Il Tesoro (Latini)/Illustrazioni al Libro V/Capitolo LVI

Brunetto Latini - Il Tesoro (XIII secolo)
Traduzione dalla lingua d'oïl di Bono Giamboni (XIII secolo)
Capitolo LVI
Illustrazioni al Libro V - Capitolo LV Illustrazioni al Libro V - Capitolo LVII
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Capitolo LV.

Nota il Sorio in line al capitolo: «Di queste fonniche parlano Plinio, ìili. VII iccl. i’; Uh. XI sect. 36: liìr XIII secf. *I ri alili. Erodoto lib. Ili Thalia jìag. 207, et lib. IV Melpomene pagina 229. Pomponio Mela Uh. Ili cap. 7. Strabene e.r Nearcho et Mcgastcnc Uh. XV Clemente Alessandrino, ìib. II Paedagog.»

In Dante ammiriamo:

Così per entro loro schiera bruna.
S’ammusa l’una con l’altea formica.
Forse a spiar lor via. o lor fortuna.

(Puro-, wn.

Caimtolo LVl.

La Jena è la votiva dei (ireci, e di Aristotele, Hist. anini. VI. 32: Vili..5. Aristotele dimostra l’assurdità che la Jena fosse di ambi i se&si, o ermafrodita, e minutamenLe ne descrivo le membra sessuali. Ciò non pertanto Phnio (IIi.sL )iat. Vili. 8), ed Eliauo, non solo diconla bissessuale, ma che muta sesso, onde un anno è maschio e l’altro femmina.

Ecco le paiolo (h Plinio, nel primo rlol hioahi citati: [p. 320 modifica]
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Hyaenis utrartique esse iuihiraia, et allernls anuis

mares alter nis foeminas fieri, parere sine mare, vulgus credit, Aristoteles negat. La sua autorità fu citata a provare questo assurdo.

1 magi la riguardavano, come dotata della strana facoltà d’incantare ed attrarre gii uomini: d’incantare i cani, facendoli ammutire, per meglio divorare le mandre: d’imitare la favella degli uomini, per sorprenderli, e poi mangiarli. Quando gli Arabi ne uccidono alcuna, seppelliscono con molta cura il suo teschio, acciò non sia usato in magici incanti dagli stregoni. Le maghe tessale usavano del collo della Jena ne’ loro incantesimi, onde Lucano:

Viscera non lyncis, non dirae nodus hyaeuae Defuit.

Pare che l’imperatore (Gordiano fosse il primo ad introdurle nei romani spettacoli.

Avverte il Sorio, che la cococie, ovver corococie di Bono, da Solino è detta crocuta; ed in alcuni testi di Plinio (Lib. Vili, secf. 40), è chiamata corotta, simile al testo di Bono corococta.

Le ultime parole del capitolo sono tratte da Solino: In ore gmgiim nulla, ilens nnus atqite perpetiius, qui ut nunqiiam retwidatur, naturaliter

capsularuìn modo clauditui-. [p. 321 modifica]

CAPITOLO LVII.


Questo capitolo è preso dal cap. VIII di Soliun. La pietra preziosa che Bono dice ligures, in latino è denominata lyncurium, per chi volesse cercarla.

Anche nei dialetti veneti si dice che vide il lupo, chi i)ei’de improvvisamente la voce.

Quando i lupi erano in niajijiior numero, e maggior era la superstizione, si credette che il demonio assumesse forme di lupo, e raccontansi intorno a ciò strane e gode leggende. Il Ucanù-ojjo dei Greci, il were-ioolf (\e\i\ì Anglo-Sassoni, ìMoup-garou àeì Francesi, od il lupo mannaro degli Italiani, vi alludono.

Capitolo lAlIl.

Postilla il Serio: «Questo capitolo è tratto da Solino ca)). LXV, al quale è conforme Plinio, cap. 21 lib. Vili.»

Loccotus, latiuo Leucocruta.

«Formata come asina» Solino: Ipsa amii magnitudine: T originale et est grani come un asne.

«E testcì di cavallo» Soliuo: capite camellino. Forse è «testa di camello» e forse il traduttore lesse: capite caballino.

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