Il Tesoro (Latini)/Illustrazioni al Libro III/Capitolo VI

Capitolo VI

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Brunetto Latini - Il Tesoro (XIII secolo)
Traduzione dalla lingua d'oïl di Bono Giamboni (XIII secolo)
Capitolo VI
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Capitolo VI.


Questo capitolo, ed il precedente, è tradotto in gran parte da Palladio, del quale abbiamo, oltre il testo latino, il Volgarizzamento edito a Verona l’anno 1810 da Paolo Zanotti. Confrontano la traduzione di Brunetto col testo latino sì il Carrer, che il Sorio. Per questo confronto notai la lezione polvere creta, proposta dal Carrer, anzi che polvere greta delle stampe, dicendo Palladio qui tradotto: Ne macer [p. 94 modifica]sabulo sine admixtione terrena, ne creta sola, ne arenae squallentes, ne jejunae glarea, ne aurosi pulveris lapidosa macies, ne terra, ne tofus arenosus, atque jejunus, ne vallis nimis opaca et solida, sed gleba putris et fere nigra, et ad tegendum se graminis sui crate sufficiens aut mixti coloris, quae etsi rara sit, tamen pinguis soli adjunctione glutinetur.

Il Sorio poi nota: «Qui recita l’Autore, che la calcina si possa fare delle pietre nere, che sono peggiori. Ciò che dice delle pietre nere da far calcina, in Palladio, che è qui tradotto, si recita della rena da murare, e le sue parole sono queste, nel testo: Arenae ergo fossiciae, genera sunt tria, nigra, cana, rufa: omnium praecipue rufa melior: meriti sequentis est cana: tertium locum nigra possidet. Ser Brunetto veramente scrisse, come si legge qua nella stampa. Ecco l’ originale francese; Et la chaz soit de pierre blanche, et dure, ou roge, ou tiburtine, ou despoignes, ou à moins chenues, ou à la fin noires, qui pis valent. Forse era scompaginato il tosto latino palladiano di ser Brunetto, e l’inciso delle pietre nere, cioè questo: Tertium locum (arena) nigra possidet, trasposto di luogo, entrò fra le pietre.»