandasse: io l’ho preso ; e mise questo bocciuolo in una cassa, dove era lino; e quella serrata, volle stare a vedere come la cognata di questa ricetta capitasse.
E stando per uno spazio di tempo, forse piú di due mesi, la piú giovane cognata che era stata volontorosa a pigliare la medicina, dice alla maggiore cognata:
- E’ par che mi cresca el corpo, e parmi sentir guizzare il fanciullo; sentilo tu ancora tu?
E quella disse:
- Io non sento ancora cosa che di fermo io potesse dire alcun sentore ch’io abbia, ma ben mi pare avere un poco di cambiamento -; e con questo si partono con gran letizia, quella che sentía il buzzicare, credendo essere grossa, e l’altra che era stata a vedere come la barca arrivasse, lieta andava a pigliare il beveraggio che avea messo nella cassa del lino per ingrossare come la compagna. E andata alla cassa e aperta che l’ebbe, tra quello lino trovò e vide avvolte certe serpicelle, nate di picciol tempo; onde, come savia, guardando nel bocciuolo, considerò di quello cannone essere uscite quelle serpi, e veramente alla sua cognata essere nate nel ventre quelle di che ella dicea sé gravida sentire. Di che, aúto il suo marito, gli disse ciò che era loro intervenuto, capitando loro uno judeo all’uscio, e quella bevanda avea loro data, la quale veramente avea presa la sua cognata, e già diceva sentire novità al corpo.
- E per questo, credendo lei essere gravida, avendo insino a qui voluto stare a vedere, corsi alla cassa per pigliare quello che avea lasciato a me com’a lei, di che io ho trovato queste serpicelle, come tu vedi.
Il marito, assai doloroso di questa cosa, disse che male avean fatto, e che si volea accozzare col fratello, e vedere modo che la giovene, che a quello passo era condotta, per consiglio di medici si curasse. Accozzatosi col fratello; e poi andati alla cassa e con quella donna che non avea preso, ogni cosa compresa, pensaro di avere consiglio di valentri medici; li quali, ogni cosa veduta e intesa, aoppiorono la giovane e ordinorono d’avere latte e appiccare la giovane con la bocca di sotto, e tenere alla bocca il latte, sí che li serpicini, correndo al latte, n’uscissono.
E cosí per grande spazio, e non sanza grande industria, li serpicini per la bocca uscirono fuori al latte, e la giovane rimase libera: e destasi dello aoppiamento, le fu detto per lo marito e per lo cognato a che partito per sua stoltizia s’era messa, credendo a cosí fatti, non uomeni ma diavoli, essendo judei; facendo ciò che poterono in fine delle parole per giugnere quello judeo, non possendolo mai ritrovare. Cosí si rimase ancora questa cosa e con la beffa e col danno. Poi quando Dio volle feciono de’ figliuoli, e forse piú che non averebbono voluto.
O quanto è stolta cosa che la donna, non volendo Dio che abbia figliuoli, vorrà fare d’averli per fattura d’uno judeo, o eziandio per fattura d’alcuno uomo terreno! Gran cosa è che li cristiani uomeni e femine daranno maggiore fede a uno judeo che a cento cristiani; ed eglino niuna fede darebbono a uno cristiano! ma noi siamo vaghi di cose strane. Piú tosto torranno i cristiani moglie da lunga che vicina; e piú tosto comperranno un cavallo che meneranno doglioso gli erri dalla Magna a Roma, che non comperranno quello del vicino, sentendolo perfetto. Ma molto è piú nuova cosa che una donna voglia sforzare Dio e la natura per avere figliuoli; e molto maggior dolore è averne che non averne: nel non averne è una passione, nell’averne sono assai tormenti. Se sono cattivi, vivono assai, e mai altro che male non se n’ha; se son buoni, e’ si muoiono; e ciascuno cerca pur di volerne, e le piú volte cerca la sua mala ventura.